L’inquadramento delle prestazioni sportive alla luce della riforma dello sport – II° parte
di Giusi CenedeseGuido MartinelliIl 1° giugno riapriranno le palestre e, come già anticipato nel precedente contributo, sarà necessario rifare o comunque rinnovare i contratti ai 200.000 lavoratori sportivi circa che hanno beneficiato dei contributi legati alla legislazione emergenziale.
Qui il problema, in presenza di contratti pluriennali (ma non muterebbe molto anche se lo facessimo solo per la stagione 2021/2022), si complica, in quanto si tratta di soggetti per i quali è già stato riconosciuto il loro status di “lavoratori” dallo Stato con l’erogazione del contributo e, pertanto, difficilmente potranno essere collocati nella categoria “amatoriale” che ricordiamo vede soggetti che svolgono la loro attività in modo “incompatibile con qualsiasi forma di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito” (articolo 29 D.Lgs. 36 /2021).
Se per l’atleta dilettante la subordinazione diventa opzione legata alla presunzione prevista per i professionisti, diverso appare il quadro di riferimento per la categoria degli istruttori.
L’esistenza, nella maggior parte dei casi, in questa fattispecie, di una reale autonomia, non fosse altro nell’utilizzo delle metodiche didattiche, porta a considerare applicabili le fattispecie del lavoro autonomo, nelle due configurazioni della collaborazione coordinata e continuativa e dell’esercizio di arti e professioni.
La co.co.co., per essere tale, però, non deve ricadere nella previsione di cui all’articolo 2 D.Lgs. 81/2015. Ossia le prestazioni di lavoro non possono essere organizzate dal committente, pena l’applicazione delle norme sul lavoro subordinato.
Se, oggi, tale disciplina non appare vincolante per il mondo dello sport, stante la deroga prevista dalla lett. d) del secondo comma del citato articolo, dobbiamo ricordare che l’entrata in vigore della riforma dello sport la abrogherà.
Pertanto, l’unica via d’uscita potrà essere, a quel punto, quella del ricorso alla lett. a) del citato secondo comma, in forza della quale la disposizione citata non si applica: “alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”
Negli altri casi, non prevedendo la possibilità del lavoro subordinato (che implicherebbe il pagamento, almeno, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto), l’unica alternativa percorribile appare essere quella dell’esercizio di arti e professioni (così potendosi prevedere anche l’insegnamento per più centri sportivi diversi).
Ed ecco entrare in gioco la possibilità, per gli istruttori che volessero aprire la partita iva (e sul presupposto che non superino il volume d’affari annuale di euro 65.000), di accedere ad un regime agevolato “forfettario” che permette di fruire di alcune semplificazioni fiscali e contabili, sia ai fini Iva che ai fini delle imposte dirette che si possono così riassumere:
- non addebitano l’Iva in fattura ai propri clienti né detraggono l’imposta assolta sugli acquisti,
- sono esonerati dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’imposta e di presentazione della dichiarazione annuale,
- non sono tenuti a registrare le fatture emesse, i corrispettivi e gli acquisti,
- non devono applicare le disposizioni relative all’obbligo di fatturazione elettronica,
- sono esonerati dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili, fermo restando l’obbligo di tenere e conservare i registri previsti da disposizioni diverse da quelle tributarie,
- sono esclusi dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale,
- non devono operare le ritenute alla fonte, ad eccezione di quelle sui redditi di lavoro dipendente e sui redditi ad essi assimilati,
- non sono soggetti a ritenuta d’acconto in relazione ai ricavi o compensi percepiti. A tal fine, devono rilasciare un’apposita dichiarazione al sostituto per attestare che si tratta di reddito soggetto a imposta sostitutiva.
Le nuove attività possono applicare l’aliquota agevolata del 5%, in luogo del 15% previsto per tutte le categorie qualora soddisfino i seguenti requisiti:
- non aver esercitato, nei tre esercizi che precedono l’avvio dell’attività, un’attività artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare,
- la start up non deve essere una prosecuzione di un’attività già svolta in precedenza nella forma di lavoro dipendente o autonomo, fatta esclusione dei casi in cui si tratti di periodi di pratica obbligatoria per l’accesso ad arti o professioni.
Non rientrano in tale ultima preclusione, a nostro avviso, precedenti attività svolte come “collaboratori sportivi” sul presupposto, alla luce degli orientamenti contenuti nella novella legislativa, che le collaborazioni sportive ex articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir hanno carattere amatoriale e non costituiscono prestazione di lavoro
A questi requisiti sarà ovviamente necessario aggiungere quelli generali previsti per l’accesso al regime forfettario:
- non essere in possesso di quote di controllo societario,
- non percepire altri redditi da lavoro dipendente e pensione superiori ad euro 30.000,
- non aver sostenuto spese per lavoro dipendente e accessorio superiori ad euro 20.000.
In questo quadro volendo fare “due conti”, applicando il codice Ateco 855100 per istruttori, insegnanti ed allenatori sportivi, flat tax al 5% e aliquota contributiva gestione separata 25,98%, avremmo, volendo garantire un netto all’istruttore di 10.000 euro, il medesimo costo azienda con l’attuale disciplina, che si incrementa fino ad euro 13.014 con flat tax al 5% (incremento 30,14%).
Con un netto di 15.000 euro il differenziale si riduce enormemente.
Infatti, in questo caso, il lordo per la sportiva è pari a 16.954 euro per la collaborazione sportiva, mentre arriva a 19.520 euro per la prestazione con partita iva.
In questo caso, quindi, l’incremento scende al 18,35%.
Tale percentuale progressivamente diminuisce con l’aumentare del compenso. Infatti con un netto di 20.000 euro il differenziale dell’incremento va al 13,22%, per ridursi al 10,35 con un netto di 25.000 euro.
Una riflessione riteniamo debba essere fatta.