L’interposizione fittizia di persona non configura l’abuso del diritto
di Angelo GinexA seguito della modifica operata dal D.Lgs. 128/2015, entrato in vigore in data 2.09.2015, la disciplina dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale risulta regolamentata dal nuovo articolo 10-bis L. 212/2000.
Più precisamente, mediante l’inserimento di tale disposizione nello Statuto dei diritti dei contribuenti e l’abrogazione dell’articolo 37-bis D.P.R. 600/1973, i due concetti di abuso del diritto e di elusione fiscale sono stati unificati, così superando quella specie di doppio binario che si era venuto a creare, sia per l’esistenza di una specifica norma in tema di elusione che per la giurisprudenziale affermazione di una “clausola antielusiva non scritta” (cfr., SS.UU. sent. nn. 30055, 30056, 30057 del 2008).
In via generale, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione (cfr., Cass. sent. 13.07.2018, n. 18632).
Costituisce dunque condotta abusiva l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante e assorbente lo scopo di eludere il Fisco, incombendo sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione e alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, mentre grava sul contribuente l’onere di allegare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate (cfr., Cass. ord. 20.06.2018, n. 16217).
Tra le ipotesi configuranti abuso del diritto, sebbene non esistano ancora pronunce giurisprudenziali che possano delimitarne l’ambito di applicazione, è possibile ricomprendervi quelle già individuate dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla precedente normativa, atteso che la nuova enuclea concetti già immanenti nell’ordinamento tributario.
Tra le altre, ad esempio, è possibile ricomprendervi la “simulazione contrattuale”, così come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui «non è precluso all’Amministrazione finanziaria, che si faccia carico di giustificare coerentemente il proprio assunto sulla scorta delle risultanze acquisite, procedere alla riqualificazione (prima in sede di accertamento fiscale e poi in sede contenziosa) dei contratti sottoscritti dal contribuente, per farne valere la simulazione ed assoggettarli ad un trattamento fiscale meno favorevole di quello altrimenti applicabile (cfr., ex multis Cass. 1549/07, 17221/06, 20398/05, 20816/05, 7457/03)».
Più recentemente, la Corte di Cassazione ha altresì ribadito che l’Amministrazione finanziaria, quale terzo interessato alla regolare applicazione delle imposte, è legittimata a dedurre la simulazione assoluta o relativa dei contratti stipulati dal contribuente, o la loro nullità per frode alla legge, ivi compresa la legge tributaria (cfr., Cass. ord. 12.10.2018, n. 25521).
A ben vedere, però, in base al disposto normativo contenuto nel citato articolo 10-bis e all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, nell’ambito di applicazione dell’abuso del diritto vi rientrino soltanto le ipotesi di simulazione relativa “oggettiva” e non quelle di simulazione relativa “soggettiva”.
Sul punto, si rammenta che, in virtù di quanto stabilito dall’articolo 1414 cod. civ., è possibile distinguere tra:
- simulazione assoluta (quando le parti vogliono solo fingere di porre in essere un contratto ma, in realtà, non ne vogliono nessuno, come nel caso in cui si simula di vendere una casa ma questa rimane di proprietà del finto venditore);
- simulazione relativa (quando le parti fingono di stipulare un contratto ma, in realtà, ne pongono in essere un altro, come nel caso in cui si simula di vendere una casa, ma questa viene donata al finto acquirente).
Solitamente, inoltre, la simulazione ha ad oggetto un negozio giuridico, ma in altri casi può riguardare una delle parti del negozio, e si distingue in proposito tra:
- simulazione relativa oggettiva (quando il negozio simulato è diverso in tutto o in parte da quello dissimulato);
- simulazione relativa soggettiva (quando si finge di stipulare il negozio con una parte mentre questo avrà effetto nei confronti di una parte diversa da quella apparente).
Ebbene, il presupposto su cui si fonda la pretesa con la quale si contesta l’abuso del diritto è il fatto che sia stato utilizzato uno strumento giuridico negoziale di per sé lecito ma, tuttavia, piegato per una finalità distorta, costituendo solo un mezzo per perseguire vantaggi fiscali non leciti.
Tenendo conto di ciò, pertanto, la Corte di Cassazione, con la recente sentenza 10.09.2020, n. 18767, ha precisato che «la figura della interposizione fittizia di persona si pone in una prospettiva diversa: non è l’uso di uno strumento negoziale, di per sé lecito, che viene in considerazione, ma la creazione di una situazione di apparenza negoziale i cui effetti, in realtà, non sono voluti dalle parti contraenti».
In definitiva, quindi, l’interposizione fittizia di persona, configurando una simulazione relativa soggettiva, ove gli effetti del negozio giuridico sono voluti da soggetti diversi, esula dall’ambito di applicazione della fattispecie dell’abuso del diritto.