L’IVA nei passaggi di beni da casa madre a stabile organizzazione
di Marco PeiroloIn un precedente intervento, è stato evidenziato il doppio limite, interno ed esterno, della soggettività passiva IVA della stabile organizzazione.
Il limite “interno” si riferisce alle prestazioni di servizi rese dalla casa madre alla stabile organizzazione o viceversa, in entrambi i casi prive di rilevanza ai fini IVA in quanto la stabile organizzazione, non svolgendo un’attività economica indipendente, così come richiesto dall’art. 9, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, non è dotata di una soggettività passiva d’imposta autonoma, ma rappresenta una mera dislocazione territoriale dello stesso soggetto.
Il limite “esterno”, invece, discende dall’art. 7, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui attribuisce alla stabile organizzazione un’autonoma soggettività d’imposta “limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute”; soggettività IVA che, alla luce del limite “interno” in precedenza richiamato, deve intendersi circoscritta ai rapporti con i terzi, con esclusione, quindi, dei rapporti intersoggettivi.
Spostando l’attenzione agli scambi di beni, nella disciplina comunitaria è prevista una specifica disposizione che assoggetta a IVA i trasferimenti di beni da uno Stato membro all’altro. Si tratta dell’art. 21 della Direttiva n. 2006/112/CE, che assimila ad un acquisto intracomunitario di beni effettuato a titolo oneroso, imponibile IVA, “la destinazione da parte di un soggetto passivo alle esigenze della propria impresa di un bene spedito o trasportato, dal soggetto passivo o per suo conto, a partire da un altro Stato membro all’interno del quale il bene è stato prodotto, estratto, trasformato, acquistato, acquisito ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o importato dal soggetto passivo nell’ambito della sua impresa in quest’ultimo Stato membro”.
Correlativamente, dal lato attivo, l’art. 17, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE assimila ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso, non imponibile IVA, “il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro”, laddove – per “trasferimento a destinazione di un altro Stato membro” – s’intende “qualsiasi spedizione o trasporto di un bene mobile materiale effettuato dal soggetto passivo o per suo conto, fuori dal territorio dello Stato membro in cui si trova il bene, ma nella Comunità, per le esigenze della sua impresa”.
Le corrispondenti disposizioni nazionali sono contenute negli artt. 38, comma 3, lett. b) e 41, comma 2, lett. c), del D.L. n. 331/1993, in base ai quali dà luogo, rispettivamente:
- ad un acquisto intracomunitario, “la introduzione nel territorio dello Stato da parte o per conto di un soggetto passivo d’imposta di beni provenienti da altro Stato membro. La disposizione si applica anche nel caso di destinazione nel territorio dello Stato, per finalità rientranti nell’esercizio dell’impresa, di beni provenienti da altra impresa esercitata dallo stesso soggetto in altro Stato membro”;
- ad una cessione intracomunitaria, “l’invio di beni nel territorio di altro Stato membro, mediante trasporto o spedizione a cura del soggetto passivo nel territorio dello Stato, o da terzi per suo conto, in base ad un titolo diverso da quelli indicati nel successivo comma 3 di beni ivi esistenti”.
Insomma, al di fuori delle ipotesi di sospensione d’imposta previste dagli artt. 38, comma 5, lett. a) e 41, comma 3, del D.L. n. 331/1993, la movimentazione dei beni da un Paese membro all’altro, anche in assenza di vendita, dà luogo ad una operazione intracomunitaria sia dal lato attivo, cioè nel Paese di partenza, sia dal lato passivo, vale a dire nel Paese di arrivo, dove va assolta la relativa imposta previa identificazione ai fini IVA del soggetto che ha disposto il trasferimento.
L’ambito applicativo delle disposizioni sui trasferimenti intracomunitari per conto proprio è stato chiarito dall’Amministrazione finanziaria.
Con specifico riguardo all’art. 38, comma 3, lett. b), del D.L. n. 331/1993, è stato precisato che “(t)ale disposizione ha carattere cautelativo, in quanto assicura la possibilità di seguire le successive cessioni in Italia dei beni trasferiti (es. beni inviati per deposito o stoccaggio) ed evita, nell’ipotesi di beni di investimento, il verificarsi di localizzazioni di acquisti con riferimento ai diversi regimi di detrazione dell’imposta applicati negli Stati membri” (C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464, § B.1.2).
Tra le ipotesi che giustificano l’invio di beni in Italia per ragioni diverse dalla vendita, risulta pertanto confermato che vanno inclusi i trasferimenti di beni in deposito o stoccaggio.
In merito, invece, ai trasferimenti operati nell’ambito dello stesso soggetto, la circolare Assonime n. 29 del 28 marzo 2002 ha osservato che “anche tra casa madre e stabile organizzazione [possono essere] effettuate operazioni rilevanti ai fini IVA ma solo al verificarsi di specifici presupposti, per i quali, ai fini impositivi, non assume rilievo la intrasoggettività: così, ad esempio, in caso di spostamento di beni nel territorio di altro Stato membro intercorso tra unità operative (stabile organizzazione e casa madre) facenti parte di unico soggetto (vedi art. 38, comma 3, lett. b, e 41, comma 2, lett. c, del D.L. 331/1993)”.
In conclusione, nonostante l’unitarietà giuridica della stabile organizzazione rispetto alla casa madre, è l’elemento materiale dell’operazione, cioè il trasferimento “fisico” dei beni da un Paese membro all’altro, a giustificare – nell’ambito dei rapporti intracomunitari – l’applicazione del principio basato sull’imposizione nel Paese di destinazione.