Limiti applicativi della detrazione Iva in caso di cessione di azioni
di Marco PeiroloCon la sentenza resa nella causa C-502/17 dell’8 novembre 2018 (C&D Food Acquisition), la Corte di giustizia è ritornata a pronunciarsi in merito alla detraibilità dell’Iva in caso di cessione di partecipazioni, ribaltando le conclusioni dell’Avvocato generale UE del 6 settembre 2018.
Quest’ultimo ha correttamente rilevato, in linea con i dubbi sollevati dal giudice del rinvio, che le questioni da affrontare sono due, occorrendo verificare, in primo luogo, se la cessione delle partecipazioni configuri un’attività economica e rientri, pertanto, nel campo di applicazione dell’Iva e, in secondo luogo, se l’imposta assolta sulle spese sostenute per cedere le partecipazioni sia detraibile tenuto conto del carattere esente di tale operazione.
In ordine al primo aspetto, la giurisprudenza della Corte UE ha costantemente affermato che l’acquisto e la detenzione di una partecipazione danno luogo ad un’attività economica, ai sensi dell’articolo 9, par. 1, Direttiva 2006/112/CE, se finalizzato a realizzare un’ingerenza, diretta o indiretta, nella gestione della partecipata. L’interferenza, tipicamente, si concretizza con la prestazione, a favore della partecipata, di servizi amministrativi, finanziari, commerciali e tecnici (cd. “servizi di gestione”), ma anche – come specificato nella causa C-320/17 del 5 luglio 2018 (Marle Participations) – con altre tipologie di servizi, per esempio quelli di locazione immobiliare.
È interessante osservare che, se la predetta ingerenza si è manifestata, assume rilevanza impositiva, in termini di soggettività passiva Iva dell’operatore, anche la cessione della partecipazione attraverso la quale si ponga fine all’interferenza nella gestione della partecipata.
Come, infatti, rilevato dall’Avvocato UE, “come l’acquisto di quote può costituire, a determinate condizioni [se, cioè, è realizzata l’interferenza nella gestione della partecipata attraverso la prestazione di servizi], un atto preparatorio ad un’attività economica, la quale ricade nell’ambito di applicazione dell’Iva, ciò deve valere anche per la vendita di quote, con la quale si pone fine ad un’attività economica [per l’appunto, quella realizzata a mezzo tipicamente dei servizi di gestione]. In caso contrario si procederebbe ad un’arbitraria distinzione tra i due scenari”.
Sotto questo primo profilo considerato, l’Avvocato generale ha concluso affermando che “la prevista vendita delle quote in circostanze come quelle che caratterizzano il procedimento principale – segnatamente allo scopo di porre fine ad un’attività imponibile – deve essere considerata un’attività economica e rientra pertanto nell’ambito di applicazione dell’Iva”.
Del resto, “la nozione di attività economica – così come altre nozioni che definiscono le operazioni imponibili ai sensi della direttiva Iva – deve essere determinata in maniera oggettiva, cosicché l’obiettivo finale perseguito da un soggetto passivo con una spesa è irrilevante. La motivazione economica del soggetto passivo per il compimento di un atto non può pertanto essere determinante”.
L’analisi dell’Avvocato UE si è a questo punto spostata sul secondo aspetto considerato, dovendosi verificare se, ai fini della detrazione, sussista un “nesso diretto e immediato” con l’operazione esente rappresentata dalla cessione della partecipazione e, in caso negativo, se tale nesso sia riferibile, più in generale, all’attività (imponibile) dell’operatore.
È noto, infatti, in particolar modo dopo la sentenza SKF (causa C-29/08 del 29 ottobre 2009), che l’indagine sul “nesso immediato e diretto” deve essere operata ad un doppio livello.
Nell’ipotesi di “interruzione della catena dell’Iva”, vale a dire quando l’acquisto persegue come unico scopo, si può dire di “primo livello”, l’effettuazione di un’operazione attiva detassata, qual è la cessione di una partecipazione, esente da Iva ai sensi dell’articolo 135, par. 1, lett. f), Direttiva 2006/112/CE e del corrispondente articolo 10, comma 1, n. 4), D.P.R. 633/1972, la detrazione non può essere esercitata, in quanto l’indetraibilità discende dall’utilizzo dei beni/servizi acquistati per compiere, a valle, l’operazione esente; l’indetraibilità deriva, pertanto, dalla destinazione specifica dei beni/servizi acquistati al compimento dell’operazione esente, in linea con il divieto previsto dall’articolo 168 Direttiva 2006/112/CE e, sul fronte nazionale, dall’articolo 19, comma 2, D.P.R. 633/1972.
Al contrario, se l’acquisto è diretto ad uno scopo di “secondo livello”, inserendosi nel contesto più generale dell’attività economica del soggetto passivo, ove quest’ultima sia imponibile, la detrazione è ammessa in quanto il costo dei beni/servizi acquistati, facendo parte delle spese generali del soggetto passivo, concorre a formare il prezzo dei beni/servizi venduti.
Nelle conclusioni rese dall’Avvocato UE, non viene presa posizione al riguardo, demandando al giudice nazionale la verifica del “nesso immediato e diretto” necessario per legittimare l’esercizio della detrazione.
Spostando ora l’attenzione sull’analisi successivamente compiuta dalla Corte di giustizia, la detrazione viene negata in base a considerazioni che riguardano il profilo soggettivo, rispetto al quale l’Avvocato generale non ha, invece, individuato criticità, come sopra esposto.
Ad avviso dei giudici dell’Unione, “affinché un’operazione di cessione di azioni possa rilevare nell’ambito di applicazione dell’Iva, è necessario che tale operazione, in linea di principio, abbia la sua causa esclusiva diretta nell’attività economica imponibile della società controllante di cui trattasi o che costituisca il prolungamento diretto, permanente e necessario di siffatta attività. L’ipotesi in parola ricorre quando detta operazione è effettuata al fine di destinare il risultato della cessione in parola direttamente all’attività economica imponibile della società controllante di cui trattasi o all’attività economica esercitata dal gruppo di cui essa è la società controllante”.
Nel caso di specie, invece, “l’obiettivo della cessione di azioni di cui trattasi nel procedimento principale era di utilizzare il risultato della menzionata cessione per pagare i debiti dovuti alla Kaupthing Bank, nuova proprietaria del gruppo Arovit. Una siffatta cessione, com’è stato esposto al punto precedente, non può essere considerata né come un’operazione che ha la sua causa esclusiva diretta nell’attività economica imponibile della C&D Foods né come un’operazione che costituisce il prolungamento diretto, permanente e necessario dell’attività economica imponibile di tale società. In circostanze del genere, detta cessione non costituisce un’operazione consistente nel trarre redditi aventi carattere di stabilità da attività che esula dall’ambito della mera vendita di azioni e non rientra, di conseguenza, nell’ambito di applicazione dell’Iva”.
In definitiva, la detrazione Iva non compete, in quanto – a valle – la cessione della partecipazione non è stata effettuata nell’esercizio di un’attività economica, siccome compiuta per estinguere i debiti dell’operatore e non, quindi, per “ricavarne redditi aventi carattere di stabilità”, come invece prescrive l’articolo 9, par. 1, comma 2, Direttiva 2006/112/CE.