La questione ha trovato di recente un intervento interpretativo dell’Agenzia delle entrate nella risposta a interpello n. 317/2020.
Il caso oggetto della risposta riguardava un consulente finanziario che aveva convenuto, con effetto da luglio 2020, di assistere alcuni clienti di una banca che erano sino a quel momento gestiti da altri consulenti, a fronte del pagamento alla stessa banca di una somma a titolo di rivalsa, che a sua volta veniva destinata al consulente uscente quale indennità di clientela.
Secondo l’Agenzia delle entrate la somma in questione rappresenta un’indennità per l’acquisizione della gestione di una parte del pacchetto clienti del mandante stesso, in quanto attraverso il negozio sottostante non viene trasferita la clientela del precedente consulente a favore del subentrante, bensì si configura una sorta di “diritto allo sfruttamento” di questa clientela che presenta tratti di similitudine con il caso della licenza di utilizzazione di un bene. Ciò, in quanto i clienti sono e rimangono clienti della mandante, nel cui interesse i consulenti concludono i contratti.
Secondo questa prospettiva, la rivalsa non rappresenta quindi un bene immateriale, bensì una spesa pluriennale deducibile secondo la disciplina di cui all’articolo 108, comma 1, Tuir, e quindi nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio, in ossequio al principio di derivazione rafforzata, o di derivazione semplice nel caso delle microimprese.
La soluzione proposta dall’Amministrazione Finanziaria è certamente condivisibile, sebbene non trovi in dottrina e giurisprudenza una piena adesione.
È infatti recente l’arresto della Corte di Cassazione (ordinanza n. 29987/2021) secondo cui la rivalsa di portafoglio sarebbe qualificabile sotto il profilo civilistico come una forma di compensazione della perdita di avviamento del soggetto uscente, con la conseguenza che manterrebbe la medesima qualificazione anche ai fini fiscali in capo all’agente subentrante che la corrisponde.
In questa prospettiva, quindi, la somma sarebbe deducibile per l’agente subentrante nei limiti di cui all’articolo 103 Tuir.
La soluzione proposta dalla Suprema Corte non è a nostro avviso convincente.
Sul piano civilistico, si può osservare che il caso della rivalsa agenti non è trattata dall’Oic 24; tuttavia, si è del parere che, sposando la tesi che attribuisce alla somma corrisposta la natura del diritto allo sfruttamento della clientela, la stessa possa trovare giusta classificazione alla voce B.I.7 – “Altre Immobilizzazioni immateriali” – ed essere quindi soggetta ad ammortamento per il ragionevole periodo di tempo in cui l’agente che sostiene il costo ritiene possa trarre utilità dallo sfruttamento della clientela gestita.
Dal punto di vista fiscale, quindi, aderendo alla tesi rappresentata dall’Agenzia delle entrate nella citata risposta, la deduzione fiscale avverrebbe secondo la stessa scansione temporale del piano di ammortamento contabile.