Il medesimo aveva così proposto ricorso dinanzi alla CTP, eccependo la nullità dell’avviso di accertamento per vizio di motivazione, l’erronea applicazione dell’articolo 14, comma 4-bis, L. 537/1993 e l’inerenza dei costi all’attività d’impresa.
Dal canto suo, l’Agenzia aveva precisato di aver emesso l’avviso di accertamento ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, per la rettifica del reddito d’impresa, considerando i costi indeducibili ai sensi del menzionato articolo 14, comma 4-bis, L. 537/1993.
La CTP aveva respinto il ricorso, ma la CTR aveva invece accolto l’appello con cui il contribuente aveva riproposto le medesime doglianze del primo grado, ritenendo non provata l’interposizione fittizia e la partecipazione del ricorrente alla frode.
L’Ufficio ha così presentato ricorso in Cassazione che, investita della questione, ha accolto solamente due (degli otto) motivi indicati, con cui l’Agenzia aveva dedotto la nullità della sentenza impugnata riguardo all’inerenza dei costi della sovra citata fattura per prestazioni di manutenzione e, segnatamente:
– nella parte in cui la CTR aveva accolto l’appello “anche in punto di ripresa a tassazione del costo e dell’Iva” in assenza di totale di motivazione;
– in relazione alla motivazione resa dalla CTR ritenuta “del tutto inconferente, dato che il giudice di appello non ha in alcun modo chiarito le ragioni giuridiche per cui ha ritenuto veri ed attendibili detti costi”.
Ebbene, benché si discutesse della ripresa a tassazione dei costi e dell’Iva portati dalla fattura relativa ai servizi di manutenzione ricevuti, la Cassazione ha osservato come la CTR – sulla base del fatto che l’Ufficio aveva negato che si potessero evincere dal documento fiscale la natura e l’oggetto delle singole prestazioni effettuate – avesse omesso di pronunciarsi sulle eccezioni da quest’ultimo formulate, limitandosi a richiamare il principio di inerenza previsto dall’articolo 109 Tuir.
A tal proposito, la Suprema Corte ha rammentato che “l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra violazione dell’articolo 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che consente alla parte di chiedere – e al giudice di legittimità di effettuare l’esame degli atti del giudizio di merito, nonché, specificamente, dell’atto di appello” (in tal senso, si vedano anche Cass. n. 22759/2014 e Cass. n. 6835/2017).
Come noto, il disposto normativo di cui all’articolo 112 c.p.c. impone al giudice di emettere sentenza su “tutta la domanda e non oltre i limiti di essa”, sicché al medesimo non è consentito pronunciarsi d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti.
Qualora il ricorrente dovesse rilevare un vizio di tale sorta nel provvedimento impugnato, potrà contestarlo esclusivamente in ragione dell’articolo 360, comma 1, n. 4, c.p.c., domandando la declaratoria di nullità della sentenza.
Per tale ragione, nel caso in esame, l’omessa pronuncia sui motivi d’appello da parte della CTR non poteva che inficiare la sentenza impugnata determinandone la nullità.
Alla luce di tali assunti, la Cassazione ha accolto tali due motivi e rigettati gli altri, cassando la sentenza con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per procedere con il riesame e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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