L’esenzione Imu spetta dove è situato il nucleo familiare
di Marco BargagliSulla base del prevalente orientamento giurisprudenziale espresso dalla suprema Corte di Cassazione in materia di tributi locali, il contribuente non ha diritto all’esenzione Imu prevista per l’abitazione principale qualora il coniuge e i propri figli vivano in un altro Comune, a meno che non venga fornita la prova della separazione legale dei coniugi medesimi.
Di conseguenza, qualora nel corso di un controllo fiscale venga constatata la “residenza fittizia” del contribuente che richiede l’esenzione Imu per l’abitazione princiale, l’Amministrazione comunale potrà procedere a recuperare l’imposta sottratta a tassazione.
Ovviamente il soggetto sottoposto a controllo fiscale potrà dimostrare, con dati oggettivi, di vivere realmente in un determinato Comune dando evidenza, ad esempio, dei consumi effettuati presso la propria abitazione (utenze luce, gas, telefono, spese condominiali etc.).
L’obbligazione tributaria in materia di Imu scatta al ricorrere delle seguenti circostanze:
- proprietà piena di beni immobili (fabbricati, terreni agricoli, aree fabbricabili) siti in Italia e destinati a qualsiasi utilizzo;
- titolarità di diritti reali su tali beni, ossia abitazione, usufrutto, uso, enfiteusi e diritto di superficie;
- conduzione di immobili in locazione finanziaria (leasing); titolarità di immobili acquisita in regime di locazione finanziaria;
- concessione immobili demaniali (ad esempio stabilimenti balneari).
Come previsto dalla normativa di riferimento, l’esenzione dal pagamento dell’Imu spetta solo se il contribuente adibisce l’immobile ad “abitazione principale”.
La L. 44/2012 definisce abitazione principale l’unità immobiliare “nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”.
Quindi, con il precipuo scopo di verificare se spetta l’agevolazione fiscale prima casa, occorre anzitutto circoscrivere il concetto di abitazione principale per la quale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e normalmente risiedono anche anagraficamente.
A livello civilistico (articolo 43 cod. civ.) la “dimora abituale” del soggetto passivo corrisponde al luogo ove il contribuente abita o soggiorna stabilmente.
Di contro la residenza anagrafica è un requisito di carattere formale, risultando dalla mera consultazione dei registri comunali istituiti presso l’ufficio anagrafe del Comune.
Ciò posto possiamo affermare che, in materia di Imu, l’elaborazione giurisprudenziale di riferimento attribuisce particolare rilevanza al concetto di “convivenza” e di “nucleo familiare”.
Sulla base dell’approccio ermeneutico espresso dalla Corte di Cassazione il contribuente che dimora abitualmente in un determinato Comune italiano non ha diritto all’esenzione prevista per l’abitazione principale, se la moglie e i figli vivono in un altro Comune, rimanendo salva la possibilità di fornire la prova della separazione coniugale (cfr. ex multis, Corte di cassazione, sentenza n. 14389 del 15.06.2010).
Le disposizioni di Legge devono essere interpretate in senso restrittivo onde impedire che, nel caso in cui i coniugi stabiliscano la residenza in due immobili diversi nello stesso Comune, ognuno di loro possa usufruire delle agevolazioni previste per l’abitazione principale e per le relative pertinenze.
In definitiva, lo spirito della normativa è quello di arginare il fenomeno elusivo riconducibile alle c.d. “doppie residenze fittizie” dei due coniugi in immobili diversi, con il solo scopo di beneficiare delle agevolazioni previste dall’ordinamento giuridico, in assenza di valide ragioni economiche.
Al fine di comprendere l’orientamento espresso in apicibus da parte della suprema Corte di Cassazione, si riporta il folto panorama giurisprudenziale di riferimento raccolto in subiecta materia.
