Lo scenario attuale degli standard per il reporting di sostenibilità
di Alessandra FabbriBeatrice ScappiniStefano ScappiniLe vicende legate agli ambiti sociale, ambientale ed economico, che ricadono nell’alveo della “sustainability”, sono sempre più attenzionate dall’opinione pubblica.
Si tratta di temi sentiti anche alla luce dei numerosi avvenimenti che stanno sconvolgendo il “sentiment” generale a livello globale; tuttavia, al comune obiettivo del “dobbiamo migliorarci”, in particolare nell’ambito ambientale e sociale, fanno seguito una serie di visioni e di interpretazioni non sempre univoche.
La sempre maggiore consapevolezza dei consumatori in merito alla sostenibilità stimola le parti in causa a creare o rinnovare le norme di rendicontazione che le imprese hanno la possibilità di adottare in questa delicata fase di sviluppo globale. Negli ultimi anni, alla normazione cogente e tecnica, hanno fatto seguito una serie di “standard” che si sono diffusi in ambiti specifici, ma senza l’opportuna omogeneità globale.
Gli standard legati alla rendicontazione di sostenibilità forniscono una base comune per le organizzazioni finalizzate a rappresentare le loro “pratiche” e i correlati obiettivi “ESG” (environmental, social, governance) ma anche per gli stakeholders, consentendo loro di valutare le prestazioni di sostenibilità in modo comparabile e trasparente.
Gli standard ESG possono variare a seconda delle organizzazioni che li sviluppano, coprendo ampi scenari quali, ad esempio, l’utilizzo di energie rinnovabili, la gestione dei rifiuti, l’impatto ambientale dei prodotti e dei processi (environmental); la gestione delle risorse umane, le relazioni con i dipendenti, le politiche di inclusione, la sicurezza sul lavoro, le relazioni con la comunità locale, l’attenzione verso i clienti (Social); le prestazioni di governance dell’azienda, come la trasparenza nella rappresentazione finanziaria, la responsabilità verso gli stakeholder, la gestione dei conflitti di interesse, la trasparenza nella rappresentazione delle remunerazioni dei dirigenti (Governance).
Gli standard GRI (Global Reporting Initiative Standards) sono legati alla rendicontazione di sostenibilità e si pongono, tra i loro obiettivi, quello di fornire strumenti alle imprese per rendere la loro attività più trasparente e per comunicare i loro impatti (positivi e/o negativi) sullo sviluppo sostenibile.
Gli standard GRI comprendono una serie di principi di reporting – come la materialità, la trasparenza, la completezza e il coinvolgimento degli stakeholder – finalizzati a garantire la qualità e la credibilità del reporting sulla sostenibilità e possono essere utilizzati da qualsiasi tipologia di organizzazione.
Gli standard ESRS (European Sustainability Reporting Standards) di EFRAG (European Financial reporting Advisory Group), di prossima definitiva emanazione, si riferiscono invece alla rendicontazione finanziaria per fornire una base coerente e trasparente per la rendicontazione di sostenibilità nell’Unione Europea per rispondere alla “CSRD”, Corporate Sustainability Reporting Directive.
Infine, lo stesso IFRS ha dato vita a standard di rendicontazione di sostenibilità attraverso ISSB (International Sustainability Standards Board) per essere utilizzati a livello mondiale al fine di misurare e comunicare come gli aspetti ESG e, in particolare, i cambiamenti climatici, possono incidere sull’enterprise value.
Oltre a quelli menzionati, vi sono ulteriori strumenti di rendicontazione – in particolare sotto forma di linee guida o framework costruiti da altre organizzazioni – che non si riportano per non abusare della pazienza dei lettori.
Oltre agli elementi sopracitati, è necessario tenere in considerazione la diffusione capillare del GRI il quale, come confermato dall’ultima ricerca di KPMG, rappresenta lo standard di rendicontazione di sostenibilità più utilizzato (dal 78% delle 250 aziende più grandi a livello mondiale).
A fronte di tale scenario, la preoccupazione delle imprese è come poter integrare i tre standard in modo corretto e senza ridondanze di processi, costi e informazioni.
La preoccupazione riguarda soprattutto le imprese che operano sia in Europa sia a livello intercontinentale.
Una prima risposta a tale interrogativo è stata fornita lo scorso dicembre dal GRI con un comunicato ai membri della community dal titolo “GRI and the European Sustainability Reporting Standards (ESRS) – Q&A”.
Inoltre, lo scorso gennaio Eelco van der Enden, CEO del GRI, al convegno organizzato a Milano dell’OIBR (Organismo Italiano di Business Reporting) “1^ CONFERENZA – Le Best Practices Italiane di Informazione non Finanziaria”, ha confermato il contenuto della comunicazione nella quale il GRI ha sostenuto che “Il GRI fornirà una guida ai professionisti che rendicontano con GRI su come utilizzare le loro pratiche e processi di rendicontazione GRI per soddisfare anche i requisiti ESRS. Questa guida includerà una mappatura dettagliata delle informazioni contenute in entrambi gli standard e sarà pubblicata in concomitanza con il rilascio degli standard finali da parte della Commissione europea. È incoraggiante che l’EFRAG intenda pubblicare anche una descrizione dettagliata di come ciascun ESRS ha preso in considerazione le corrispondenti informazioni contenute negli standard GRI, nelle Basis for Conclusions che si prevede di pubblicare a breve. In combinazione con la guida tecnica che sarà prodotta dal GRI, ciò dovrebbe fornire la chiarezza richiesta dalle organizzazioni che rendicontano.”
Il GRI ha espresso la volontà di collaborare con EFRAG e IFRS per consentire alle imprese di implementare e integrare i loro processi di reporting di sostenibilità, mantenendo la continuità col GRI senza stravolgimenti e, pertanto, evitando agli enti che hanno già avviato tale processo, di disperdere il vantaggio competitivo rappresentato dall’aver avviato per tempo e razionalizzato tali processi organizzativi.
La comunicazione del GRI permette di tirare un sospiro di sollievo ai professionisti che si occupano di reporting di sostenibilità in quanto, attraverso gli standard GRI, è possibile intravedere l’aggiornamento di un percorso già noto che consentirà di rispondere anche agli obblighi futuri della CSRD che ricadranno in modo diretto sulle grandi imprese e in modo indiretto sulle PMI della filiera.