Locazione di immobili con opzione di acquisto – seconda parte
di Giovanni Valcarenghi
Nel caso controverso della scorsa settimana ci siamo occupati della tematica, cara a numerose imprese del comparto immobiliare, dei nuovi contratti di locazioni associati ad una opzione di acquisto, analizzandone i risvolti propri del comparto della imposizione diretta ed evidenziando le differenziazioni rispetto alla tipologia contrattuale della locazione con patto di futura vendita. Si tratta ora di esplorare le conseguenze sul comparto IVA.
Ricordiamo che l’esigenza primaria soddisfatta da tali accordi è quella di consentire, al proprietario del bene, di cominciare a rientrare di una parte delle risorse investite per la realizzazione del bene (sotto forma di canoni di locazione ed, eventualmente, di acconti sul futuro corrispettivo della cessione) e, per converso, al possibile futuro acquirente di entrare subito nella disponibilità del bene (come normalmente avviene per una locazione), valutando con la massima tranquillità l’opportunità di acquistarlo e la migliore forma di finanziamento per sostenere l’operazione.
Peraltro, accordi di questa natura potrebbero divenire ancor più di attualità se valutati nello scenario corrente, da parte di soggetti che volessero profittare della rivalutazione dei beni di impresa.
Giuridicamente, si tratta di sottoscrivere due contratti, uno di locazione ed uno di opzione di acquisto, evidentemente subordinato alla permanenza “in vita” del connesso contratto di affitto.
Venendo al tema dell’imposta sul valore aggiunto, tale configurazione giuridica degli accordi permette di escludere la ricorrenza della fattispecie menzionata dall’articolo 2, comma 2, numero 2 del DPR 633/1972, ove si afferma che costituiscono altresì cessioni dei beni le locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti.
L’esclusione di cui sopra deriva proprio dal fatto che gli accordi non contengono una clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti, essendo riservato al solo conduttore (purché mantenga tale qualifica onorando il contratto di locazione) il diritto di far valere l’opzione di acquisto ad una certa scadenza.
Pertanto, nella prima fase dell’accordo sarà applicabile la disciplina IVA del contratto di locazione, con la conseguenza che i canoni pagati dal conduttore saranno rilevanti, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, all’atto del pagamento (si ricorda, infatti, che la locazione non è inquadrata, ai fini IVA, come contratto a maturazione periodica che obbliga alla fatturazione a prescindere dal pagamento).
Ove il conduttore decidesse di attivare l’opzione a lui concessa, sarà applicabile la disciplina IVA della cessione; il momento di effettuazione dell’operazione di compravendita immobiliare sorge, ai sensi dell’art. 6, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1 972, quando si perfeziona, per effetto della dichiarazione del titolare dell’opzione stessa, il contratto definitivo.
Se il contratto prevedesse, nelle more della locazione, l’ulteriore obbligo di versamento di quote di acconto prezzo, ai sensi dell’art. 6, comma 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 l’erogazione rappresenta una anticipazione del corrispettivo pattuito e, pertanto, assume rilevanza ai fini IVA, con il conseguente obbligo per il promittente venditore di emettere la relativa fattura con addebito dell’imposta.
L’aliquota applicabile è quella vigente al momento del pagamento dell’acconto e questo potrebbe avere una sua importanza nel caso si tratti di fabbricato a destinazione abitativa. Al riguardo, la risoluzione del 7 dicembre 2000, n. 187, in relazione alle fatture emesse in sede di preliminare, ha precisato che è possibile operare una variazione in diminuzione dell’imposta, ai sensi dell’art. 26 del D.P .R. n. 633 del 1972, a prescindere dal limite temporale di un anno dal momento di effettuazione del l’operazione, qualora l’acquirente, successivamente alla fatturazione degli acconti con aliquota Iva del 10%, ai sensi del n. 127-undecies della Tabella A , parte III, allegata al D.P:R.) sia venuto in possesso all’atto della stipula del contratto definitivo, dei requisiti soggettivi “prima casa” occorrenti per accedere all’aliquota agevolata del 4%.
Per quanto riguarda la corretta determinazione della base imponibile relativa alla cessione dell’immobile, occorre fare riferimento all’articolo 13 del D.P.R. n.633 del 1972, che, al primo comma, stabilisce che la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali.
Il contratto preliminare stabilisce che il prezzo della cessione, così come determinato, deve essere corrisposto al netto di quanto già versato, non solo a titolo di acconti sul prezzo, ma anche per i canoni di locazione, sicché sulla base delle condizioni contrattuali, si ritiene che il corrispettivo da assoggettare ad IVA sia costituito dalla differenza tra il prezzo pattuito (al netto degli acconti sul prezzo) e i canoni di locazione pagati dal conduttore sino all’esercizio dell’opzione di acquisto.
Del resto, i canoni di locazione versati dal conduttore e considerati come acconto sul prezzo di vendita, hanno già avuto la loro rilevanza ai fini del l’IVA (eventualmente anche in regime di esenzione) e·non è consentito assoggettare due volte ad imposizione uno stesso corrispettivo.