- Corte di Cassazione, Sez. 5 Civile, ordinanza n. 12299 pubblicata in data 17.05.2017: “per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente…omissis…si considera abitazione principale quella di residenza anagrafica, salvo la prova contraria che consente al contribuente, nei casi appunto di mancata coincidenza, anche solo per un periodo di tempo, tra dimora abituale e residenza anagrafica, di riservare alla prima il trattamento fiscale meno gravoso previsto per l’abitazione principale, prova che deve riguardare l’effettivo utilizzo dell’unità immobiliare quale dimora abituale del nucleo familiare del contribuente”;
- Corte di Cassazione, Sez. 5 Civile, ordinanza n. 13062 pubblicata in data 24.05.2017: “Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente”;
- Corte di Cassazione, Sez. 6 Civile, ordinanza n. 15444 pubblicata in data 21.06.2017: “Un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari”;
- Corte di Cassazione, Sez. 6 Civile, ordinanza n. 26947 pubblicata in data 14.11.2017: “Occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo. Nel caso di specie, la sentenza impugnata si pone in evidente contrasto con il superiore principio, in quanto è pacifico tra le parti che il nucleo familiare della ricorrente né risiede anagraficamente, né dimora abitualmente presso l’immobile oggetto di tassazione, mentre l’unica a risiedere abitualmente nell’immobile è solo la ricorrente, che, in tale situazione, non può invocare il diritto al riconoscimento dell’esenzione”;
- Corte di Cassazione, Sez. 5 Civile, ordinanza n. 12050 pubblicata in data 17.05.2018: “occorre che contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo. In applicazione di tale principio gli Ermellini hanno confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la detrazione sulla base dell’accertamento che l’immobile costituisse dimora abituale del solo ricorrente e non della di lui moglie). Infatti, per il sorgere del diritto alla detrazione non è sufficiente che il contribuente dimori abitualmente nell’unità immobiliare se il coniuge, non separato legalmente, dimori altrove.
- Corte di Cassazione, Sez. 5 Civile, ordinanza n. 5314 pubblicata in data 22.02.2019: “un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca dimora abituale non solo nel ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari”;
- Corte di Cassazione, Sez. 6 Civile, ordinanza n. 4166 e 4170 pubblicata in data 19.02.2020: “l’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore ed il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”. Ciò comporta la necessità che in riferimento alla stessa unità immobiliare tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare dimorino ivi stabilmente e vi risiedano anagraficamente.
Il filone giurisprudenziale sopra indicato è stato ribadito anche con l’ordinanza n. 20130 datata 24.9.2020, ove la suprema Corte di Cassazione ha deciso che, nel caso in cui i componenti dello stesso nucleo familiare abbiano stabilito la residenza e la dimora abituale in due abitazioni site in Comuni diversi, l’agevolazione Imu non spetta.
Quindi nella particolare ipotesi in cui i due coniugi non legalmente separati abbiamo preso la residenza anagrafica in immobili ubicati in comuni differenti, nessuno dei due potrà beneficiare dell’esenzione Imu.
La linea dura espressa dalla giurisprudenza è stata confermata anche di recente, con le seguenti ulteriori pronunce:
- Corte di Cassazione, Sez. 6 Civile, ordinanza n. 21611 pubblicata in data 7.10.2020: la detrazione d’imposta è ammessa per le abitazioni costituenti la dimora abituale del richiedente e della propria famiglia. In merito, “il contribuente che vive in un immobile da solo ed il resto della famiglia in un altro, a seguito di un processo di separazione, è tenuto a versare l’imposta ordinaria”;
- Corte di Cassazione, Sez. 6 Civile, ordinanza n. 28534 pubblicata in data 15.12.2020: “nel caso in cui il soggetto passivo dell’Ici sia coniugato, ai fini della spettanza delle detrazioni e riduzioni dell’imposta previste per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo dall’articolo 8 D.lgs. n. 504/1992, non basta che il coniuge abbia trasferito la propria residenza nel comune in cui l’immobile è situato, ma occorre che in tale immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi atteso che, considerato che l’articolo 144 cod. civ. prevede che i coniugi possano avere esigenze diverse ai fini della residenza individuale e fissare altrove quella della famiglia, ciò che assume rilevanza, per beneficiare di dette agevolazioni, non è la residenza dei singoli coniugi bensì quella della famiglia
In definitiva, occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto all’esenzione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo.
15 Luglio 2021 a 18:59
È un furto legalizzato,perché, se la corte di cassazione si pronuncia nel 2020,invece i comuni arretrano di 5 anni chiedendo somme incredibili a cittadini ignari perché nemmeno i caf.o i commercialisti erano a conoscenza di questa situazione. Perché pagare 5 anni di arretrati se la sentenza arriva solo nel 2020?.Sarebbe giusto iniziare dal 2021,ameno un po di buonsenso.Poi perché solo alcuni comuni si sono fatti avanti?Se c’è una legge che lo sia per tutti o per nessuno.