Legge di stabilità e note di credito: novità o conferme?
di Maurizio CoserL’articolo 26 del D.P.R. 633/1972 negli ultimi anni è stato interessato da una serie di modifiche normative, in particolare riguardanti i commi 2 e 3, e finalizzate:
- da un lato, all’ampliamento delle ipotesi in cui possa essere legittimamente emessa la c.d. “nota di credito” (onde godere del connesso beneficio, ovvero quello di “recuperare” l’IVA non incassata e, purtuttavia, versata all’Erario);
- dall’altro, alla precisazione del momento in cui la predetta nota di credito possa essere emessa.
Con l’ultima modifica, contenuta nella bozza della Legge di Stabilità del 2016, dovrebbe essere riscritto il predetto articolo 26 al fine di (tentare di) razionalizzarne l’applicazione e risolvere i (numerosi) dubbi applicativi sinora sollevati dagli operatori e dalla dottrina.
I commi passano infatti da 5 a ben 12.
In questa sede verranno analizzate le modifiche proposte in ordine alla possibilità di emissione della nota di credito in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente, che peraltro rappresentano le modifiche di maggior rilievo.
Nell’attuale formulazione dell’articolo in commento, tale ipotesi è disciplinata dal secondo comma, e ricompresa nell’elenco (omnicomprensivo) delle cause dalle quali origina la possibilità di emettere la nota di credito (alla ricorrenza delle quali, cioè, è riconosciuto al cedente/prestatore il “diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione”).
In particolare, la norma richiamata prevede che è possibile emettere una nota di credito allorquando “un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile […] per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese”.
Nella nuova versione proposta dalla Legge di Stabilità, invece, nel predetto comma 2, la possibilità di emettere la nota di credito è limitata alle sole ipotesi “di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente”.
Alle ipotesi del mancato pagamento viene infatti dedicato uno specifico comma, il quarto, laddove si stabilisce che “la disposizione di cui al comma 2 si applica anche in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente:
a) a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;
b) a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose”.
Come è facile notare, nulla è cambiato, nella sostanza: la nuova versione si cura, infatti, semplicemente di precisare il momento dal quale è possibile emettere la nota di credito, appunto nelle ipotesi di mancato pagamento in caso di procedure concorsuali o paraconcorsuali.
Così come, del resto, si cura di precisare, nel (nuovo) comma 12, il momento in cui “una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso infruttuosa”, ovvero:
“(a) nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;
(b) nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
(c) nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per le vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità”.
Una novità di sostanza, invece, è contenuta nel (nuovo) comma 5, che disciplina l’obbligo, per il cessionario/committente, di registrare la nota di credito emessa dal proprio cedente/prestatore: viene infatti stabilito che tale obbligo “non si applica nel caso di procedure concorsuali di cui al comma 4, lettera a)”.
Ciò premesso, nel prendere atto, con piacere, sia dello sforzo chiarificatore del legislatore sia della (nuova) norma di vantaggio a favore dei debitori assoggettati a procedure concorsuali (che potranno evitare la registrazione della nota di credito ricevuta ed il conseguente versamento dell’imposta), corre tuttavia l’obbligo di stigmatizzare quanto la medesima Legge di Stabilità prevede dal punto di vista della decorrenza di applicazione del nuovo articolo 26.
Stabilisce infatti l’articolo 9, che “le disposizioni di cui all’articolo 26, comma 4, lettera a), e comma 5, secondo periodo, … nel testo risultante dalle modifiche apportate dal presente articolo, si applicano alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2017”.
Precisando, come motivazione, che “le altre modifiche apportate dal presente articolo al predetto articolo 26, in quanto volte a chiarire l’applicazione delle disposizioni contenute in tale ultimo articolo e quindi di carattere interpretativo, si applicano anche alle operazioni effettuate anteriormente alla data di cui al periodo precedente”.
