10 Febbraio 2020

Legittima la clausola “anti-diluizione” della partecipazione al capitale

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

La Massima 186, recentemente pubblicata dal Notariato di Milano, si esprime a favore della legittimità delle clausole statutarie – tanto nel caso di Spa quanto di Srl – volte a “proteggere” uno o più soci, di norma di minoranza, dal rischio di diluizione della propria partecipazione al capitale sociale della società in presenza di successivi aumenti a pagamento, anche in caso di mancato esercizio da parte loro del diritto di opzione o di sottoscrizione e, quindi, in estremo, anche in assenza da parte del socio “protetto” di qualsivoglia conferimento ulteriore al capitale.

Dal punto di vista tecnico, si tratta di clausole che, oltre a poter essere poste in patti parasociali sottoscritti dai soci, la citata Massima ritiene del tutto legittime anche ove inserite direttamente nello statuto della società partecipata, il cui contenuto si sostanzia nella previsione dell’obbligo, in caso di futuri aumenti di capitale sociale a pagamento, di assegnare gratuitamente un determinato numero di azioni o di quote di nuova emissione a determinati soci (o titolari di categorie di azioni/quote); la circostanza si innesca, secondo la fattispecie che forma oggetto della Massima in commento, quando l’aumento di capitale avviene ad un prezzo inferiore a quello stabilito nella clausola stessa, e ha lo scopo di evitare la diluizione del valore delle azioni o delle quote di quel socio che non partecipa all’aumento.

Resta in ogni caso necessario rispettare la condizione per cui l’ammontare totale dei conferimenti effettuati dai soci sottoscrittori, diversi da quelli “protetti” e non partecipanti all’aumento, sia almeno pari all’ammontare dell’aumento di capitale effettivamente sottoscritto; tale principio vale infatti in ogni caso di assegnazione non proporzionale di azioni o di quote (ex articoli 2346, comma 4, e 2468, comma 2, cod. civ.).

Dal punto di vista civilistico, questa clausola anti-diluizione che si realizza, nel concreto, nel diritto a vedersi assegnate gratuitamente partecipazioni di nuova emissione senza effettuare nuovi apporti al capitale, in misura idonea a determinare l’effetto anti-diluitivo desiderato, si può rappresentare nella forma di un “diritto diverso” che contraddistingue, non necessariamente da sola, una determinata “categoria” di azioni o di quote (ex articoli 2348 cod. civ. o 26, comma 2, D.L. 179/2012), come pure in un “diritto particolare” di cui all’articolo 2468, comma 3, cod. civ..

La Massima è interessante anche in quanto prende posizione a favore della tesi “permissiva” rispetto al tema della legittimità dell’assegnazione di partecipazioni al capitale a favore di soggetti che non versano alcuna somma nelle casse sociali, neppure simbolica; infatti, se è vero che la non proporzionalità dei diritti partecipativi non è in discussione sotto il profilo della sua legittimità civilistica, non è del tutto pacifico che ciò possa avvenire anche in assenza totale di conferimenti del socio beneficiato.

Le ragioni per cui la tesi favorevole è preferibile, e condivisa dal Notariato milanese, sono diverse:

  • in primo luogo, si tratta in ogni caso di una questione che attiene i rapporti fra i soci, che non ha quindi effetti sugli interessi dei terzi;
  • non si tratta, ad onor del vero, di una fattispecie del tutto nuova e non conosciuta dal codice civile, come testimonia l’articolo 2349 cod. civ., in tema di assegnazione gratuita di azioni ai dipendenti;
  • non si produce una violazione del divieto di patto leonino, perché, in ogni caso, il socio beneficiato è esposto all’alea della perdita in misura proporzionale alla sua partecipazione;
  • la richiesta di un conferimento, anche di importo minimo, sarebbe comunque esposta alla critica di individuare un valore minimo difficilmente oggettivabile;
  • infine, non vi sono norme in concreto ostative di una simile fattispecie.

La Massima è quindi di aiuto pratico professionale nelle circostanze in cui si abbia la necessità di tutelare la posizione, di norma del socio di minoranza, rispetto al rischio di diluizione della sua partecipazione in caso di aumento del capitale sociale, e quindi di riduzione indiretta del valore del suo investimento.

Inoltre, regolando la “protezione” anti-diluizione in funzione di una soglia di prezzo di emissione delle nuove azioni o quote, si riesce anche a contemperare questa esigenza della minoranza, con l’altrettanto legittima esigenza dei soci di maggioranza e più in generale della società ad essere aperti ad aumenti di capitale volti allo sviluppo dell’impresa comune.