Tale esigenza ricorre, pertanto, anche nell’ipotesi in cui il soggetto di cui l’organismo comunitario si avvale per lo svolgimento in comune delle attività oggetto dell’intervento non operi nell’esercizio di un’attività commerciale.
L’indicazione, espressa dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 50 del 4 aprile 2006, supera l’orientamento più restrittivo contenuto nella R.M. 20 agosto 1998, n. 110/E, secondo cui, ove non si configuri un’operazione rilevante agli effetti dell’imposta, la non imponibilità prevista dall’art. 72 del decreto IVA non può trovare applicazione in ordine agli acquisti di beni e servizi, nonché alle importazioni di beni effettuate al fine della realizzazione del progetto. Tale posizione, peraltro, era stata confermata dalla risoluzione n. 34 del 14 marzo 2005, con la quale l’Agenzia aveva ravvisato la natura tendenzialmente sinallagmatica dei contratti di ricerca o di associazione, con la conseguenza che le somme versate dall’Unione europea all’ente costituiscono il corrispettivo delle prestazioni di servizi da quest’ultimo rese, rilevanti ai fini dell’IVA seppure in regime di non imponibilità.
Alla luce della finalità della norma, individuata nell’esigenza che i fondi investiti dall’Unione europea arrivino ai settori beneficiari senza essere decurtati dal prelievo dell’IVA, la non imponibilità deve intendersi applicabile anche nel caso in cui l’ente stipuli con l’organo comunitario un contratto sulla base di schemi giuridici diversi da quelli disciplinati dal codice civile, tra i quali gli “accordi di promozione della ricerca aventi natura tendenzialmente collaborativa”, da inquadrare nell’ambito della categoria dei contratti di ricerca in senso lato (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 16 maggio 2008, n. 198).
Al contrario, il trattamento agevolativo non può essere applicato alle operazioni rientranti nello stadio più a valle della catena commerciale. In particolare, i fornitori dei soggetti che hanno stipulato i predetti contratti di ricerca o di associazione, se effettuano a loro volta acquisti di beni e servizi, non possono beneficiare della detassazione (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 14 marzo 2005, n. 34).
Un ulteriore limite applicativo della non imponibilità è stato individuato dall’Agenzia nella risoluzione n. 31 del 16 maggio 2008, per la quale è vero che la detassazione spetta anche quando l’Unione europea agisca indirettamente, attraverso altri soggetti; tuttavia, come si evince dallo stesso dato normativo, è necessario che questi ultimi stipulino il contratto di ricerca o di associazione con l’Unione. In altri termini, la non imponibilità riguarda unicamente le parti direttamente coinvolte nel rapporto giuridico alla base del programma di ricerca e non può estendersi ai soggetti che, in via indiretta e mediata, siano chiamati ad attuare il programma medesimo senza precise responsabilità nei confronti dell’organismo che eroga il finanziamento e questo anche se l’esecuzione del programma mira al perseguimento di obiettivi analoghi a quelli dei soggetti contrattuali.
Ciò porta a ritenere che il “soggetto attuatore” dello specifico programma di ricerca, in quanto “terzo” rispetto all’ente al quale compete la realizzazione dell’attività di ricerca sotto il controllo dell’organismo comunitario, non può avvalersi del beneficio della non imponibilità.
Si rammenta infine che l’ente, per avvalersi della non imponibilità, deve rilasciare al proprio fornitore un’apposita dichiarazione da cui risultino gli estremi del contratto, la destinazione degli acquisti, la quota in percentuale della partecipazione UE e il corrispondente importo della fornitura che non deve essere assoggettato a IVA a norma del richiamato art. 72, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972.