12 Ottobre 2016

Liquidazione della quota del socio defunto

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
Scarica in PDF

Ai sensi dell’articolo 2289 del codice civile, nell’ipotesi di decesso di un socio di una società di persone, i soci devono liquidare la quota agli eredi del socio defunto, a meno che non preferiscano sciogliere la società o continuare la stessa con gli eredi del socio defunto se questi vi acconsentano. Resta ferma la possibilità di prevedere pattuizioni diverse nello statuto, il quale può prevedere ad esempio il subentro automatico degli eredi in caso di decesso del socio.

In altri termini, in assenza di diverse pattuizioni sociali, la morte di un socio non determina in alcun modo il subingresso automatico degli eredi dello stesso in qualità di soci, bensì nasce esclusivamente in capo a questi ultimi il diritto di ottenere la liquidazione della quota (anche nell’ipotesi in cui gli altri soci non decidessero di continuare nell’attività sociale ma di procedere alla liquidazione della società).

In merito alla legittimazione passiva, ossia il soggetto cui deve essere chiesta la liquidazione della quota, dopo ampio dibattito in dottrina la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 291/2000 ha stabilito che l’unico soggetto legittimato a resistere in giudizio è la società, ciò in quanto essa, pur non avendo personalità giuridica, è soggetto di diritto. Successivamente con la sentenza 23 maggio 2006, n. 12125, la Suprema Corte ha sostenuto che la legittimazione passiva della società si giustifica con la circostanza che gli eredi del socio defunto che richiedono la liquidazione della quota si pongono in posizione di terzietà rispetto alla società sulla quale grava il debito di liquidazione della quota stessa. È tuttavia importante osservare che la giurisprudenza di merito (Tribunale di Milano 17 marzo 2005) ha sostenuto che la regola descritta è derogabile dai soci, nel senso che questi ultimi possono inserire nello statuto l’onere di accollarsi direttamente la liquidazione della quota del socio uscente (o dei loro eredi) al fine di preservare l’integrità del patrimonio sociale per garantire la continuazione dell’attività economica svolta dalla stessa.

Per quanto attiene alla modalità di calcolo della quota in favore degli eredi, è consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui la quota del socio deceduto di una società di persone deve essere liquidata in base alla situazione patrimoniale della società al momento del decesso del socio, determinata secondo l’effettiva consistenza economica del patrimonio sociale, tenendo conto anche dei plusvalori latenti e dell’avviamento. Secondo quanto affermato dalla Cassazione nella sentenza 14 marzo 2001, n. 3671, è necessario computare anche il valore dell’avviamento nel valore della quota da liquidare agli eredi del socio defunto, e ciò al fine di evitare l’ingiusto arricchimento che altrimenti ne deriverebbe in capo agli altri soci che continuano ad avvalersi dell’organizzazione alla quale l’avviamento si riferisce. Con la medesima sentenza è stato anche stabilito che l’onere probatorio di valutare la quota del socio defunto incombe sui soci superstiti poiché solo questi ultimi, e non anche gli eredi del socio defunto, hanno il potere di accedere ai libri sociali e sono quindi in grado di dimostrare quale fosse la situazione patrimoniale della società nel giorno in cui è avvenuto il decesso del socio, tenendo conto anche dell’utile o della perdita in corso di formazione. Resta fermo che in assenza di tali elementi, i soci superstiti potranno rivolgersi al Giudice che potrà disporre l’esecuzione di una consulenza tecnica d’ufficio finalizzata alla determinazione del valore della quota spettante agli eredi del socio defunto.

Per approfondire questioni attinenti all’articolo vi raccomandiamo il seguente corso:

Le operazioni straordinarie caso per caso