Ora, se possiamo convenire sul fatto che la disposizione di cui al (nuovo) “comma 5, secondo periodo” (che prevede la non applicazione dell’obbligo di registrazione della nota di credito da parte dei cessionari/committenti assoggettati a procedure concorsuali) sia indubbiamente innovativa, forte perplessità solleva il presunto carattere innovativo delle disposizioni contenute nel “comma 4, lettera a)” (che viene addotto a giustificazione della decorrenza posticipata addirittura al 1° gennaio 2017!).
Ciò in quanto, esattamente come per la disposizione di cui al nuovo comma 12 (che chiarisce quando “una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso infruttuosa”), alla quale viene (pacificamente) attribuita una valenza interpretativa, anche per quella di cui al comma 4, lettera a) tale valenza interpretativa appare evidente.
Ed infatti, come si è detto, nulla quaestio sul fatto che le ipotesi di mancato pagamento a seguito di procedure concorsuali e paraconcorsuali siano già tutte previste nel vigente articolo 26 (esattamente come l’ipotesi di mancato pagamento per procedura esecutiva individuale infruttuosa), essendo dubbio unicamente il momento nel quale, al ricorrere di quelle ipotesi, possa essere legittimamente emessa la nota di credito.
E quindi, il nuovo articolo 26 si cura di precisare, allo stesso identico modo, quale sia il dies a quo di emissione in caso di mancato pagamento sia a seguito di procedure concorsuali e paraconcorsuali sia a seguito di procedura esecutiva individuale infruttuosa.
Onde non è dato modo di comprendere come possa essere possibile differenziarne la decorrenza di applicazione.
In realtà, è agevole comprendere come la differenziazione di decorrenza contenuta nella Legge di Stabilità origini sostanzialmente da un’esigenza di tutela di gettito, in quanto:
- la (nuova) disposizione di cui al “comma 5, secondo periodo” comporterà un disallineamento tra imposta a debito e a credito, a favore della seconda;
- quella di cui al “comma 4, lettera a)” comporterà una anticipazione del momento di recupero dell’IVA versata, almeno rispetto a quanto sino ad oggi sostenuto dall’Agenzia delle Entrate; nella “famosa” Circolare 77/2000, ad esempio con riferimento alla procedura fallimentare, si sosteneva che per poter emettere la nota di credito occorre “fare riferimento alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto, oppure, ove non vi sia stato, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso”, mentre con la nuova disposizione (interpretativa) si precisa che il momento rilevante è la “data in cui il debitore è assoggettato a una procedura concorsuale”.
Peraltro, con riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti, che il Decreto Semplificazioni ha da tempo inserito nell’articolo 26 quale ulteriore causa di emissione della nota di credito, l’Agenzia delle Entrate aveva già “interpretato” la norma esattamente nel senso ora previsto dal nuovo testo dell’articolo 26.
Infatti, nella Circolare 31/E/2014 si legge: “Dunque, a seguito della stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis, ovvero di un piano attestato ex art. 67, comma 3, lettera d), l. fall., pubblicato nel registro delle imprese, oltre alla possibilità di dedurre le perdite su crediti ai fini della determinazione del reddito d’impresa, il fornitore/prestatore che ha emesso una fattura in relazione ad operazioni successivamente falcidiate per effetto dell’omologazione, potrà ora recuperare l’IVA originariamente versata all’Erario al momento di effettuazione della fornitura/servizio anche oltre il termine dell’operazione originaria“. È evidente, quindi, che in via interpretativa l’Agenzia aveva già aderito alla tesi secondo cui il momento che dà certezza alla perdita/mancato incasso è l’omologa, esattamente come ora prevede (in chiaro) il comma 4, lettera a) del novellato articolo 26.
In conclusione, è auspicabile che, in sede di approvazione definitiva del testo della Legge di Stabilità, si provveda ad eliminare la stortura sopra descritta, anche per evitare che una norma finalizzata a semplificare e chiarire l’applicazione delle disposizioni in esame, sia in realtà foriera di ulteriori contrasti interpretativi e conseguenti contenziosi.