L’evoluzione della figura professionale in agricoltura
di Luigi ScappiniL’articolo 1, comma 515, L. 205/2017, la Legge di Bilancio 2018, ha introdotto nell’articolo 7 L. 203/1982, un nuovo comma, per effetto del quale “Sono altresì equiparati ai coltivatori diretti, ai fini della presente legge, anche gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola”; previsione, questa, passata “sottotraccia” ma che nella realtà rappresenta, forse inconsciamente, un ulteriore passaggio verso un’agricoltura sempre meno legata al fattore terra.
Tale processo è iniziato con la L. 57/2001, con la quale il Legislatore ha ridisegnato i confini dell’agricoltura rimodulando il concetto di imprenditore agricolo, il quale non deve più svolgere obbligatoriamente un’attività direttamente connessa con il terreno, elemento quest’ultimo che diviene solamente potenziale e non più imprescindibile.
Successivamente, a distanza di pochi anni si è assistito all’introduzione di una figura particolare di imprenditore operante in agricoltura, lo Iap, che si è sostituito allo Iatp; tuttavia, determinate agevolazioni, disegnate sulla figura del coltivatore diretto, sono continuate a rimanere prerogativa di quest’ultimo.
Tale esclusività è diretta conseguenza della diversità stessa delle due figure professionali, in quanto, se per il coltivatore diretto rimane forte il legame con il fondo, così non è per lo Iap.
Il primo, infatti, viene definito come colui che coltiva il fondo con il proprio lavoro e quello della propria famiglia, a condizione che tale forza lavorativa rappresenti almeno 1/3 di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.
Evidente è il nesso con il terreno e con lo svolgimento di attività strettamente agricole, tant’è vero che l’iscrizione all’Inps determina automaticamente anche quella all’Inail.
Al contrario, lo Iap, figura di derivazione comunitaria, deve avere adeguate conoscenze in ambito agrario (in caso di assenza, sopperibili con corsi), dedicare la maggior parte del proprio tempo lavorativo alle attività agricole e ritrarre dalle stesse la prevalenza del proprio reddito complessivo.
Evidente è l’assenza di un collegamento diretto dello Iap con l’esercizio di un’attività sul campo, tant’è vero che, a testimonianza del carattere prettamente direttoriale di tale figura professionale, la copertura assicurativa deve essere azionata in via autonoma.
Lo Iap rappresenta la figura moderna di imprenditore del settore agricolo, un soggetto che riveste un ruolo organizzativo e dirigenziale e non meramente esecutivo e manuale.
Prima della Legge di Bilancio 2018 allo Iap erano riconosciute alcune prerogative originariamente riservate al coltivatore diretto, da ultima l’estensione della cd. prelazione debole di cui all’articolo 7 L. 817/1971; tuttavia, per quanto concerne la specifica disciplina prevista per i contratti dei fondi rustici, tale equiparazione non era prevista.
Infatti, la normativa speciale di cui alla L. 203/1982 di riforma dei contratti agrari, ha sempre distinto due tipologie di contratti: a coltivatore diretto e a soggetti conduttori non coltivatori diretti.
A ben vedere, l’articolo 7 L. 817/1971 ha introdotto due equiparazioni ai fini dei contratti agrari:
- le cooperative costituite dai lavoratori agricoli e i gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate, che si propongono e attuano la coltivazione diretta dei fondi, anche quando la costituzione in forma associativa e cooperativa è avvenuta per conferimento da parte dei soci di fondi precedentemente affittati singolarmente e
- i laureati o diplomati di qualsiasi scuola di indirizzo agrario o forestale e i laureati in veterinaria per le aziende a prevalente indirizzo zootecnico, in età non superiore ai 55 anni, che si impegnano ad esercitare in proprio la coltivazione dei fondi, per almeno 9 anni. In questo caso, il lavoro apportato dal diplomato/laureato è tecnico, direttamente riconducibile alla qualifica posseduta; tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha ammesso l’esercizio anche di attività strettamente manuali. In altri termini, come evidenziato con la sentenza n. 3396/1998, il lavoro tecnico del diplomato/laureato cumulato con quello eventualmente manuale dei familiari deve essere tale da non richiedere l’intervento di salariati e/o conto terzisti in misura superiore ai 2/3 delle necessità del fondo condotto e coltivato.
Ecco che allora, alla luce di quest’inquadramento, sempre più evidente è il solco dell’azione legislativa mirante a una lenta ma inesorabile equiparazione integrale dello Iap al coltivatore diretto che allo stato attuale comporta uno svuotamento sempre maggiore, per quanto riguarda i contratti agrari, della figura del coltivatore diretto a favore dello Iap.
Resta fermo, tuttavia, che la prelazione forte di cui all’articolo 8 L. 590/1965 è e rimane una prerogativa del coltivatore diretto, trattandosi di una norma speciale non applicabile per analogia allo Iap.