L’(in)utilità della perizia nella fusione con società di persone
di Enrico FerraNell’ambito delle operazioni societarie straordinarie che coinvolgono sia le società di persone che le società di capitali merita un particolare approfondimento la disposizione dell’articolo 2501-sexies cod. civ., che stabilisce l’obbligo di predisporre una perizia di stima del patrimonio della società di persone a norma dell’articolo 2343.
La necessità di predisporre una perizia di stima del patrimonio sociale delle società di persone è imposta in maniera “maldestra” solo al penultimo comma dell’articolo 2501-sexies cod. civ. (rubricato “Relazione degli esperti”), subito dopo i commi che delineano i diritti e le responsabilità degli esperti designati a redigere le perizie di stima ai fini della congruità dei rapporti di cambio delle azioni o delle quote.
In particolare, al comma 7 del citato articolo si legge: “Ai soggetti di cui ai precedenti terzo e quarto comma è altresì affidata, in ipotesi di fusione di società di persone con società di capitali, la relazione di stima del patrimonio della società di persone a norma dell’articolo 2343”.
In base al tenore letterale, si evince come la relazione di stima sia da ritenere necessaria in tutti i casi in cui sia coinvolta, come incorporante o incorporata, una società di persone e ciò al fine di non ledere gli interessi dei creditori della società incorporante o risultante dalla fusione.
Tralasciando però gli aspetti inerenti alla tecnica legislativa, è bene concentrarsi sul contenuto di tale disposizione al fine di metterne in evidenza la reale portata nell’ambito delle operazioni di riorganizzazione societaria.
Va subito detto che la lettura attenta della norma porta a condividere pienamente la tesi del Consiglio Nazionale del Notariato nello Studio n.204-2009/I, ove ha affermato “senza timore di smentite, che questa norma rappresenta un esempio emblematico di come il legislatore della riforma sia talora intervenuto in modo maldestro e approssimativo”.
Ha evidenziato infatti il Notariato come per comprendere appieno la reale portata di tale disposizione sia necessario individuare la ratio della perizia di stima richiesta: “la funzione di tale perizia, come è noto, è quella di garantire l’integrità del capitale sociale in relazione al patrimonio apportato dalla società di persone e ciò in quanto per le società di persone non è prevista alcuna rigida disciplina né controllo sui valori e sugli appostamenti contenuti nel rendiconto”. Ma, ad un esame più attento, la necessità di garantire tale effettività emergerebbe solo nel caso in cui la società incorporante dovesse procedere ad aumentare il capitale “per poter distribuire partecipazioni ai soci della incorporata, oppure in ipotesi di fusione propria di società di persone e di società capitali, allorché il capitale post-fusione sia determinato in misura superiore al capitale già esposto dalla s.p.a. o dalla s.r.l. partecipante alla fusione”.
La conclusione è che la necessità della perizia di stima del patrimonio della società di persone incorporata in una società di capitali dovrebbe emergere “nella sola ed esclusiva ipotesi in cui il netto patrimoniale della società di persone sia utilizzato per aumentare il capitale della stessa società di capitali incorporante”.
Si evidenzia, peraltro, che l’eventuale lesione della tutela dell’integrità del capitale sociale andrebbe verificata tenendo in considerazione l’effettività (o meno) dei valori emergenti dal bilancio della società incorporante o della società risultante dalla fusione e non dei valori emergenti dal rendiconto dell’incorporata, che di fatto si estingue a seguito dell’operazione di fusione. Ciò sempre che, ovviamente, non vi sia aumento di capitale a seguito dell’operazione di fusione.
Meno condivisibile appare tuttavia l’affermazione del Notariato nel citato Studio, dove evidenzia che, in base al dato letterale, la disposizione dell’articolo 2501-sexies, settimo comma, coinvolgerebbe anche la fusione semplificata di cui all’articolo 2505 cod. civ.. Tale articolo contiene infatti una deroga espressa in tal senso laddove, al primo comma, specifica che “alla fusione per incorporazione di una società in un’altra che possiede tutte le azioni o le quote della prima non si applicano le disposizioni dell’articolo 2501-ter, primo comma, nn. 3), 4) e 5) e degli art. 2501-quinquies e 2501-sexies”.
La conseguenza è che nel caso di fusione semplificata tutte le disposizioni che rinviano all’articolo 2501-sexies, inclusa quella che impone la necessità di predisporre la perizia di stima delle società di persone, non sarebbero applicabili in ogni caso e ciò a prescindere dalla condivisibilità o meno delle considerazioni sopra rappresentate.
L’esempio della fusione semplificata sembra emblematico dell’inutilità della perizia di stima in tutti quei casi in cui, come talvolta avviene in tale procedura, l’operazione si esaurisca nell’annullamento del capitale dell’incorporata senza alcun aumento di capitale nella società incorporante. In tal caso, sembra piuttosto evidente che la perizia di stima del patrimonio della società di persone incorporanda “non troverebbe alcuna giustificazione”.
Di diverso avviso su questo punto è il Comitato Triveneto dei Notai in materia di atti societari (massima L.A.7), secondo cui la relazione di stima ex articolo 2343 cod. civ. è necessaria:
- qualora la società risultante dalla fusione sia una società di capitali di nuova costituzione;
- qualora la società risultante dalla fusione sia una società di capitali preesistente che, per effetto della fusione, aumenti il patrimonio netto. Secondo questa tesi, anche nei casi in cui non sia applicabile alla fusione l’articolo 2501-sexies civ. nelle cosiddette fusioni semplificate, ciò che è esclusa è unicamente la necessità di avere un unico esperto incaricato di redigere la relazione sul rapporto di cambio e la relazione di stima del patrimonio della società di persone, ma non anche la necessità di procedere alla redazione di quest’ultima relazione.