L’IVA non dovuta diventa detraibile
di Marco PeiroloL’articolo 6, comma 6, del D.Lgs. 471/1997 dispone che “chi computa illegittimamente in detrazione l’imposta assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa, è punito con la sanzione amministrativa pari al novanta per cento dell’ammontare della detrazione compiuta”.
Con un emendamento approvato dalla Commissione Bilancio della Camera al disegno di legge di Bilancio 2018, tale disposizione è integrata con la previsione che, “in caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto dei Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il cessionario o il committente anzidetto è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. La restituzione dell’imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale”.
La nuova norma, che nonostante il tenore letterale dovrebbe intendersi riferita non solo ai casi di applicazione di un’aliquota superiore a quella corretta, ma anche alle ipotesi in cui l’operazione sia stata erroneamente considerata imponibile, anziché esente, non imponibile o non soggetta, deve essere opportunamente coordinata con l’articolo 30-ter, comma 2, del D.P.R. 633/1972, introdotto dalla Legge europea 2017 ed in vigore dal 12 dicembre 2017.
In base a quest’ultima disposizione, “nel caso di applicazione di un’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato a titolo di rivalsa”.
La posizione oggetto di specifica tutela è, all’evidenza, quella del fornitore che, se provvede a rifondere (spontaneamente o a seguito del provvedimento dell’autorità giudiziaria) il cliente dell’IVA indebitamente applicata in fattura, deve avere la possibilità di ottenere dall’Erario la restituzione dell’imposta anche se è decorso il termine biennale di decadenza avente, come “dies a quo”, quello “ordinario”, previsto dall’articolo 30-ter, comma 1, del D.P.R. 633/1972, agganciato alla data del versamento dell’imposta ovvero, se successivo, al giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
La norma ha, quindi, come presupposto l’indetraibilità dell’IVA in capo al cliente, “nel caso di applicazione di un’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi”.
Ed è proprio sulla configurabilità di questo presupposto che interviene l’emendamento al disegno di legge di Bilancio 2018 per tutelare (questa volta) la posizione del cliente, a tal fine equiparando le ipotesi derivanti dall’applicazione di un’imposta in misura superiore a quella dovuta ai casi di violazione del regime del reverse charge.
L’articolo 6, comma 6, del D.Lgs. 471/1997, così come integrato, risulta infatti speculare all’articolo 6, comma 9-bis.2, del D.Lgs. 471/1997, secondo cui, “in deroga al comma 1, qualora, in assenza dei requisiti prescritti per l’applicazione dell’inversione contabile l’imposta relativa a una cessione di beni o a una prestazione di servizi di cui alle disposizioni menzionate nel primo periodo del comma 9-bis, sia stata erroneamente assolta dal cessionario o committente, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il cedente o il prestatore non è tenuto all’assolvimento dell’imposta, ma è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. Al pagamento della sanzione è solidalmente tenuto il cessionario o committente. Le disposizioni di cui ai periodi precedenti non si applicano e il cedente o prestatore è punito con la sanzione di cui al comma 1 quando l’applicazione dell’imposta mediante l’inversione contabile anziché nel modo ordinario è stata determinata da un intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cedente o prestatore era consapevole”.
Se, quindi, il cliente mantiene il diritto alla detrazione per un’operazione erroneamente assoggettata al sistema dell’inversione contabile e il fornitore, che avrebbe dovuto applicare l’imposta in fattura, beneficia di una sanzione attenuata rispetto a quella ordinaria (dal 90% al 100% dell’imposta), allo stesso modo il cliente che abbia assolto in rivalsa l’imposta erroneamente addebitata dal fornitore deve avere il diritto ad operare la detrazione, ferma in tal caso l’applicazione nei cuoi confronti della sanzione ridotta (da 250 euro a 10.000 euro).
Il nuovo intervento legislativo si pone come rimedio in tutti quei casi in cui il recupero in sede civilistica dell’imposta sia impossibile o eccessivamente difficile (es. fornitore sottoposto a fallimento), ma che la giurisprudenza “euro-unionale” (causa C-564/15, Farkas) e nazionale (Cass. n. 24923/2016) ha inteso comunque tutelare consentendo al cliente, soggettivo passivo IVA, di chiedere il rimborso direttamente all’Amministrazione finanziaria.
Sotto questo profilo, la novellata disposizione – nell’ottica di semplificare i rapporti discendenti dall’erroneo addebito dell’imposta in fattura – riconosce la detrazione in capo al cliente a fronte del debito IVA nei confronti del fornitore ed è perfettamente in linea con la recente ordinanza della Corte UE di cui alla causa C-314/17 del 23 novembre 2017 (Geocycle Bulgaria), secondo cui “les principes de neutralité fiscale et d’effectivité du système commun de la TVA doivent être interprétés en ce sens qu’ils s’opposent à ce qu’un État membre refuse au destinataire d’une livraison le droit de déduire la TVA acquittée en amont, lorsque, pour une seule et même livraison, la TVA est perçue une première fois auprès du fournisseur, étant donné qu’il l’a mentionnée dans la facture qu’il a émise, puis une seconde fois auprès du destinataire, dans les cas où la législation nationale ne prévoit pas la possibilité de rectifier la TVA lorsqu’il existe une décision de redressement fiscal” (punto 35).
Un ultimo aspetto da considerare è quello degli effetti delle nuove disposizioni, che non possono che essere retroattivi, a dispetto della decorrenza prevista dalla Legge europea 2017 (12 dicembre 2017) e della Legge di Bilancio 2018 (1° gennaio 2018).
Entrambe le previsioni, nel riconoscere il diritto di rimborso del fornitore e di detrazione del cliente, intendono, infatti, adeguare la normativa nazionale a quella unionale, in coerenza con il principio di effettività tutelato dalla stessa giurisprudenza della Corte di giustizia sopra richiamata.