L’IRI inceppa la compensazione delle perdite
di Fabio GarriniTra le novità di un certo interesse (forse più tecnico che pratico) introdotte dalla legge di Bilancio 2017 vi è senz’altro l’IRI, ossia la possibilità di tassare in misura proporzionale al 24% i redditi conseguiti (ma non prelevati) dalle imprese individuali o società di persone. Tra i diversi aspetti oggi ancora dubbi vi è la gestione delle perdite: nel nuovo articolo 55-bis Tuir un comma è specificamente dedicato a tale aspetto, ma non vengono puntualmente gestire tutte le problematicità che possono venirsi a creare.
Le perdite
Delle perdite si occupa il comma 2 dell’articolo 55-bis: “In deroga all’articolo 8, comma 3, le perdite maturate nei periodi d’imposta di applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo sono computate in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi per l’intero importo che trova capienza in essi. Le perdite non ancora utilizzate al momento di fuoriuscita dal regime di cui al presente articolo sono computabili in diminuzione dai redditi ai sensi dell’articolo 8, comma 3, considerando l’ultimo anno di permanenza nel regime come anno di maturazione delle stesse. Nel caso di società in nome collettivo in accomandita semplice tali perdite sono imputate a ciascun socio proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.”
Tale previsione si preoccupa di gestire due aspetti:
- le perdite che vengono conseguite in vigenza di applicazione del regime (perdite che possono derivare tanto dalla gestione, quando da un prelievo superiore al reddito di periodo, se vi è capienza nel plafond IRI formatosi nei precedenti periodi d’imposta) vengono riportate in avanti senza le limitazioni dell’articolo 8, comma 3, Tuir (quindi senza vincoli temporali) e senza alcuna restrizione nell’ammontare compensabile (quindi nei successivi periodi d’imposta possono essere utilizzate in maniera piena, senza la limitazione all’80% che l’articolo 84 Tuir prevede per i soggetti IRES);
- qualora al termine per periodo di vigenza dell’IRI dovessero residuare delle perdite non utilizzate, queste, a seguito della fuoriuscita, non scompaiono, ma diverranno perdite compensabili a decurtazione del reddito d’impresa maturato nei successivi periodi d’imposta, in questo caso dovendo rispettare le regole dell’articolo 8, comma 3, quindi con il limite temporale di 5 anni. In tal caso non occorrerà ricostruire l’anzianità della perdita, ma si considererà integralmente maturata nell’ultimo anno soggetto ad IRI.
Viene però da chiedersi che cosa accade nel caso in cui il contribuente che esercita l’opzione IRI presenti una dotazione di perdite pregresse: queste come devono essere utilizzate?
Pare abbastanza logico affermare che esse potranno essere utilizzare, per abbattere il reddito che si forma in capo al titolare / socio a seguito del prelevamento, in quanto tali prelevamenti costituiscono reddito qualificato dalla stessa norma come reddito d’impresa assoggetto ad IRPEF.
Ma esse possono essere utilizzate anche per ridurre il reddito assoggettato ad IRI? Nelle società di persone questo problema non si pone, visto che l’IRI è versata dalla società mentre le perdite pregresse sono dei soci che le avevano ricevute per trasparenza dalla società partecipata.
Qualche dubbio in più potrebbe sorgere in capo alla ditta individuale: posto che come detto non paiono esservi dubbi circa la possibilità di compensarle con il reddito d’impresa derivante dai prelevamenti e assoggettato ad IRPEF, pare invece precluso il diritto ad utilizzarle in compensazione con il reddito sottoposto ad IRI. Quand’anche volessimo ammettere questa forma di compensazione, esiste una qualche forma di priorità obbligatoria di utilizzo? Non si deve infatti dimenticare che mentre l’IRI è fissa al 24%, l’IRPEF è progressiva e potrebbe assumere anche incidenze molto superiori, in termini di aliquota applicabile: in tal caso è possibile scegliere quale reddito abbattere? Ovvero, qualora vi sia solo IRI perché non vi sono stati prelevamenti, è possibile scegliere di conservare queste perdite per il futuro, ipotizzando di avere altri redditi?
La norma non fissa limitazioni, per cui cautamente si potrebbe avanzare una soluzione positiva.
Altro tema è quello relativo alla possibilità di compensare perdite e redditi maturati nello stesso anno (ad esempio, imprenditore individuale che possiede una partecipazione in una SNC): posto che quando le due componenti rimangono in ambito IRPEF (es: reddito derivante dalla ditta individuale con perdita imputata per trasparenza dalla SNC) non si pongono dubbi, diversamente, si profila, come per le perdite pregresse, il dubbio circa la compensabilità “incrociata” tra redditi /perdite soggetti a diverso regime di tassazione (IRI ed IRPEF).
Su tutti questi temi sono necessarie indicazioni ufficiali, utili non solo a livello dichiarativo, ma anche per decidere se aderire o meno all’istituto. Oggi pare eccessivamente rischioso esercitare un’opzione IRI per un soggetto che presenta perdite pregresse.
Per approfondire questioni attinenti all’articolo vi raccomandiamo il seguente corso: