17 Ottobre 2014

Le verifiche fiscali alle società sportive dilettantistiche

di Carmen MusuracaGuido Martinelli
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Negli ultimi anni abbiamo assistito all’
importante azione di controllo intrapresa dall’amministrazione finanziaria nei confronti delle
realtà sportive dilettantistiche finalizzata ad intercettare e neutralizzare le ipotesi di abuso della disciplina fiscale agevolativa prevista in favore di tali enti.
Con la
circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 20/10 e quella della
Guardia di Finanza n. 1/08, infatti, per la prima volta sono state espressamente previste quote di verifiche e accertamenti a carico degli enti non commerciali, dedicando specifica attenzione alle realtà
associative sportive giudicate come
fenomeni ad alto rischio evasione.
Le società sportive dilettantistiche, rientrando dal punto di vista della classificazione fiscale tra gli
enti commerciali di cui all’art. 73, comma 1, lett. a) del TUIR, sono andate inizialmente esenti da queste prime ondate di controlli ma, data l’
applicabilità delle medesime agevolazioni fiscali riservate alle associazioni sportive dilettantistiche, si è estesa anche nei loro riguardi l’attività di verifica.
Le esperienze accertative rilevate sul territorio nazionale, ad onore del vero, sono ancora poche e ciò si spiega con la
complessa atipicità che contraddistingue questi soggetti: enti non commerciali il cui reddito viene determinato con l’applicazione di alcune agevolazioni proprie degli enti non commerciali a carattere associativo.
Nelle verifiche che si è avuto modo di visionare, gli approcci accertativi avuti dall’amministrazione finanziaria, necessariamente, partivano da
presupposti diversi rispetto a quelli avuti nei confronti delle asd ma finalizzati a riscontrare le
medesime violazioni e con similari conseguenze in termini di recupero d’imposta.
Le
prime verifiche sono di carattere squisitamente formale e rivolte all’accertamento della natura giuridica del soggetto sottoposto al controllo, riscontro determinante ai fini dell’individuazione delle norme che disciplinano gli
obblighi di tenuta delle scritture contabili.
Il primo atto che viene sottoposto a minuzioso controllo è lo
statuto della società.
Ai fini della corretta qualificazione giuridica e fiscale come ente sportivo dilettantistico è, infatti, necessario che la società si sia dotata di uno
statuto contenente i requisiti di cui all’art. 90, commi 17 e 18 della L. 289/03, indispensabili ai fini del corretto perfezionamento della natura sportivo dilettantistica dell’ente certificata dall’
iscrizione nel Registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche tenuto presso il CONI.
Il riscontro da parte dei verificatori
dell’assenza di questi presupposti determina il probabile
disconoscimento di tutte le agevolazioni fiscali derivanti da questo status.
Oltre che rispettoso dell’art. 90 cit., lo statuto delle
società sportive dilettantesche che intendono usufruire della decommercializzazione dei corrispettivi specifici incassati per i servizi sportivi resi nei confronti di soggetti  tesserati alle medesime organizzazioni nazionali alle quali la società è affiliata,
previsto dall’art. 148, comma 3 del TUIR, deve essere anche rispettoso delle
clausole previste al comma 8 della medesima norma, circostanza più volte confermata dalla medesima amministrazione finanziaria in numerosi documenti di prassi (uno fra tutti la Circ. 21/E/03).
Negli accertamenti esaminati la riscontrata carenza di previsioni statutarie quali
l’intrasmissibilità della quota societaria per atto tra vivi e la non rivalutabilità della stessa o la previsione del voto singolo e non per quote, contrariamente a quanto invece espressamente previsto dalla normativa civilistica in materia societaria, ha portato l’amministrazione finanziaria a
un immediato recupero a tassazione dei corrispettivi specifici incassati dalla SSD se originariamente considerati dalla stessa decommercializzati.
Oltre poi alle ordinarie verifiche in merito
all’invio del modello EAS o al rispetto
dell’obbligo di tracciabilità delle movimentazioni in contanti disposto dall’art. 25 della L. 133/99 per le associazioni e le società sportive dilettantistiche che utilizzano il regime fiscale di cui alla legge 398/91, merita un cenno particolare l’approccio assunto dai verificatori in merito all’ imposta sul valore aggiunto.
Nonostante
la prassi abbia ormai portato a considerare generalmente
non assoggettabili ad imposizione ai fini iva i corrispettivi specifici incassati dalle SSD per i corsi sportivi nei confronti di tesserati alla medesima organizzazione a carattere nazionale alla quale è affiliata la società
ex art. 4, comma 4 DPR. 633/72, norma speculare nel contenuto all’art. 148 TUIR prima ricordato, in realtà
l’Agenzia delle Entrate in sede ispettiva opera un’indagine di carattere diverso verificando l’esenzione per attività didattica dei corrispettivi per i corsi sportivi, in virtù della previsione contenuta all’interno dell’art. 10, comma 20 del TU iva.
Un simile approccio lascia molte
incertezze in merito alla posizione dell’amministrazione finanziaria sulla
legittima applicabilità in senso estensivo alle SSD, enti commerciali, dell’agevolazione prevista espressamente dall’art. 4 cit, in favore delle associazioni sportive dilettantistiche, trattandosi di un’imposta di origine e disciplina comunitaria che viene a livello interno, per il tramite del comma 1 dell’art. 90 cit, applicata anche alle SSD.
Ad onore del vero nessun documento di prassi amministrativa si esprime espressamente al riguardo.