L’Ets avente natura commerciale produce sempre reddito d’impresa
di Luca CaramaschiLa caratteristica più rilevante della riforma che ha introdotto i nuovi Enti del Terzo Settore (gli Ets) è certamente quella di aver accorpato in modo organico sotto un unico sistema (governato attraverso l’istituzione di un registro unico nazionale del terzo settore, il cosiddetto Runts) soggetti che hanno sia natura commerciale che natura non commerciale.
Mentre per quest’ultimi tale collocazione può definirsi “naturale” (stiamo parlando di quei soggetti che, ante riforma, vengono qualificati come “enti non commerciali”), altrettanto non può dirsi per i primi, i quali, “storicamente”, hanno da sempre albergato all’esterno del perimetro del Terzo Settore.
L’aspetto che accomuna Ets commerciali ed Ets non commerciali è invece quello di svolgere in modo esclusivo o principale (da intendersi come “prevalente”) almeno una delle attività di interesse generale individuate dall’articolo 5 D.Lgs. 117/2017 per quanto riguarda la generalità degli Ets, ad eccezione della particolare categoria di Ets rappresentata dalle imprese sociali (avente natura commerciale per definizione) le cui attività di interesse generale vanno ricercate nell’articolo 2 D.Lgs. 112/2017 (specifico decreto dedicato a regolamentare tale tipologia di soggetti).
Dal punto di vista fiscale tale dicotomia genera certamente qualche complessità in quanto si viene a creare un vero e proprio “doppio binario” tra:
- Ets che dovranno applicare sia le nuove norme fiscali del nuovo codice del terzo settore (introdotto con il Lgs. 117/2017), anche di tipo agevolativo, sia le previsioni del capo III del Tuir riferite agli enti non commerciali;
- Ets che dovranno applicare sia le nuove norme fiscali del nuovo codice del terzo settore, anche di tipo agevolativo, sia le previsioni del capo II del Tuir riferite alle imprese e agli enti commerciali;
Per entrambe le categorie di Ets, commerciali e non, sono fatte salve le disapplicazioni, le abrogazioni e previsioni di coordinamento generale introdotte dal citato decreto.
Pertanto, una volta operata la corretta qualificazione tributaria del nostro Ets (passaggio, ahimè, tutt’altro che immediato stante la non chiara qualificazione dei criteri, volti a definire la “natura” dell’ente, richiamati nell’articolo 79 D.Lgs. 117/2017), gli stessi enti si dovranno ulteriormente differenziare anche per quanto attiene alle modalità di determinazione del reddito:
- se commerciale, e quindi riconducibile alla categoria dei soggetti menzionati alla b) dell’articolo 73, comma 1, Tuir, l’Ets dovrà determinare il proprio reddito in base al principio di attrazione al reddito d’impresa di tutte le tipologie reddituali da esso prodotte;
- se non commerciale e quindi riconducibile alla categoria dei soggetti menzionati alla c) dell’articolo 73, comma 1, Tuir, l’Ets dovrà procedere alla sommatoria dei redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione secondo le disposizioni dell’articolo 8 Tuir.
Osserva sul punto il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (Cndcec), nel recente lavoro “Riforma del Terzo Settore: elementi professionali e criticità applicative” pubblicato nei primi giorni del mese di aprile 2019, che nell’attuazione della riforma viene quindi meno quella “revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall’ente” prevista dalla legge delega (articolo 9, comma 1, lett. a), L. 106/2016) senza alcuna introduzione di un regime tributario di vantaggio (o di una qualifica fiscale “agevolata” in termini impositivi) connesso all’impatto sociale generato.
Già lo stesso Cndcec, peraltro, aveva evidenziato in sede di audizioni parlamentari al primo schema di codice del terzo settore come il nuovo sistema tributario non rispondesse appieno ai criteri direttivi della delega.
In merito agli obblighi pubblicitari va ulteriormente rilevato che gli Ets che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale sono soggetti all’obbligo di iscrizione nel Registro delle imprese in aggiunta all’iscrizione nel Registro unico nazionale, così come previsto dall’articolo 11, comma 2, D.Lgs. 117/2017.
Con riferimento invece alla particolare categoria delle imprese sociali (che, come detto, rappresentano Ets “commerciali” per definizione) l’iscrizione nel Registro delle imprese tenuto presso le Camere di Commercio soddisfa, secondo quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, D.Lgs. 117/2017, anche il requisito dell’iscrizione nel registro unico nazionale del terzo settore.
Infine, relativamente agli obblighi di natura contabile degli Ets aventi natura commerciale, i commi 4 e 5 dell’articolo 13 D.Lgs. 117/2017 affermano che “Gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale devono tenere le scritture contabili di cui all’articolo 2214 del codice civile” e che “… devono redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio di esercizio redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile”.
Prevedendo il citato articolo 2214 cod. civ. l’obbligo di “tenere il libro giornale e il libro degli inventari”, e cioè i documenti richiamati dall’articolo 14 D.P.R. 600/1973 ne deriva che gli Ets commerciali dovranno, a prescindere dalle dimensioni, adottare il regime di contabilità ordinaria basato sul criterio della competenza economica.