L’inversione dell’onere probatorio negli accertamenti bancari
di Luigi FerrajoliCon la sentenza n. 711 depositata in data 13 gennaio 2017, la Quinta Sezione Tributaria della Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della questione relativa ad accertamenti bancari basati su indagini finanziarie.
In particolare, nel caso in esame, il contribuente aveva proposto ricorso avanti la CTP avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio sulla base di accertamenti bancari per l’anno di imposta 2002.
Tale giudizio sortiva effetto sfavorevole, in quanto la Commissione, prendendo atto del parziale annullamento dell’avviso di accertamento da parte dell’Ente impositore, aveva ritenuto legittima la residua ripresa per voci di spesa non giustificate pari ad euro 3.296,37.
Nel giudizio di appello, la Commissione tributaria regionale della Lombardia confermava la decisione della CTP ritenendo la documentazione prodotta dal contribuente non sufficiente a giustificare le spese sostenute da quest’ultimo soggetto e quindi, a dimostrare la fondatezza delle censure mosse dal medesimo alla sentenza impugnata.
Il ricorrente decideva di procedere ulteriormente in Cassazione, rilevando come primo motivo la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione del provvedimento emesso dalla CTR.
Nello specifico, secondo il ricorrente, la Commissione tributaria regionale avrebbe omesso di illustrare le ragioni in base alle quali aveva ritenuto insufficiente la documentazione prodotta dal contribuente nei giudizi precedenti, precisando, inoltre, che la controversia non aveva ad oggetto voci per “spese”, come erroneamente indicato in sentenza ma riguardava semplicemente dei versamenti confluiti sul conto corrente intestato al contribuente che è stato oggetto di accertamento bancario.
Secondariamente il ricorrente proseguiva denunciando la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. (disponibilità delle prove), nonché dell’articolo 2697 cod. civ. (onere della prova). Nello specifico, secondo il ricorrente, la CTR avrebbe basato la propria decisione esclusivamente sulle prove dedotte dall’Ufficio e non avrebbe preso in considerazione adeguatamente le prove contrarie dedotte da controparte e, contestualmente, la stessa avrebbe omesso di rilevare che l’Ente impositore non avrebbe provato alcun modo l’inefficacia dei mezzi di prova presentati dal contribuente in corso dei giudizi precedenti a sostegno delle proprie tesi.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo e nello specifico ha precisato che: “la statuizione sul punto è assertiva e non è svolto alcun argomento motivazionale a sostegno della ritenuta insufficienza probatoria degli affidavit prodotti dal contribuente”.
In relazione al secondo motivo la Corte precisava che doveva essere considerato assorbito dall’accoglimento del primo motivo perché sostanzialmente ha sollecitato un riesame del merito in termini favorevoli al ricorrente.
In ogni caso, sul punto, la Suprema Corte, riprendendo i principi già enunciati in precedenti pronunce (Cass., sentenza n. 15857/2016 e n. 4829/2015) ha specificato che “qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’articolo 32 del D.P.R. 600/1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla motivazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prove di rilevanza fiscale; ciò vale anche in tema di Iva, al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall’articolo 51, comma 2, numero 2, del D.P.R. 633/1972 (Cass., sentenza n. 21303/2013).
Ne consegue che in caso di accertamenti sui conti correnti, il contribuente è tenuto a dimostrare che i dati ricavabili dai movimenti bancari relativi a operazioni imponibili non sono rilevanti fiscalmente e l’Ufficio non è obbligato a replicare ulteriormente a quanto prodotto dal contribuente, ma può semplicemente limitarsi a contestarne la valenza, poiché è rimesso all’organo giudicante la valutazione e la disamina del complessivo materiale probatorio sottoposto alla sua attenzione dalle parti.
Nel caso di specie la CTR ha errato nel non considerare questi elementi e pertanto la Corte di Cassazione con la sentenza in commento ha accolto il ricorso, ha cassato la sentenza e ha rinviato il giudizio alla CTR in altra composizione al fine di provvedere nuovamente, in applicazione dei principi richiamati, in ordine alla richiesta di riesame avanzata dal contribuente e per la statuizione delle spese del giudizio di legittimità.