Limiti applicativi della non imponibilità Iva per le triangolazioni UE
di Marco PeiroloNelle triangolazioni intraunionali “esterne” intervengono tre soggetti identificati ai fini Iva in tre diversi Stati membri dell’Unione europea. A fronte di un unico trasferimento fisico dei beni (dal primo cedente al cliente del promotore della triangolazione), si verifica un duplice trasferimento di proprietà, vale a dire dal primo cedente al promotore della triangolazione e da quest’ultimo al proprio cliente
In pratica, il bene è ceduto da un soggetto passivo A, identificato ai fini Iva nello Stato membro 1, ad un soggetto passivo B, identificato ai fini Iva nello Stato membro 2, che, a propria volta, cede il medesimo bene ad un soggetto passivo C, identificato ai fini Iva nello Stato membro 3. Il bene viene spedito o trasportato direttamente dallo Stato membro 1 allo Stato membro 3.
L’obiettivo perseguito dal legislatore unionale è quello di esentare dall’Iva il soggetto passivo B per l’acquisto intraunionale effettuato nello Stato membro 3, cioè di destinazione del bene e, di conseguenza, di dispensarlo dall’obbligo di identificazione ai fini Iva in tale Stato membro, incombendo al soggetto passivo C l’obbligo di assolvere l’imposta relativa alla cessione effettuata nel medesimo Stato membro dal soggetto passivo B.
In via generale, le triangolazioni intraunionali “esterne” sono non imponibili ai fini Iva sia per il primo cedente che per il promotore della triangolazione, in quanto assoggettate ad imposta in capo al destinatario finale dei beni.
Nella normativa italiana, tali operazioni sono disciplinate:
- dall’articolo 38, comma 7, D.L. 331/1993, secondo cui l’Iva non è dovuta per l’acquisto intraunionale nel territorio dello Stato, da parte del soggetto passivo di altro Stato membro, di beni dallo stesso acquistati in altro Stato membro e trasportati o spediti in Italia a propri cessionari, soggetti passivi, designati per il pagamento dell’imposta relativa alla cessione. In buona sostanza, l’Iva è assolta dal soggetto passivo italiano, destinatario finale dei beni, a condizione che in fattura sia espressamente designato come debitore della relativa imposta (risoluzione 47/E/1995);
- dall’articolo 40, comma 2, D.L. 331/1993, secondo cui si considera comunque effettuato senza pagamento dell’imposta l’acquisto intraunionale di beni trasportati o spediti in altro Stato membro se:
- i beni stessi risultano ivi oggetto di successiva cessione ad un soggetto passivo;
- il cessionario risulta designato come debitore della relativa imposta;
- dall’articolo 44, comma 2, lett. a), D.L. 331/1993, secondo cui l’Iva è dovuta, per le cessioni di cui al citato articolo 38, comma 7, D.L. 331/1993, dal cessionario italiano, soggetto passivo, designato come debitore della relativa imposta.
Dal quadro normativo di cui sopra si desume che la legislazione nazionale disciplina le triangolazioni in cui il soggetto passivo italiano interviene in qualità di destinatario finale dei beni, ovvero di promotore della triangolazione.
In particolare:
- nella prima ipotesi, l’Iva è dovuta dal soggetto passivo italiano se è stato designato al pagamento dell’imposta da parte del proprio fornitore;
- nella seconda ipotesi, l’acquisto intraunionale non è soggetto a Iva in Italia alla duplice condizione che:
- i beni siano trasportati o spediti direttamente dallo Stato membro del fornitore allo Stato membro del cliente del soggetto passivo italiano;
- il soggetto passivo italiano designi in fattura il proprio cliente come debitore della relativa imposta.
Recentemente, il regime impositivo delle triangolazioni intraunionali “esterne” è stato affrontato dalla Corte di giustizia nelle sentenze relative alle cause C-386/16 del 26 luglio 2017 (Toridas) e C-580/16 del 19 aprile 2018 (Firma Hans Bühler).
Il caso riguardante la causa C-386/16 è quello di una società lituana che cede i beni ad una società estone con consegna in Lituana, quindi con clausola “franco partenza”. A sua volta, la società acquirente cede i beni ai propri clienti, identificati ai fini Iva in altri Stati membri, organizzando il relativo trasporto “a destino”.
La società lituana, dopo la cessione, custodisce i beni in attesa del loro trasporto nello Stato UE di destinazione finale, che deve avvenire entro 30 giorni.
Nella descritta situazione, in cui il primo cedente assume la veste di depositario dei beni, la Corte ha affermato che la corrispondente cessione è imponibile, con esenzione limitata alla seconda cessione, alla quale è riconducibile il trasporto intraunionale organizzato dalla società estone. Affinché anche la prima cessione sia esente, l’operazione complessivamente posta in essere deve nascere su impulso del destinatario finale dei beni e non, come nel caso risolto dai giudici di Lussemburgo, su impulso del soggetto intermedio che si rivolge al proprio fornitore prima di avere individuato il cliente al quale rivendere i beni nel frattempo acquistati.
Anche se la Corte non l’ha specificato, va da sé che laddove la prima cessione sia imponibile, l’effetto interruttivo che si verifica nella vendita “a catena” implica che il soggetto intermedio debba identificarsi ai fini Iva nello Stato membro di partenza dei beni per porre in essere la cessione intracomunitaria.
Nel caso riguardante la causa C-580/16, una società stabilita in Germania, ma identificata ai fini Iva in Austria, ha acquistato un bene da un fornitore tedesco per poi rivenderlo al proprio cliente stabilito nella Repubblica ceca, con trasporto diretto del bene in tale ultimo Stato membro da parte del fornitore tedesco.
La norma oggetto di interpretazione è l’articolo 141, lett. c), Direttiva 2006/112/CE, che ai fini dell’applicazione della semplificazione prevista per la triangolazione intraunionale in capo all’operatore intermedio richiede che i beni acquistati da quest’ultimo “siano direttamente spediti o trasportati a partire da uno Stato membro diverso da quello all’interno del quale egli è identificato ai fini dell’IVA e a destinazione della persona nei confronti della quale egli effettua la cessione successiva”.
Si è trattato, pertanto, di chiarire se sia di ostacolo all’applicazione della semplificazione prevista per le triangolazioni intraunionali “esterne” la circostanza che, in qualità di soggetto intermedio, sia intervenuto un soggetto che, benché nell’operazione abbia utilizzato il numero di identificazione aperto in uno Stato membro diverso da quello di partenza e di arrivo dei beni, risulti stabilito e, quindi, identificato nello Stato membro da cui i beni sono partiti a destinazione dello Stato membro del cliente finale.
Secondo la Corte, nella fattispecie esposta si rientra nello schema della triangolazione intraunionale, in quanto la condizione dell’articolo 141, lett. c), Direttiva 2006/112/CE, letta alla luce dell’articolo 265 della stessa Direttiva e degli scopi perseguiti dal diritto dell’Unione, “designa uno Stato membro diverso da quello in cui l’acquirente è identificato ai fini dell’Iva per lo specifico acquisto che realizza”.
In definitiva, in caso di identificazione multipla del medesimo operatore, occorre considerare il numero di partita Iva utilizzato per lo specifico acquisto intraunionale, che non deve essere attribuito dallo Stato membro di partenza dei beni.
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