Limiti al “realizzo controllato” per l’apporto dell’usufruttuario
di Fabio LanduzziLa risposta resa dall’Agenzia delle entrate all’istanza di interpello n. 147/2019 si è occupata dell’applicazione del regime di c.d. “realizzo controllato” – ex articolo 177, comma 2, Tuir – al caso del conferimento in società del diritto di usufrutto sulle partecipazioni della società “scambiata”; il conferente, che può essere, indifferentemente, persona fisica che opera al di fuori del regime di impresa, oppure società, in cambio dell’apporto del diritto di usufrutto sulle partecipazioni della “scambiata” può ricevere, di norma, a sua volta, l’usufrutto delle partecipazioni emesse dalla società conferitaria, oppure la piena proprietà di queste ultime, ove si realizzasse, nell’ambito di una siffatta operazione, anche una sorta di indiretto consolidamento con la nuda proprietà.
Ebbene, l’Amministrazione finanziaria dapprima dà conto del fatto che le condizioni essenziali per l’applicazione del regime di “realizzo controllato” di cui all’articolo 177, comma 2, Tuir sono due:
- che i soggetti scambianti acquisiscano la qualifica di “soci” della società conferitaria;
- che per effetto del conferimento la conferitaria acquisisca, oppure integri, il controllo di diritto della società “scambiata”.
Nella succitata risposta, l’Amministrazione si esprime affermando che, quanto al primo dei requisiti suddetti, esso sarebbe certamente realizzato presso colui che apporta la nuda proprietà delle partecipazioni nella società “scambiata” e che in cambio riceve la nuda proprietà – o la piena proprietà – delle partecipazioni nella conferitaria, in quanto costui, in esito dell’operazione, giunge ad acquisire la condizione di socio della conferitaria.
Quanto poi al secondo dei due requisiti, questo non avrebbe impatto sulla posizione del soggetto conferente, perché toccherebbe la conferitaria; questo requisito è, come dire, immanente nella stessa operazione perché se così non fosse, ossia se la conferitaria non acquisisse il controllo di diritto della “scambiata”, neppure troverebbe spazio applicativo il regime di “realizzo controllato” di cui all’articolo 177, comma 2, Tuir.
Il problema si pone invece, secondo la prospettazione dell’Amministrazione, per colui che apporta il diritto di usufrutto sulle partecipazioni della società “scambiata” ove questi non ricevesse in cambio la piena proprietà delle partecipazioni della conferitaria.
Perché questa criticità?
Secondo l’Amministrazione, conferendo il diritto di usufrutto sulla partecipazione nella società “scambiata” e ricevendo in cambio, a sua volta, “solo” il diritto di usufrutto sulle partecipazioni della conferitaria, questo soggetto non realizzerebbe la prima delle due suddette condizioni per accedere al regime di realizzo controllato: ossia, non potrebbe dirsi titolare di una “partecipazione al capitale sociale” della conferitaria.
Solo ove ricevesse la piena proprietà delle partecipazioni emesse dalla conferitaria, anche per tale soggetto sarebbe ammesso l’accesso al regime di realizzo controllato.
La posizione assunta dall’Amministrazione riguardo alla condizione dell’usufruttario “ante e post” può forse trovare un fondamento formale in precedenti di prassi (vedi la circolare 320/1997) come pure in un certo orientamento notarile (vedi Massima del Triveneto H.G.34). Non è però del tutto soddisfacente.
Dal punto di vista generale, negare il realizzo controllato proprio all’apporto dell’usufruttuario, che di norma incorpora il diritto di voto sulle partecipazioni, pone nel concreto un ostacolo al conferimento anche da parte del titolare della corrispondente nuda proprietà: infatti, l’usufruttario che non può accedere al realizzo controllato sarà penalizzato nel partecipare all’operazione e quindi meno propenso ad effettuarla, a meno di non ricevere la piena proprietà delle partecipazioni della conferitaria; il che pone un tema negoziale non indifferente.
Sotto il profilo tecnico, poi, se il diritto di usufrutto non viene qualificato, ai soli fini dell’applicazione del realizzo controllato, come una forma di “partecipazione al capitale”, ciò sembra andare in contrasto con quanto invece è acclarato nella disciplina dei capital gains.
Ci si domanda, infatti, se possa essere davvero equilibrato configurare, da una parte, l’apporto del diritto di usufrutto su partecipazioni come un conferimento di partecipazioni al capitale di una società ai fini del capital gain ma, dall’altra parte, non considerare l’usufrutto come una forma di “partecipazione al capitale” della società quando si tratta di accedere al regime di cui all’articolo 177, comma 2, Tuir.