25 Giugno 2016

L’incremento dei crediti da finanziamento e la base ACE

di Pietro Vitale
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Nel precedente intervento si è ricordato come l’aiuto alla crescita economica (ACE), introdotta dall’articolo 1 D.L. n. 201/2011, abbia lo scopo di agevolare le società che effettuano i propri investimenti con capitale anziché con debito.

Nell’ambito dei gruppi societari ad ogni iniezione di capitale deve corrispondere una sola base ACE. Il rispetto di tale regola viene garantito attraverso una serie di sterilizzazioni previste all’articolo 10 del D.M. 14.03.2012 che detta disposizioni antielusive specifiche.

Ai fini del presente scritto quella che interessa è la sterilizzazione di cui all’articolo 10, comma 3, lett. e) che vuole ridotta la base ACE in misura pari all’incremento dei crediti di finanziamento dal 2010 alla data di chiusura del bilancio verso soggetti controllanti/controllati italiani. La nozione di controllo è quella di cui all’articolo 2359 cod. civ..

Esemplificando, lo scopo è quello di evitare che a fronte di un incremento di patrimonio netto pari a 100 di una società A (che beneficia, quindi, dell’ACE per +100) tale liquidità vada poi ad incrementare (mediante sottoscrizione ad esempio di capitale sociale per 100) il patrimonio della Società B partecipata da A. Senza le cautele dell’articolo 10, la base ACE complessiva sarebbe  200 (100 per A e 100 per B) a fronte di una sola immissione di liquidità nell’economia reale per 100 (originariamente effettuata dai soci di A). Fin qui la riduzione della base ACE imposta ad A (che sarà + 100 -100 = 0) riequilibra il sistema. Tale riduzione è molto agevole da individuare: basta verificare l’incremento in A della voce partecipazioni in B (senza tenere ovviamente conto di rivalutazioni, svalutazioni medio tempore occorse). B però potrebbe trasferire la cassa ricevuta da A (Cassa   a   Capitale sociale) ad una terza società C del gruppo a titolo di finanziamento. C a sua volta potrebbe inoltre ritrasferire tale cassa ai soci di A a titolo di finanziamento e questi ultimi potrebbero sottoscriver un ulteriore aumento di capitale di A permettendo un incremento per +100 della base ACE di A che si sommerebbe al precedente incremento già realizzato da B per 100.

Se non operasse la previsione della lett. e) del comma 3 dell’articolo 10 del D.M., a fronte di una cassa immessa nel gruppo per 100 si avrebbe una duplicazione della base ACE: una prima volta, in quanto B beneficerebbe dell’ACE per 100 (in virtù della cassa ricevuta da A); una seconda volta, sempre perché B beneficerebbe di un’ulteriore ACE in conseguenza della successiva ulteriore cassa ricevuta da A.

Tale esempio è da qualificarsi come operazione circolare secondo quanto argomentato dalla circolare n. 21/2015 (altro esempio potrebbe essere quello di A che riceve un finanziamento da un terzo e con esso incrementa il capitale di B che a sua volta concede tale liquidità al terzo che la usa per finanziarie A).

Queste sono tutte operazioni senza sostanza che vengono stroncate imponendo la riduzione della base ACE del soggetto che incrementa i propri crediti finanziari. Ciononostante, prima di applicare in modo automatico la suddetta sterilizzazione da incremento di crediti finanziari, occorre verificare a livello di gruppo se la liquidità concessa dal mutuante al mutuatario sia davvero destinata ad operazioni circolari. Il mutuatario infatti potrebbe utilizzare la liquidità ricevuta per l’acquisto di cespiti (diversi da rami aziendali) aziendali (in linea con la ratio legis) o per la normale operatività aziendale.

