11 Novembre 2014

L’individuazione delle mansioni ed effetti sul patto di prova

di Luca Vannoni
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La Corte di Cassazione, con la sentenza 4 agosto 2014, n. 17591, è intervenuta sulla discussa materia del grado di
specificazione delle mansioni ai fini della legittimità del patto di prova. Mediante tale clausola, le parti possono recedere liberamente dal rapporto di lavoro nella fase iniziale, definita dalla contrattazione collettiva, senza motivazione e senza preavviso. In sostanza, in tale periodo, il datore di lavoro può valutare le capacità del lavoratore e, eventualmente, recedere dal rapporto di lavoro in caso di esito negativo, senza l’obbligo di motivare il recesso e senza il rischio di incappare nelle tutele dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Ai fini
della legittimità del patto di prova, è necessario definire compiutamente
nella lettera di assunzione le mansioni del lavoratore: se la prova è funzionale alla verifica delle caratteristiche della prestazione svolta dal lavoratore e se è vero che la prestazione di lavoro è definita, a livello contrattuale, dalle mansioni indicate, allora l’eccessiva genericità di queste ultime non consentirebbe al lavoratore di essere valutato su parametri giuridicamente vincolanti.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17591 del 4 agosto 2014, è intervenuta sulla problematica sopra indicata. Il caso riguarda la contestazione di un recesso durante il periodo di prova, in quanto nella lettera di assunzione le mansioni erano state definite con un semplice rinvio alla declaratoria della contrattazione collettiva, in concreto, con il riferimento alla qualifica di Responsabile Ufficio Tecnico, categoria quadro livello 7Q del Ccnl applicato in azienda.
Secondo la Suprema Corte,
la descrizione sintetica accompagnata dal rinvio alla contrattazione collettiva risulta essere sufficientemente determinata e idonea a consentire al lavoratore di conoscere “
il proprio campo di azione e, quindi, l’oggetto della prova”. Richiamando precedenti giurisprudenziali, la sentenza condivide espressamente “
quanto rilevato dal giudice del gravame in ordine al diverso grado di specificazione delle mansioni in relazione alla maggiore discrezionalità della mansioni affidate, il cui ambito risulta meno suscettibile di descrizione analitica quanto più è elevata la competenza richiesta per l’assolvimento delle mansioni di un ufficio articolato quale quello del Responsabile dell’Ufficio tecnico”.
I ruoli di responsabilità, infatti, si caratterizzano per una forte discrezionalità, che non può che essere vista come l’altra faccia della medaglia dell’autonomia concessa.
In passato, la Corte di Cassazione aveva affermato la legittimità della definizione delle mansioni mediante il rinvio alla contrattazione collettiva in due circostanze, opposte per caratteristiche intrinseche.
Con la sentenza 27 gennaio 2011, n. 1957,
è stata dichiarata la legittimità del rinvio quando le mansioni affidate al lavoratore sono di carattere intellettuale e non meramente esecutivo: pertanto non devono necessariamente essere indicate in dettaglio, ma possono essere determinabili per rinvio.
Il richiamo al lavoro intellettuale, stante anche la sinteticità delle motivazioni della sentenza, è comunque un approdo molto incerto: bene ha fatto la sentenza n. 17591/14 a supportare il ragionamento sui concetti di discrezionalità dei profili professionali elevati.
La sentenza 20 maggio 2009, n. 11722, viceversa,
riguarda mansioni di scarso contenuto professionale: è stato considerato legittimo il licenziamento in prova di un lavoratore, assunto a termine come addetto al magazzino, senza che fossero state indicate nell’assunzione le specifiche mansioni assegnate al dipendente, in quanto l’indicazione della qualifica e del livello del CCNL, stante il carattere semplice delle mansioni, era sufficiente a individuare univocamente la prestazione di lavoro.
 
In conclusione, nonostante la chiarezza del principio affermato, è opportuna comunque prudenza, anche al fine di “togliere terra” al possibile contenzioso attivabile dal lavoratore nel caso di recesso durante il periodo di prova: pertanto è sempre buona norma non limitarsi a categorie generiche o a meri rinvii alle declaratorie della contrattazione collettiva, ma dettagliare in modo univoco la prestazione richiesta al lavoratore.