Al fine, quindi, di usufruire dell’esenzione da tale imposta, in relazione all’abitazione principale, non è sufficiente il mero dato della residenza risultante dai registri dell’anagrafe, ma occorre anche il rispetto di un dato fattuale: l’immobile deve rappresentare la dimora abituale del contribuente ovvero, secondo quanto chiarito dalla Corte di cassazione, con ordinanza n. 1199/2022, deve essere il luogo in cui questi abita la maggior parte dell’anno (si veda anche Cassazione, ordinanza n. 17408/2021).
Più in particolare, in base a quanto precisato dall’ordinanza n. 3841/2021, pronunciata dalla Suprema Corte, di fronte alla presenza di variegate situazioni che possono verificarsi nella vita di ogni giorno (svolgimento dell’attività lavorativa, in parte in un luogo e in parte in un altro, frequentazione di un corso di studi universitari in località anche distante dalla propria abitazione, etc.), ciò che rileva, ai fini dell’individuazione della residenza, intesa come dimora abituale, è la permanenza in un luogo per un periodo prolungato apprezzabile (c.d. elemento oggettivo), ma tale che non debba essere necessariamente prevalente sotto un profilo quantitativo, dovendo tale elemento coniugarsi con quello altrettanto rilevante, anzi dirimente, dell’intenzione di stabilirvisi stabilmente (c.d. elemento soggettivo), rivelata dalle proprie consuetudini di vita e dalle proprie relazioni familiari e sociali.
Ciò premesso, occorre chiedersi se la concessione in locazione dell’abitazione principale per alcuni periodi dell’anno, avvalendosi di una delle possibili formule contrattuali attualmente esistenti per il c.d. “uso turistico” (ad esempio, locazione breve con finalità turistiche, bed & breakfast, ectc.) sia suscettibile o meno di determinare la perdita del requisito per usufruire dell’esenzione da Imu sopra descritta, con conseguente debenza dell’imposta.
Sul punto, va preliminarmente ricordato che il Ministero dell’economia e delle finanze, nella faq n. 12 del 20.1.2014, aveva chiarito – in relazione al caso di un proprietario di un’abitazione principale che concedeva alcune stanze in locazione a studenti – che “… anche se parzialmente locata, l’abitazione principale non perde tale destinazione e, pertanto, a partire dal 1° gennaio 2014, beneficia dell’esenzione dall’IMU prevista per tale fattispecie …”.
In questo stesso senso, si è poi espressa anche più di recente la CGT di II grado dell’Emilia-Romagna, con la sentenza n. 7/2024.
Pertanto, ad esempio, laddove l’immobile sia utilizzato dal proprietario per l’esercizio di un’attività di bed & breakfast in forma non imprenditoriale, in relazione alla quale la normativa regionale preveda l’obbligo di residenza del proprietario nell’immobile, deve ritenersi che quest’ultimo possa considerarsi esente dall’Imu, in quanto assimilabile alla fattispecie dell’abitazione principale parzialmente locata.
Valutazioni più complesse devono, invece, essere effettuate nel caso in cui l’abitazione principale venga interamente locata per periodi brevi da parte del proprietario, come potrebbe accadere nel caso delle locazioni brevi di cui all’articolo 4, D.L. 50/2017.
In tale casistica, si potrebbe prendere spunto dai chiarimenti contenuti nella sentenza n. 8/2022 pronunciata dalla CTR per l’Abruzzo, secondo la quale “… nel caso in cui gli affitti brevi permettano un uso prevalente della casa come abitazione principale, allora vengono mantenute le esenzioni IMU e TASI come anche gli interessi passivi del mutuo …”.
In altri termini, e in base alla richiamata pronuncia giurisprudenziale, la concessione in locazione breve dell’immobile non determinerebbe automaticamente la perdita del requisito dell’abitazione principale, con conseguente debenza dell’Imu. A tal fine, e onde difendersi in un eventuale controllo fiscale, il contribuente dovrebbe essere in grado di documentare e provare, non senza qualche difficoltà, che la locazione breve sia stata saltuaria nel corso dell’anno e che quell’immobile abbia continuato a rappresentare la propria dimora abituale.
A conclusioni diverse dovrebbe, invece, giungersi nel caso in cui l’immobile risulti “stabilmente” concesso in locazione breve nel corso dell’anno, nel qual caso non dovrebbe più spettare l’esenzione Imu atteso che, pur in presenza del requisito della residenza anagrafica del proprietario, mancherebbe il rispetto del requisito della dimora abituale.
Con l’introduzione del CIN risulta particolarmente delicata la questione e sarebbe quanto mai opportuno un chiarimento ufficiale sul punto, onde evitare pericolosi automatismi nei controlli tributari. Infatti, dal momento che l’articolo 13-ter, comma 1, D.L. 145/2023, stabilisce l’obbligo del CIN, tra gli altri, per le unità immobiliari ad uso abitativo “destinate” a contratti di locazione per finalità turistiche e alle unità immobiliari ad uso abitativo “destinate” alle locazioni brevi, di cui all’articolo 4, D.L. 50/2017, il timore è che la semplice richiesta del CIN possa automaticamente equipararsi alla categorizzazione dell’immobile quale bene stabilmente destinato alla locazione breve/turistica, con conseguente obbligo di pagamento dell’Imu anche per quei casi in cui il proprietario abbia solo occasionalmente concesso in locazione breve l’intero immobile nel corso dell’anno, senza perdere i requisiti della residenza anagrafica e della dimora abituale.