L’illusione della realtà
di Chicco Rossi
È notizia di questi giorni, che il Parlamento ha iniziato la discussione per la conversone in legge del DL n. 83/2014, meglio noto come Decreto cultura, rilanciando ulteriormente alcune agevolazioni previste, bene così aggiungiamo noi.
Basti pensare alla finalità posta a base dell’articolo 1 del decreto, con cui è previsto che l’erogazione di un credito di imposta in misura pari al 65% del mecenatismo a favore del restauro di beni culturali (vedi Pompei), del sostegno di istituti e luoghi della cultura pubblici, delle fondazioni liriche (vedi Scala di Milano, Arena di Verona, Fenice di Venezia, San Carlo di Napoli per citarne alcuni).
L’Italia è il Paese al mondo più ricco di storia, arte e cultura, eppure soffre di un masochismo non indifferente, frutto spesso di un eccesso di campanilismo nocivo, dal momento che riesce a sperperare un patrimonio senza eguali.
Ecco che allora non si può che apprezzare l’iniziativa di Verona che dal 5 luglio ospita una personale sul figliol prodigo Paolo Caliari, nato nella città scaligera ai primi del ‘500 e affermatosi quale pittore rinascimentale al soldo della Repubblica di Venezia e oggi conosciuto in tutto il mondo come il Veronese.
Al Palazzo della Gran Guardia, già incontrato quando abbiamo conosciuto Sua maestà l’Amarone 2010, si possono ammirare fino al 5 ottobre circa 100 opere, tra disegni e dipinti, provenienti da musei nazionali e internazionali quali gli Uffizi di Firenze, Palazzo Rosso di Genova, il British Museum e la National Gallery di Londra, il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il Museo Nacional del Prado di Madrid, la Pinacoteca di Brera di Milano, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Louvre di Parigi, i Musei Vaticani di Roma, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, la National Gallery of Art di Washington.
La mostra è il punto di partenza del nostro percorso che si snoda per il Veneto alla scoperta dei luoghi che ebbero l’onore di ospitare il Veronese e, in particolare, ve ne è uno che unisce due geni dei rispettivi campi.
Ci stiamo riferendo alla Villa di Maser (Villa Barbaro) uno dei più alti esempi della creatività di Andrea Palladio.
La villa, di proprietà di Marcantonio Barbaro, ambasciatore della Repubblica di Venezia, in origine era un palazzo medievale che, dato in mano a quel genio del Palladio, è stata trasformata in una villa di campagna talmente bella che, a decorrere dal 1996, insieme alle altre ville palladiane, è entrata nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco.
Infatti, la villa, sin dalle origini, è stata dotata di eleganti logge dove produrre vini e a oggi ne produce ancora.
Chicco Rossi consiglia l’acquisto di un classico Carmenere con un 15% di cabernet sauvignon.
Un rosso strutturato che si distingue per un naso fine e speziato e una struttura complessa ed elegante grazie alla piena maturazione a cui vengono portate le uve, all’accurata scelta del grappoli durante la vendemmia e al lungo affinamento in legno.
Ma l’occasione è propizia per fare una passeggiata nel rifugio (in effetti Asolo deriva dal latino asylum) di Eleonora Duse, il cui nome rievoca quello del Vate (un giorno andremo a visitare il Vittoriale, scusa per fare una puntatina in Franciacorta).
Ma Asolo è stata eletta a dimora anche da parte di altri grandi personaggio storici quali l’esploratrice Freya Madeleine Stark e quell’Henry James di cui Chicco Rossi ha letto con piacere “Gli europei”, storia
Eugenia, americana espatriata, moglie di un principe tedesco, che però è sul punto di ripudiarla in vista di un matrimonio di Stato. In ragione di ciò decide di andare oltre Oceano a trovare, insieme al fratello Felix Young, a Boston per visitare alcuni parenti, ma in realtà con la speranza di trovare un matrimonio d’interesse.
Per chi ha gambe, anche in vista del pranzo che ci attende, si può andare fino alla Rocca, in alternativa è piacevolissimo passeggiare per le vie di questo tranquillo borgo della provincia veneta, ammirando palazzo Polo con le bellissime trifore, casa Tabacchi, palazzo Pasquali che ospitò il grande corso, per giungere fino alla Loggia della Ragione.
E per mangiare?
Tutti a Locanda Baggio, storico posto di ristoro dove debuttiamo con una grande scaloppa di fegato grasso e salsa agli agrumi (consiglio un gran Prosecco a rifermentazione naturale spontanea in bottiglia dell’Azienda Agricola Casa Costa Piane, una splendida sorpresa), per proseguire con un classico trevigiano, la sopa coada, un pasticcio di piccioni che deve il suo nome alla lunga covata che bisogna far fare nel forno a questa prelibatezza: tra le 4 e le 5 ore. A chiudere una splendida oca arrosto farcita con pane all’arancio. E qui bisogna andare su un rosso di carattere e di struttura.
Sfogli la bella carta dei vini e chi ti incontri? Ca’ la bionda e allora, perché rovinare una bellissima giornata sbagliando vino? E allora, visto che il nome è una garanzia, se l’altra volta siamo sul Casalvegri, oggi è il turno dell’Amarone ‘’Vigneto Ravazzol’’ con uno splendido retrogusto ammandorlato.