14 Novembre 2023

L’istanza di rimborso post adesione, per un credito relativo ad imposte precedentemente versate e non più dovute

di Gianfranco Antico
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La scheda di FISCOPRATICO

È di particolare interesse la recente ordinanza n. 19577/2023 della Corte di Cassazione che, pur affrontando la nota tematica del rimborso delle imposte all’esito della definizione dell’atto in adesione, ci consente di vedere la problematica sotto un’angolatura diversa.

La questione approdata davanti ai giudici di Piazza Cavour investe la richiesta di rimborso avanzata da una società per la somma di euro 22.552, in conseguenza dell’accertamento con adesione precedentemente redatto.

In sede di adesione, la stessa società aveva concordato con l’Agenzia delle entrate l’appostamento di una sopravvenienza passiva, non già nell’esercizio 2008, ma in quelli del 2004 e del 2005, compensando peraltro la maggior imposta scontata fino a concorrenza del debito d’imposta corrente, pari ad euro 121.048, laddove la maggior imposta corrisposta negli anni 2004 e 2005 era di euro 143.600.

L’Agenzia delle entrate negava l’istanza di rimborso per la differenza di euro 22.552, poiché la rinuncia prestata dalla contribuente in sede di definizione della procedura d’accertamento ostava al rimborso di tale differenza.

La C.T.P. respingeva il ricorso avverso il suddetto diniego e, in sede di appello, la C.T.R. confermava la pronuncia di primo grado.

Ricorre in Cassazione la contribuente in quanto, a suo giudizio, la C.T.R. avrebbe errato nell’applicazione di tali norme, in virtù del fatto che, pur avendo ovviamente rinunciato a chiedere il rimborso delle somme oggetto di compensazione, rimaneva comunque il diritto di chiedere il rimborso della citata eccedenza.

Per gli Ermellini, la giurisprudenza “è ferma nel ritenere il diritto al rimborso delle imposte che risultano versate in eccedenza, allorché l’accertamento (anche con adesione, cfr. Cass. 03/02/2021, n. 2420) divenga definitivo nell’imputare un determinato costo (o nella specie una sopravvenienza passiva) ad un esercizio diverso da quello originariamente indicato dal contribuente. Altrettanto ferma è la giurisprudenza nel ritenere che la definizione con adesione determina la fissazione del quantum debeatur ed alla parte contribuente non resta che eseguire l’accordo stesso (Cass. 30/06/ 2006, n.15170)”.

Nel caso di specie, le parti hanno concordato circa l’esercizio di corretta imputazione della sopravvenienza passiva, procedendo alla compensazione dell’imposta (a quel punto non dovuta) versata in eccesso in annualità precedenti, con quella dovuta per l’annualità oggetto di accertamento (2008).

Pur essendo pacifico fra le parti che in sede di accertamento con adesione vi sia stata rinuncia a richiedere il rimborso delle imposte compensate (“con la firma del presente atto di adesione, rinuncia espressamente a chiedere il rimborso delle imposte compensate, con istanza già presentata o da presentarsi”), per la Corte è altrettanto evidente che tale patto vale proprio per le imposte oggetto di compensazione, ovvero l’importo di euro 121.048, pari all’imposta dovuta per l’anno 2008. Nessun accordo specifico è intervenuto per la differenza, oggetto di istanza di rimborso.

Per i massimi Giudici tale differenza risulta quindi legittimamente richiesta in virtù dei principi regolatori della materia, e “del resto da elementari principi della ripetizione dell’indebito…risulterebbero violati …….. legittimando un indebito arricchimento”.

Di scarsa attinenza è stata ritenuta, invece, la giurisprudenza invocata dalla difesa erariale, secondo cui “una volta che l’accertamento sia stato definito con adesione, e la definizione sia perfezionata con il versamento delle somme dovute, è da escludersi che il contribuente conservi la facoltà di proporre istanza di rimborso di quanto a suo avviso versato in eccedenza …” (Cassazione n. 29587/2011), in quanto tale pronuncia attiene “al ripensamento del contribuente per le somme che abbia versato a seguito dell’accordo e dovute in virtù dello stesso, non – come nella specie – alle somme che a quel punto risultano dovute proprio a seguito dell’accordo, che imputa la sopravvenienza ad un esercizio differente, e che non discendono dalla definizione della pretesa, ma dal formarsi, proprio a causa dell’accordo, di un credito per imposte precedentemente versate e a quel punto non più dovute”.

Le conclusioni cui è giunta la Corte – rimborso della differenza non compensata – si inseriscono in quel filone giurisprudenziale che sta aprendo una serie di varchi.

Se è vero che una volta rideterminato il reddito imponibile in sede di adesione non possono essere accolte istanze di rimborso afferenti all’annualità definita – perché ciò altererebbe la misura della base imponibile concordata fra le parti – la stessa Corte di Cassazione  ha riconosciuto la possibilità di richiedere il rimborso a seguito della diversa qualificazione del rilievo in sede di adesione (sentenza n. 11537/2022), ovvero per motivi diversi da quelli relativi all’accordo raggiunto (sentenza n. 16104/2022), dove il rimborso ha ad oggetto l’Iva a credito scaturente da fatture di acquisto per le ristrutturazioni degli immobili locati di sua proprietà; laddove l’accertamento con adesione si riferiva all’Iva a debito derivante da accertamenti induttivi del reddito e del volume di affari realizzati, così che “L’irretrattabilità dell’accertamento dell’iva a debito non implica quindi quella dell’iva a credito”).