27 Ottobre 2015

L’OIC 21 applicato alle azioni proprie

di Fabio Pauselli
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Nell’ambito del progetto di restyling che ha interessato i principi contabili nazionali, l’OIC con il principio n. 21 ha fornito una nuova disciplina contabile per le partecipazioni e le azioni proprie, oggetto quest’ultime del presente intervento.

Le azioni proprie sono quelle azioni che la società emittente, solitamente, acquista per varie finalità, ad esempio possono essere acquistate per la riduzione del capitale a mezzo riscatto ed annullamento, per il realizzo sul mercato, eccetera. La società non può acquistare azioni se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. L’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea la quale ne fissa le modalità, il numero massimo di azioni da acquistare, la durata (non superiore ai diciotto mesi) per la quale l’autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo e quello massimo.  In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate dalle società che ricorrono al capitale di rischio può eccedere la quinta parte del capitale sociale, tenendosi conto anche delle azioni possedute da società controllate. Tale limitazione è volta a salvaguardare tutti quei casi in cui, tramite l’interposizione di una società controllata, la controllante potrebbe aggirare i limiti normativi.  Il diritto agli utili sulle azioni proprie viene distribuito proporzionalmente a tutte le altre azioni presenti in circolazione, non potendo essere incassati dalla società.

Le azioni acquistate in violazione delle precedenti limitazioni devono essere alienate secondo modalità da determinarsi dall’assemblea entro un anno dal loro acquisto, pena il dover procedere, senza indugio, al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale. Nel caso in cui l’assemblea non provveda in tal senso, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale ex art. 2446, secondo comma. La limitazione annuale può essere triennale nel caso in cui la società si trovi in uno dei casi previsti dall’art. 2357-bis c.c. e, nello specifico, vengono acquistate azioni proprie:

  • in esecuzione di una delibera assembleare di riduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni;
  • a titolo gratuito sempre che si tratti di azioni interamente liberate;
  • per effetto di successione universale o di fusione o scissione;
  • in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società, sempre che si tratti di azioni interamente liberate.

Le azioni proprie vengono iscritte nell’attivo immobilizzato o non immobilizzato dello stato patrimoniale a seconda che l’organo amministrativo abbia deciso di mantenerle a lungo nel portafoglio o, comunque, per un periodo di tempo che vada oltre l’esercizio in corso oppure che abbia deciso di acquistarle per rivenderle (annullarle) entro breve termine. Al momento dell’acquisto e dell’iscrizione delle azioni proprie dell’attivo dello stato patrimoniale viene iscritta nel patrimonio netto, quale contropartita di pari ammontare, la voce Riserva per azioni proprie in portafoglio.  Nel caso in cui un’impresa controllata detenga azioni della società controllante entro i limiti consentiti dall’art. 2359-bis, c. 3 c.c., tenendo conto anche delle azioni o quote possedute dalla controllante stessa e dalle società da essa controllate, è iscritta tra i conti del patrimonio netto la voce Riserva per azioni dell’impresa controllante in portafoglio. Nel caso in cui si resti in attesa che venga deliberato il corrispondente acquisto di azioni proprie, si accantonerà un’apposita Riserva per acquisto azioni proprie nella voce “A V II – Altre riserve”.

La valutazione iniziale viene effettuata al costo d’acquisto, mentre le valutazioni a chiusura bilancio vengono effettuate:

  • in caso di azioni proprie immobilizzate in base al costo storico, salvo riduzioni nel caso di perdite durevoli di valore;
  • in caso di azioni proprie non immobilizzate in base al minore fra costo e valore presumibile di realizzo secondo l’andamento di mercato.

Il Codice civile dispone, inoltre, che accanto al valore contabile debba essere indicato anche il valore nominale complessivo delle azioni proprie.

Nel caso in cui le azioni proprie in portafoglio vengano annullate, dal confronto tra il valore al quale sono iscritte nell’attivo dello stato patrimoniale e il valore nominale delle azioni stesse (corrispondente parte del capitale sociale) possono derivare tre differenti situazioni:

  1. Valore azioni proprie = valore nominale azioni annullate: l’operazione di annullamento genera l’eliminazione del valore iscritto all’attivo e, per un importo corrispondente, la riduzione del capitale sociale. La riserva azioni proprie in portafoglio diviene interamente disponibile.
  2. Valore azioni proprie > valore nominale azioni annullate: la differenza deve essere coperta mediante la riduzione, per somma corrispondente, della riserva azioni proprie in portafoglio. La parte rimanente diviene disponibile.
  3. Valore azioni proprie < valore nominale delle azioni annullate: la differenza genera, in aggiunta alla libera disponibilità della riserva azioni proprie, una ulteriore riserva anch’essa disponibile.

Invece, nel caso in cui le azioni proprie vengano cedute il corrispondente componente economico, positivo o negativo che sia, generato dalla differenza tra il valore di bilancio e il prezzo di vendita, verrà iscritto nella voce Proventi e oneri finanziari del conto economico. Contemporaneamente, la riserva per azioni proprie in portafoglio tornerà a essere disponibile.