2 Settembre 2022

Lo sport e l’Iva: rapporto controverso

di Biagio GiancolaGuido Martinelli
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La scheda di FISCOPRATICO

L’Agenzia delle Entrate, modificando un precedente orientamento favorevole, con la nota n. 393/2022 esclude l’applicazione dell’articolo 10, n. 20, D.P.R. 633/1972 rubricato “Operazioni esenti dall’imposta” ai fini Iva, ai corsi di nuoto, anche se indirizzati all’infanzia.

La linea restrittiva del documento di prassi amministrativa rappresenta la trasposizione “euro-orientata” dell’interpretazione della Corte di Giustizia Europea in relazione all’articolo 132, paragrafo 2, lettera i), Direttiva 2006/112/Ce.

Infatti, l’articolo 132, lettera i), Direttiva 2006/112/Ce, annovera l’educazione dell’infanzia o della gioventù nonché la formazione, riqualificazione professionale e tutte le prestazioni di servizi o cessioni di beni strettamente connessi, tra le operazioni esenti, purché erogate da Enti di diritto pubblico od organismi riconosciuti dallo Stato.

Detta esenzione, dunque, richiede la convivenza di due requisiti:

  • l’uno di carattere soggettivo, ossia che detti servizi vengano erogati da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni,
  • l’altro oggettivo, ossia relativo la formazione, l’educazione, l’aggiornamento, la riqualificazione, la riconversione professionale.

Orbene, al pari delle lezioni di guida erogate da una scuola guida o delle lezioni di vela, anche i corsi di nuoto organizzati da una Associazione sportivo dilettantistica senza scopo di lucro difettano del requisito oggettivo che osta la loro qualifica di servizi di insegnamento scolastico o universitario, formazione o riqualificazione professionale, stante il loro scopo meramente ricreativo e sportivo.

In tal senso, vedasi la sentenza della Corte di Giustizia Europea resa nel 2021 nella causa C-373/19, che esclude espressamente, dalla locuzione “insegnamento scolastico o universitario” i corsi di nuoto impartiti da un ente sportivo.

Detta interpretazione restrittiva è coerente con la natura eccezionale delle ipotesi di esenzione indicate nella Direttiva, e con la ratio di armonizzazione della normativa “euro-unitaria” onde agevolare il mercato rendendolo immune da eventuali distorsioni interne.

Irrilevante, dunque, la sussistenza del solo requisito soggettivo che sussiste in capo alla Asd, del riconoscimento ottenuto dalla Federazione Italiana Nuoto e la relativa licenza di esercizio di scuola di nuoto federale.

Va anche ricordato che i precedenti documenti di prassi amministrativi, che giungevano alla conclusione opposta, erano nati nel periodo in cui le Federazioni, quali organi del Coni, svolgevano a tutti gli effetti una funzione pubblica.

La loro attuale natura di associazioni di diritto privato con personalità giuridica, sia pure con alcune funzioni di carattere pubblico elencate nello statuto del Coni, fa perdere un altro dei requisiti per l’utilizzo della agevolazione.

Secondo l’iter ermeneutico della nota in commento, pertanto, i corsi di nuoto organizzati da una Associazione sportiva dilettantistica non beneficiano dell’esenzione ex articolo 132, lettera i), Direttiva 2006/112/Ce e quindi ex articolo 10, n. 20, D.P.R. 633/1972, poiché non rappresentano “prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere” e come tali difettano del requisito oggettivo.

A nulla rileva che i corsi stessi fossero indirizzati prevalentemente a fanciulli.

Di conseguenza, secondo l’Amministrazione, alle prestazioni sportivo-ricreative si applica l’aliquota ordinaria del 22%.

Ad analoga conclusione si dovrà giungere nei confronti delle società sportive di capitale dilettantistiche

Due ulteriori riflessioni, forse utili.

Attualmente, nella maggior parte dei casi, le prestazioni sportive rese da Asd/Ssd in favore dei propri associati/partecipanti/iscritti, sono collocate fuori campo Iva in ogni caso, ai sensi dell’articolo 4.4 e 4.8. D.P.R. 633/1972.

Pertanto il nuovo indirizzo assunto dalla Agenzia delle entrate ha un effetto solo parziale nei confronti del mondo dello sport.

Detta situazione permane fino al 31 Dicembre 2023.

Da gennaio 2024, tuttavia, le prestazioni rese dalle sportive dietro corrispettivo (sino ad oggi considerate escluse a fini Iva), assumeranno la qualifica di operazioni esenti ai fini Iva, con tutte le dovute conseguenze in termini di adempimenti (articolo 1, comma 638, L. 234/2021 ed articolo 5, commi da 15 quater a 15 sexies, D.L. 146/2021) e non riguarderà più solo gli associati o i tesserati, ma tutti i soggetti che partecipano ai corsi (“le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica”). Pertanto ai fini del godimento della esenzione non sarà più necessario tesserare i partecipanti ai corsi.

Il beneficio decade, però, nel caso in cui possa “provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’Iva”.

La condizione di accesso al beneficio de quo, inoltre, è vincolata al rispetto del divieto di distribuzione, anche indiretta, di utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo i casi di legge, previo obbligo di conformare gli statuti alle clausole dettagliate nell’articolo 10, comma 5, D.P.R. 633/1972.

Ad ogni buon conto, un’ulteriore soluzione potrebbe prospettarsi entro il 31 Dicembre 2024: il neo allegato III alla Direttiva 2006/112/CE contempla, nel paniere delle possibili aliquote Iva ridotte, anche le cessioni di beni/prestazioni di servizi sportivi, riconoscendo allo Stato un margine di discrezionalità nel concedere le agevolazioni ai fini Iva.

Un futuro con aliquota Iva al 5%. Lo auguriamo.