In situazioni del genere, in vigenza dell’articolo 37-bis del DPR n. 600/1973, era consentito disapplicare l’articolo 10 del D.M. attraverso un interpello disapplicativo e preventivo (ora, invece, divenuto probatorio per effetto del nuovo articolo 11, comma 1, lett. b) L. n. 212/2000) per dimostrare che l’accrescimento del patrimonio netto rilevante ai fini dell’ACE non avesse determinato la duplicazione del beneficio all’interno del gruppo (circolare n. 21/2015), ossia che l’incremento non derivasse dalla medesima liquidità che “gira” in modo circolare all’interno del gruppo.

Nella grande maggioranza dei casi la duplicazione della base ACE viene scongiurata solo sterilizzando in capo ad A l’incremento della partecipazione (per effetto del conferimento in B) e mantenendo validi lungo la catena societaria gli incrementi di capitale derivanti da passaggi di utili a riserva (questi infatti “provengono dal conto economico” e non da cassa fatta girare in modo “circolare”).

In una situazione genuina, pertanto, l’incremento della base ACE di un soggetto del gruppo, per effetto di un conferimento ricevuto, comporta la riduzione della base ACE del conferente senza che occorra cercare ulteriori sterilizzazioni.

Del pari l’incremento di crediti da finanziamento potrebbe generare una sterilizzazione solo se tale liquidità (ricevuta per effetto del finanziamento) venga poi conferita nel patrimonio netto di una conferitaria; in tale situazione la duplicazione della base ACE viene evitata attraverso la riduzione della base ACE del conferente in conseguenza dell’incremento del valore della partecipazione rilevato. Solo laddove la sterilizzazione non venga realizzata attraverso l’incremento della partecipazione sarebbe necessario verificare più attentamente l’utilizzo della cassa, ossia se la cassa possa essere stata messa a servizio di un’operazione circolare.

Pertanto, se la base ACE del gruppo è 100 e l’incremento della partecipazione è pari a 100, si può evitare di sterilizzare ulteriori incrementi di crediti da finanziamento (la duplicazione viene evitata già con la sterilizzazione dell’incremento della partecipazione).

Come accennato, questi ragionamenti andrebbero spiegati all’Amministrazione finanziaria attraverso l’interpello probatorio presentato ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lett. b) L. n. 212/2000 o, alternativamente, indicando nel rigo RS115 di Unico che l’interpello non è stato presentato con riferimento all’ammontare in euro di ciascuna disposizione contenuta nell’articolo 10 che non ha determinato sterilizzazione.

Ad esempio, con riferimento all’incremento dei crediti da finanziamento, la società che realizza tale incremento deve compilare per 100 il rigo RS115, colonne 12 e 13 (ed in colonna 1 il codice 1 per rendere noto che la mancata sterilizzazione avrebbe costituito oggetto di interpello probatorio), del proprio modello Unico, qualora la cassa afferente il credito da finanziamento non sia stata utilizzata per incrementare la base ACE di altre società del gruppo.

La mancata compilazione del rigo RS115 è punita con sanzione amministrativa da 2.000 a 21.000 euro (nuovo comma 3 quinquies dell’articolo 8 D.Lgs. n. 471/1997).

Infine, si osserva che la ricerca della duplicazione della base ACE, potrebbe risultare non agevole in ipotesi di gestione accentrata della tesoreria (ad es. il cash pooling): in tali situazioni è difficile “inseguire” la cassa.  A tali fini, soccorre la stessa Amministrazione finanziaria che nella circolare n. 21/E/2015, disinteressandosi della classificazione nello stato patrimoniale afferma che: i) i ““time deposit intercompany” (cd. “depositi irregolari”) – ossia i contratti per mezzo dei quali le eccedenze di disponibilità liquide dei partecipanti ad un gruppo sono depositate (temporaneamente) presso altra  società del gruppo … – devono essere ricondotti alla categoria dei crediti da finanziamento” e, pertanto, sono oggetto di riduzione di base ACE del depositante; ii) il cash pooling nella forma cd. zero balancesi ritiene che non possa configurarsi un’operazione di finanziamento, ai sensi dell’articolo 10 del Decreto ACE”.