Lettere di compliance delle Entrate sul monitoraggio fiscale: che fare?
di Ennio VialCome noto, diverse lettere di compliance in tema di investimenti esteri stanno pervenendo ai contribuenti e quindi, di riflesso, giungono sulle scrivanie dei professionisti che li seguono.
Quale approccio è opportuno seguire in questi casi?
La prima via, assolutamente sconsigliata, è quella di ignorare l’avviso.
È evidente che in questi casi l’Ufficio provvederà successivamente ad inviare un invito a comparire o un questionario con l’assegnazione di un funzionario responsabile della posizione.
La seconda via, assolutamente da raccomandare, è quella di esaminare la propria posizione e rispondere di conseguenza all’Agenzia.
La notifica di una lettera di compliance non deve necessariamente preoccupare, in quanto le informazioni che l’Agenzia riceve attraverso il meccanismo dello scambio di informazioni internazionale, detto common reporting standard, sono in molti casi imprecise o non immediatamente interpretabili. Non esiste, infatti, sempre una perfetta coincidenza tra le informazioni trasmesse a livello internazionale e le segnalazioni da fare nel quadro RW.
I casi di incongruenza più frequenti sono collegati, ad esempio, al fatto che il contribuente ha detenuto l’investimento estero attraverso un intermediario fiscalmente residente in Italia. Tale circostanza, infatti, ai sensi dell’articolo 4, comma 3, D.L. 167/1990, prevede l’esonero dal monitoraggio fiscale.
Altra ipotesi è quella della vendita del titolo. Alcuni intermediari esteri non hanno comunicato la plusvalenza derivante dalla cessione ma l’intero corrispettivo. Tale circostanza determina una incongruenza tra le informazioni pervenute all’Agenzia e la compilazione del quadro RT.
Spesso queste lettere intercettano “piccole dimenticanze” relative ad investimenti localizzati in Paesi non paradisiaci. Non mancano, tuttavia, anche casi di intercettazione di soggetti che, in modo irriducibile, non hanno aderito alla voluntary disclosure o ad altre forme di regolarizzazione che, nel corso degli anni addietro, sono state proposte dal legislatore.
Le lettere di compliance non precludono, ovviamente, il ravvedimento operoso, anzi lo stimolano.
È appena il caso di ricordare che il ravvedimento è una procedura che avviene su iniziativa del contribuente e che, per certi versi, porta ad effetti diametralmente opposti rispetto ad una procedura di voluntary disclosure. Innanzitutto, il ravvedimento non è un modo per chiudere la posizione in modo tombale in quanto lo stesso ha legalmente l’effetto di riaprire i periodi di accertamento, ancorché limitatamente alle questioni oggetto di ravvedimento.
Inoltre, a differenza della procedura di voluntary disclosure, lo stesso non offre le coperture penali, anche in tema di riciclaggio se non l’attenuante connessa al pagamento dei tributi.
È inoltre appena il caso di ricordare che il ravvedimento operoso risulta precluso in ipotesi di omessa presentazione originale della dichiarazione dei redditi. La dichiarazione si considera omessa in caso di mancata presentazione entro i 90 giorni dalla scadenza originaria, generalmente fissata al 30 novembre.