Limiti della soggettività passiva IVA della stabile organizzazione
di Marco PeiroloLa soggettività passiva d’imposta della stabile organizzazione incontra un doppio limite, di carattere sia “interno”, cioè riferito ai rapporti con la casa madre, sia “esterno”, per le operazioni poste in essere con i terzi.
In merito al trattamento IVA dei rapporti tra stabile organizzazione e casa madre, l’Amministrazione finanziaria, in un primo tempo, aveva precisato che la sede secondaria operante in Italia, ai sensi dell’art. 7, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, nella formulazione all’epoca vigente, assume, agli effetti dell’IVA, autonoma soggettività passiva d’imposta, ricorrendo i requisiti sia oggettivi che territoriali in presenza dei quali sorge l’imponibilità delle prestazioni in cui si estrinseca la sua attività.
La R.M. 20 marzo 1981, n. 330470, in particolare, in relazione alle modalità con cui vengono regolati i reciproci rapporti tra la casa madre e la stabile organizzazione, ha osservato che quest’ultima, sotto l’aspetto fiscale, assume la veste di esecutrice di servizi nei confronti della casa madre. Inoltre, in relazione a tali rapporti intersoggettivi, le provviste di mezzi finanziari a favore della sede secondaria hanno natura di corrispettivi e costituiscono, quindi, la base imponibile delle prestazioni di cui trattasi. Conseguentemente, la sede secondaria, per le prestazioni rese nei confronti della casa madre, deve emettere regolare fattura, con addebito dell’imposta, nel momento di effettuazione dell’operazione, determinato ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972.
Le indicazioni in esame, siccome incompatibili con la Direttiva IVA, sono state riconsiderate dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 81 del 16 giugno 2006, in linea con quanto già specificato nella Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 191/2002.
Al fine, infatti, di adeguare la posizione della prassi amministrativa nazionale alla pronuncia resa dalla Corte di giustizia nella causa C-210/04 del 23 marzo 2006 (FCE Bank), è stato chiarito che le prestazioni di servizi intercorrenti tra casa madre estera e stabile organizzazione italiana, ovvero tra casa madre italiana e stabile organizzazione estera, sono al di fuori del campo di applicazione dell’IVA.
Secondo i giudici comunitari, “un centro di attività stabile, che non sia un ente giuridico distinto dalla società di cui fa parte, stabilito in un altro Stato membro e al quale la società fornisce prestazioni di servizi, non deve essere considerato un soggetto passivo in ragione dei costi che gli vengono imputati a fronte di tali prestazioni” (punto 41).
Nello specifico, la stabile organizzazione non assume il ruolo di soggetto giuridico distinto dalla casa madre in quanto risulta priva dell’autonomia operativa richiesta dall’art. 9, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, che attribuisce la soggettività passiva a “chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualunque luogo, un’attività economica (…)”.
Nella sentenza FCE Bank, è stato osservato che la stabile organizzazione non svolge un’attività economica in modo indipendente dal momento che non sopporta il rischio economico relativo all’esercizio della propria attività, che invece grava integralmente sulla casa madre.
È corretto, pertanto, ritenere che la stabile organizzazione rappresenta esclusivamente una mera articolazione territoriale dello stesso soggetto, risultando dipendente dalla sede principale, con la quale costituisce un soggetto passivo unico.
Come anticipato, la soggettività passiva della stabile organizzazione trova un limite non solo sul piano “interno”, vale a dire nei rapporti con la casa madre, ma anche sul piano “esterno”, cioè nei rapporti con i terzi, in quanto circoscritta alle operazioni imputabili alla filiale. Può, infatti, osservarsi che la stabile organizzazione, anche se costituisce solo una dislocazione territoriale di un unico soggetto, è comunque un centro di imputazione di diritti e obblighi che assumono rilevanza agli effetti dell’IVA in modo autonomo rispetto a quelli della casa madre e questo proprio perché la stabile organizzazione, nei rapporti esterni, è dotata di soggettività passiva.
L’art. 7, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 17/2010, prevedeva che “(l)e prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato (…) quando sono rese da stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all’estero; non si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese da stabili organizzazioni all’estero di soggetti domiciliati o residenti in Italia”.
La stessa impostazione è stata mantenuta anche a seguito del “rovesciamento” del luogo impositivo previsto per le prestazioni di servizi “generiche”, con il passaggio dal criterio del Paese del fornitore a quello del Paese del cliente. L’art. 7, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972, infatti, ricomprende nella nozione di “soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato” la “stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato e residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute”, con ciò dimostrando che la stabile organizzazione è dotata di soggettività passiva d’imposta, seppure limitatamente alle operazioni poste in essere, dal lato attivo o passivo, con soggetti terzi.