Le triangolari con due soggetti dello stesso Stato
di Roberto CurcuQuando si parla di operazioni triangolari, generalmente si fa riferimento a situazioni in cui vi sono tre soggetti, che sono stabiliti o identificati in tre Stati differenti.
In particolare, qualora i tre Stati coinvolti siano tutti aderenti alla Unione Europea, si può porre in essere una operazione “triangolare semplificata”, che è oggetto di specifica normativa europea e nazionale.
Le operazioni triangolari comunitarie possono vedere coinvolto il soggetto italiano in qualità di primo cedente, di intermediario o di cessionario finale, e le modalità di gestione ai fini Iva di tali operazioni mutano a seconda di chi è il soggetto che cura il trasporto, e dell’eventuale identificazione dell’intermediario in un Paese diverso da quello in cui è stabilito.
Insomma, le casistiche sono molto numerose, e per ognuna di esse vi sono specifici adempimenti, in termini di identificazione, fatturazione, compilazione degli elenchi riepilogativi, ed addirittura di indicazioni obbligatorie in fattura.
Come è stato fatto notare su queste pagine lo scorso 11 gennaio, la Corte di Giustizia UE, con la Sentenza C-247/01, ha statuito che, qualora sulla fattura dell’intermediario manchi la designazione del cessionario finale come debitore dell’imposta nello Stato di destino, l’operazione cambia i propri connotati.
In effetti, come detto, per l’operazione “triangolare semplificata” vige una regola particolare, che permette all’intermediario, che effettua un acquisto comunitario nel Paese di arrivo della merce, di non identificarsi in tale Paese; ma tale regola, appunto, vale solo per questa operazione, dove vi sono tre soggetti stabiliti o per lo meno identificati in tre diversi Stati membri.
Tale regola non vale invece in tutti gli altri casi di operazioni a catena.
Al fine di non fare confusione tra situazioni che adottano regole diverse, in Germania, ad esempio, con “operazione triangolare” viene chiamata solo quella semplificata, mentre tutte le altre sono chiamate “operazioni a catena”.
Nelle operazioni a catena per le quali non opera la semplificazione, troviamo ad esempio quelle nelle quali due soggetti sono stabiliti nello stesso Stato membro, ed uno è stabilito in altro Stato.
Tali operazioni sono state oggetto di frequenti interventi giurisprudenziali. Ad esempio, la sentenza C-245/04 (IT-AT1-AT2), la C-430/09 (NL-BE1-BE2), la C-628/16 (DE-AT1-AT2), le C-414/17 e C-401/18 (AT-CZ1-CZ2), la C-580/16 (DE-DE-CZ).
In tali circostanze, non operando alcuna semplificazione, è necessario che il soggetto che effettua l’acquisto intracomunitario sia identificato nello Stato in cui arriva la merce.
Ma, nella pratica, chi è il soggetto che effettua l’acquisto comunitario? Per rispondere a tale quesito è necessario capire a quale cessione imputare il trasporto. In sostanza, se il trasporto è imputabile alla prima cessione, l’intermediario è il soggetto che effettua l’acquisto intracomunitario nel Paese di arrivo, mentre se il trasporto è imputabile alla seconda cessione, sarà il cessionario finale il soggetto che effettua un acquisto intracomunitario nel suo Paese.
Facciamo un esempio.
Se dovessimo avere DE1, che cede a DE2, il quale a sua volta cede ad IT, probabilmente ci si immaginerebbe una cessione con Iva tedesca tra i due tedeschi, ed un acquisto intracomunitario da parte dell’italiano, mentre se avessimo una operazione DE che cede ad IT1 che cede ad IT2, ci immagineremo un acquisto intracomunitario da parte di IT1, seguito da una cessione con Iva italiana verso IT2. Le cose potrebbero andare in questa maniera, ma solo se il trasporto è imputabile, nello specifico, alla seconda cessione nel primo caso, ed alla prima cessione nel secondo caso.
L’esempio più eclatante è ricavabile dalla sentenza C-628/16, dove avevamo DE-AT1-AT2, dove AT2 riceveva fattura con Iva austriaca da AT1 (e la portava in detrazione), ma andava direttamente in Germania a prendere la merce.
La Corte di Giustizia ha statuito che con tali modalità di traporto la cessione comunitaria è la seconda, e quindi l’operazione avrebbe dovuto essere gestita con una prima cessione con Iva tedesca, seguita da una cessione comunitaria dove AT1 si doveva identificare in Germania.
Il lieto fine della vicenda fu che ad AT2 fu negato il diritto alla detrazione dell’Iva pagata ad AT1, proprio perché tale Iva austriaca non avrebbe dovuto esserci.
In sostanza, se nelle “operazioni a catena” non si decide correttamente come gestire i trasporti delle merci, possono derivarne obblighi di identificazione in altri Stati UE o addirittura gravi conseguenze, come la contestazione della detrazione dell’Iva.