L’inventario fallimentare
di Luca Dal PratoLa recente sentenza di Cassazione del 17 marzo 2015 n. 11170/15, richiamando la funzione del curatore di individuare i beni che devono formare la massa attiva del fallimento, fornisce un interessante spunto per analizzare la procedura dell’inventario fallimentare ex art. 87 e 87-bis L.F..
Attraverso l’inventario, il curatore individua analiticamente, stima e prende in consegna i beni del soggetto fallito divenendone responsabile per la custodia, senza però assoggettarli al vincolo fallimentare, già verificatosi con la sentenza dichiarativa di fallimento. Dal punto di vista temporale, l’articolo 87 L.F. non stabilisce un termine preciso per la redazione dell’inventario, ma detta una regola a carico del curatore, che deve redigerlo nel più breve tempo possibile.
Per addivenire alla miglior stima possibile, il curatore ha inoltre la competenza di nominare uno stimatore, che deve svolgere le operazioni di stima contestualmente alle operazioni di identificazione, descrizione ed iscrizione dei beni nell’inventario a meno che, per la particolare complessità dell’operazione di stima, non venga concesso di riferirne con relazione a parte. Il curatore può tuttavia trovarsi nel caso in cui i beni appaiano di modesto valore o la loro acquisizione o liquidazione appaia manifestatamente non conveniente: nel primo caso, il curatore può non nominare lo stimatore; nel secondo caso, con l’autorizzazione dei creditori, il curatore può rinunciare alla loro acquisizione o liquidazione (ex art. 104 ter, settimo comma L.F.).
L’inventario richiede l’assistenza del cancelliere alle operazioni di inventario e di redazione del relativo processo verbale. Questa esigenza trova fondamento anche nel fatto che il curatore, in qualità di amministratore del patrimonio, prende in consegna i beni inventariati assumendone la responsabilità della custodia e, considerato che l’inventario è il punto di partenza di questa responsabilità, è opportuno non affidarne la redazione al solo curatore.
Anche la presenza del fallito è disposta nell’interesse dell’amministrazione fallimentare (e non del fallito) in quanto, prima della chiusura dell’inventario, è necessario provvedere al c.d. “interpello” da parte del curatore, che invita a dichiarare l’esistenza di altre attività avvertendo delle pene ex art. 220 nel caso di falsa od omessa dichiarazione.
Dal punto di vista fiscale, l’inventario è soggetto a registrazione in termine fisso e l’imposta di registro è dovuta in misura fissa ai sensi del D..r. 131/1986. Per questo motivo, anche se la lettera del 4° comma parla di doppio originale (un originale rimane al curatore quale pubblico ufficiale, il secondo originale va depositato in cancelleria) è stato posto in evidenza come l’inventario debba essere invece redatto in triplice originale (in quanto la terza copia è necessaria per l’ufficio del registro). I creditori e qualunque interessato avranno poi diritto di prendere visione, in cancelleria, della copia depositata.
L’art. 87 bis L.F. tratta invece i particolari casi di beni mobili sui quali i terzi vantano diritti reali o personali chiaramente riconoscibili e i casi di beni di proprietà del fallito, ma detenuti da terzi in base ad un titolo di formazione negoziale opponibile al fallimento.
Nel primo caso (art. 87 1° e 2° comma) è necessario che questi diritti siano incontestati e oggettivamente non contestabili (i.e. gli abiti dei clienti nell’ipotesi di fallimento di un negozio di tintoria o quello di autoveicoli appartenenti a terzi che si trovano nell’autorimessa dell’azienda fallita).
Nel secondo caso (art. 87 3° comma L.F.) è richiesta l’opponibilità al curatore del titolo negoziale su cui il godimento del terzo è fondato, rinviando alla disciplina ex artt. 44 e 45 L.F. e alla regola della data certa di cui all’art. 2704 cc (i.e. affitto d’azienda). Questi beni, in quanto appartenenti al fallito, devono essere inventariati ma i terzi vengono lasciati nel godimento degli stessi. In altre parole, pur dovendo il bene rimanere nel godimento altrui, esso fa parte del patrimonio fallimentare e deve essere oggetto di liquidazione ai fini della distribuzione del suo ricavato ai creditori. L’inserimento del bene inventariato non è quindi strumentale alla custodia da parte del curatore ma ha solo fini di individuazione (si applica quindi la disciplina dei rapporti pendenti di cui agli artt. 72 ss.).
Infine, la Sentenza del 17 marzo 2015 n. 11170/15, nel prendere in esame l’ulteriore particolare caso di provvedimento di sequestro adottato ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 231 del 2001, conferma l’orientamento secondo cui, il curatore fallimentare, non è legittimato a proporre impugnazione contro tale provvedimento.