Locazioni brevi: codice del turismo “derogato” dalle Regioni
di Luca CaramaschiIl Codice del Turismo (Decreto Legislativo 23 maggio 2011 n. 79) unitamente alle modifiche apportate al Titolo V della parte seconda del dettato costituzionale, rappresentano i principali riferimenti normativi per le attività turistiche.
È tuttavia nel 2012, che la Corte Costituzionale, con la sentenza n.80 del 25 aprile 2012, in merito alla richiesta di giudizi di legittimità costituzionale avanzati dalle Regioni Toscana, Puglia, Umbria e Veneto, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 1, del citato D.Lgs. n. 79/2011, nella parte in cui dispone l’approvazione dell’articolo 1, limitatamente alle parole “necessarie all’esercizio unitario delle funzioni amministrative” e “ed altre norme in materia”, nonché degli articoli 2, 3, 8, 9, 10, 11, comma 1, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 20, comma 2, 21, 23, commi 1 e 2, 30, comma 1, 68 e 69 dell’allegato 1 del D.Lgs. n. 79/2011.
A seguito della predetta declaratoria di illegittimità, pertanto, viene riconfermata alle Regioni la potestà legislativa in materia di regolamentazione del settore turistico alberghiero ed extra alberghiero, che quindi ad oggi risulta per lo più disciplinata a livello locale da leggi regionali e regolamenti comunali.
Di recente, con un documento appositamente dedicato alla “Fiscalità delle locazioni turistiche” la Fondazione Nazionale dei Commercialisti (FNC), in data 15 giugno 2016, ha fornito utili indicazioni per un corretto inquadramento delle varie fattispecie che caratterizzano il fenomeno delle locazioni di breve durata. La citata circolare osserva come in considerazione della complessità di procedere ad una dettagliata analisi di tutta la diversa normativa regionale vigente in materia, a titolo meramente esemplificativo ed esclusivamente con l’obiettivo di individuare alcune fra le possibili fattispecie esistenti di locazioni turistiche, si è ritenuto utile fare comunque riferimento alle disposizioni recate dal Codice del Turismo, seppure in parte dichiarate costituzionalmente illegittime. In proposito, il documento rileva che sebbene le Regioni abbiano per lo più adottato normative dai contenuti analoghi a quelli riportati nel Codice del Turismo, una esaustiva analisi delle singole fattispecie di locazione turistica può essere effettuata unicamente facendo riferimento alle diverse discipline territorialmente vigenti.
Secondo quanto prevista dal richiamato Codice del Turismo, quindi, l’attività di locazione turistica può essere svolta con le seguenti diverse modalità:
- esercizio di affittacamere (che, ai sensi dell’articolo 12 comma 2 del citato codice, vanno definiti come: “strutture ricettive composte da camere ubicate in più appartamenti ammobiliati nello stesso stabile, nei quali sono forniti alloggio ed eventualmente servizi complementari”);
- bed and breakfast (che, ai sensi del successivo comma 3 dell’articolo 12, vengono definiti come: “strutture ricettive a conduzione ed organizzazione familiare, gestite da privati in forma non imprenditoriale, che forniscono alloggio e prima colazione utilizzando parti della stessa unità immobiliare purché funzionalmente collegate e con spazi familiari condivisi”);
- le unità abitative ammobiliate ad uso turistico, (che, ai sensi dell’articolo 12 comma 5 vanno definite come: “strutture case o appartamenti, arredati e dotati di servizi igienici e di cucina autonomi, dati in locazione ai turisti, nel corso di una o più stagioni, con contratti aventi validità non inferiore a sette giorni e non superiore a sei mesi consecutivi senza la prestazione di alcun servizio di tipo alberghiero” e possono essere gestite in forma imprenditoriale e non imprenditoriale).
Relativamente alle modalità di gestione dei bed and breakfast, il Codice del Turismo specifica che affinché continuino ad essere considerati quale strutture extra-alberghiere, gli stessi possono essere gestiti da privati unicamente in forma “non imprenditoriale” (si veda il già citato articolo 12 comma 3 del Codice del Turismo), posto che qualora vengano organizzati in forma imprenditoriale e gestititi “in modo professionale” devono essere considerate “strutture alberghiere e para-alberghiere” (articolo 9 del Codice del Turismo).
Al contrario, le unità abitative ammobiliate ad uso turistico possono essere gestite sia in forma imprenditoriale che in forma non imprenditoriale, rimanendo in ogni caso qualificate in entrambe le ipotesi come “strutture ricettive extra-alberghiere” (articolo 12 comma 5 del Codice del Turismo). Le stesse, tuttavia, vanno qualificate come “non imprenditoriali”, secondo il medesimo articolo 12 del Codice del Turismo, esclusivamente qualora un medesimo soggetto disponga di un massimo di quattro unità abitative e le gestisca “senza organizzazione in forma di impresa”.
Le unità abitative ammobiliate ad uso turistico, inoltre, possono anche essere gestite in modo indiretto, vale a dire avvalendosi dell’intermediazione di agenzie immobiliari e società di gestione immobiliare turistica, le quali possono intervenire nella locazione turistica o quali mandatarie (con o senza rappresentanza), ovvero quali sub-locatrici.
Sono queste le generali indicazioni che vengono fornite dal legislatore nazionale che, a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale di buona parte degli articoli recati dal Codice del Turismo evidenziata in precedenza, sono confluite, attraverso diverse modifiche, nell’ambito della legislazione regionale e regolamentare comunale.
Uno dei condivisibili chiarimenti di rilievo contenuti nel documento della FNC del 15 giugno scorso attiene al rapporto esistente tra le disposizioni di natura amministrativa contenuto nelle citate norme e la conseguente disciplina fiscale applicabile. Nel documento viene, infatti osservato come il tessuto normativo e regolamentare sia destinato a regolare unicamente i rapporti tra i locatori e le Autorità amministrative locali per il rilascio delle autorizzazioni e la gestione delle attività, senza assumere, tuttavia, alcuna rilevanza specifica sotto il profilo fiscale.
È assai frequente, infatti, che molti operatori che fanno parte del settore delle locazioni turistiche tendono a ritenere che dalle disposizioni di natura amministrativa scaturiscano necessariamente anche dettati normativi aventi valenza in ambito fiscale: in particolare, detti soggetti, al fine di qualificare la propria attività come “imprenditoriale” o “non imprenditoriale”, si uniformano alle indicazioni contenute nei regolamenti regionali, ritenendo che detta qualifica (avente invece natura meramente amministrativa) rilevi automaticamente anche nell’individuazione del regime impositivo applicabile all’attività esercitata.
Proprio per tale motivo, il documento citato ravvisa la necessità di esaminare i profili fiscali delle diverse tipologie di locazione turistica, osservando come, in mancanza di una specifica normativa di riferimento, debba essere operato un richiamo ai principi generali che regolano sia l’ordinamento interno che quello comunitario (soprattutto per attiene al comparto IVA), così come interpretati dalla prassi e dalla giurisprudenza prevalenti. È solo attraverso tale tipo di analisi che sarà possibile, quindi, individuare le condizioni affinché una locazione turistica integri lo svolgimento di una attività di natura imprenditoriale che in quanto tale comporta la necessaria apertura di una partita IVA. In successivi contributi andremo quindi ad analizzare le riflessioni che il citato documento opera sotto il profilo fiscale, tanto con riferimento al comparto IVA che a quello delle imposte dirette.