13 Settembre 2021

L’esecuzione su beni appartenenti a un fondo patrimoniale

di Luigi Ferrajoli
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Un argomento di peculiare interesse riguarda la legittimità dell’azione esecutiva e dell’iscrizione di ipoteca su beni appartenenti a un fondo patrimoniale.

Innanzitutto, si osserva che il fondo patrimoniale costituito ex articolo 167 cod. civ. prevede un vincolo di destinazione su determinati beni per soddisfare i bisogni della famiglia, con la conseguenza che, in ragione di quanto disposto dall’articolo 170 cod. civ., “la esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”.

A tale proposito la Suprema Corte ha chiarito che “il criterio identificativo dei crediti, che possono essere realizzati esecutivamente sui beni conferenti nel fondo, va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia” (Cassazione, n. 15862/2009).

Con riferimento al criterio identificativo dei debiti che possono consentire l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale, la successiva sentenza n. 23876/2015 emessa dalla Corte di Cassazione ha precisato che “anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare tale finalità, fermo restando che essa non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività professionale o d’impresa del coniuge, dovendosi accertare se l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari (nel cui ambito vanno incluse le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia) ovvero per il potenziamento della di lui capacità lavorativa, e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzante da interessi meramente speculativi”.

A tale proposito, pertanto, è necessario precisare la locuzione “per bisogni familiari” e come sia possibile individuare le risorse economiche ad essi destinate.

La giurisprudenza di legittimità, consapevole di questa criticità, ha cercato di fare chiarezza sul punto e, facendo propri precedenti principi giurisprudenziali, ha statuito che “i bisogni della famiglia debbano essere intesi in senso lato, non limitatamente cioè alle necessità c.d. essenziali o indispensabili della famiglia ma avendo più ampiamente riguardo a quanto necessario e funzionale allo svolgimento e allo sviluppo della vita familiare secondo il relativo indirizzo, concordato dai coniugi (Cassazione, n. 2904/2021).

La stessa sentenza prosegue affermando ulteriormente che “con particolare riferimento ai debiti derivanti dall’attività professionale o d’impresa del coniuge l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso possa avere luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano «inerenza diretta ed immediata con i predetti bisogni»”.

In altre parole, è necessario accertare in fatto se il debito in questione si possa dire contratto per soddisfare i bisogni della famiglia; con la specifica che, se è vero che tale finalità non si può dire sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa, è vero altresì che tale circostanza non sia idonea ad escludere, in via di principio, che il debito si possa dire contratto, appunto, per soddisfare tali bisogni.

Nel caso in cui un contribuente abbia diverse fonti di reddito, ad esempio, al fine di contrastare l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale deve essergli consentito di provare, anche a mezzo di presunzioni semplici, la diversa natura di ciascuna fonte di reddito e la destinazione dei rispettivi proventi, in modo da accertare se l’obbligazione tributaria gravi su un reddito destinato al mantenimento della famiglia ovvero se si versi in ambito di interessi speculativi con finalità di lucro, oppure addirittura di proventi destinati al soddisfacimento di altri interessi e all’adempimento di diversi obblighi, compresi gli obblighi di natura familiare in favore di soggetti estranei alla famiglia per la cui esigenza era stato costituito il fondo patrimoniale.

I bisogni familiari, infatti, non possono essere considerati come potenzialmente assorbenti tutti i redditi del contribuente, in quanto esiste sempre un potere di disponibilità del percettore di reddito che può indirizzarsi verso altre finalità comunque lecite.

Qual è dunque il discrimine che deve guidare l’attività interpretativa? I bisogni della famiglia sono quelli che sono ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari, indipendentemente da uno stretto senso oggettivo e da un acritico assorbimento dell’intero reddito dei coniugi (Cassazione, n. 15741/2021).