L’iper ammortamento si perde se il bene è per l’estero
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariLa cessione di un bene acquistato con l’agevolazione dell’iper ammortamento, o la sua destinazione a strutture produttive all’estero, comporta la decadenza dall’agevolazione ed il recupero di quanto già fruito, senza tuttavia l’applicazione di sanzioni ed interessi.
È quanto emerge dalla lettura dell’articolo 6 del decreto “dignità”, approvato dal Governo ed in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Ma andiamo con ordine, poiché il citato articolo 6 del decreto prevede in primo luogo che l’agevolazione dell’iper ammortamento (maggiorazione pari al 150% del costo sostenuto per l’acquisto del bene con le caratteristiche dell’allegato A alla L. 232/2016 ed interconnesso con il sistema aziendale) spetta a condizione che i beni siano destinati a strutture produttive situate in Italia.
Ciò sta a significare che, a differenza di quanto previsto in origine, l’acquisto di un bene con le caratteristiche per fruire dell’iper ammortamento ma destinato ad uno stabilimento produttivo dell’impresa italiana situato all’estero non consente di beneficiare della maggiorazione.
E l’aspetto più critico riguarda l’efficacia di tale novità, poiché il comma 3 precisa che si applica agli investimenti eseguiti a partire dal 2018 (periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto), con conseguente impatto anche per gli acquisti già eseguiti nella prima parte del 2018 (fino all’entrata in vigore del decreto) e per i quali le imprese potevano legittimamente contare sulla possibilità di destinare i beni presso unità situate all’estero.
I successivi commi 2, 3 e 4 introducono una clausola di “salvaguardia” finalizzata ad evitare che nel corso del periodo di fruizione dell’agevolazione (e quindi durante la deduzione delle quote di iper ammortamento) l’impresa proceda alla cessione a titolo oneroso dei beni agevolati ovvero alla destinazione degli stessi presso strutture produttive situate all’estero.
In tal caso, e, pure in tale ipotesi, a differenza di quanto previsto dalla norma originaria, si deve procedere al recupero dei benefici fiscali già fruiti tramite una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui avviene la cessione o la delocalizzazione del bene, per un importo pari alle maggiorazioni di iper ammortamento già fruito in precedenza, senza tuttavia l’applicazione di sanzioni ed interessi.
Ad esempio, a fronte di un investimento agevolato per un importo di 800 euro (acquisto marzo 2018), aliquota di ammortamento 10%, iper ammortamento spettante pari a 1.200 euro, di cui già fruito 180 euro (60 nel 2018 e 120 nel 2019), alienato nel 2020, nel modello Redditi del periodo d’imposta 2020 si dovrà operare una variazione in aumento pari a 180 euro.
Due sono le limitazioni previste all’applicazione del meccanismo descritto, che non opera:
- per le cessioni e le delocalizzazioni dei beni agevolati effettuate prima dell’entrata in vigore del decreto (per le quali restano quindi valide le quote già fruite);
- qualora l’impresa proceda all’acquisto, nello stesso periodo d’imposta in cui avviene la cessione o la delocalizzazione, di altro bene avente le stesse caratteristiche per fruire dell’iper ammortamento in applicazione dell’articolo 1, commi 35 e 36, L. 205/2017: in questo caso è possibile continuare a fruire delle quote residue di iper ammortamento in relazione all’originario investimento.
Un’ultima annotazione in merito all’ambito applicativo di tali novità è l’esclusione dei beni oggetto di super ammortamento (maggiorazione del 40% o del 30% a partire dal 2018) per i quali l’eventuale cessione comporta il venir meno dell’agevolazione solo per le quote residue senza alcun meccanismo di recupero di quelle già dedotte.