L’omesso reverse charge sulle operazioni interne preclude la detrazione
di Sergio PellegrinoLa Corte di Giustizia, con la sentenza relativa alla causa C-424/12 del 6 febbraio 2014, ha affermato che è indetraibile l’IVA che il destinatario del bene/servizio ha versato, in via di rivalsa, al cedente/prestatore per un’operazione che avrebbe dovuto essere assoggettata a reverse charge.
La questione si è posta in riferimento ai lavori di costruzione e di montaggio di un edificio destinato all’allevamento di suini e ai lavori di ammodernamento di un’azienda di allevamento di suini, rispetto ai quali il prestatore ha emesso alcune fatture per il pagamento di anticipi applicando il regime di inversione contabile.
Successivamente, con una nuova fattura, lo stesso prestatore ha assoggettato ad imposta il valore complessivo dei lavori effettuati, senza però versarla all’Erario in quanto nel frattempo fallito.
L’Amministrazione finanziaria, nel presupposto che l’operazione in esame fosse soggetta a reverse charge, ha recuperato a tassazione l’imposta detratta dal committente.
Di qui la domanda che il giudice del rinvio ha rivolto alla Corte di Giustizia per sapere se le disposizioni della Direttiva n. 2006/112/CE consentano di applicare la sanzione della perdita del diritto di detrazione nel caso in cui:
- la fattura ricevuta dal committente sia stata redatta in modo errato dal prestatore, omettendo l’applicazione del sistema di inversione contabile;
- il committente ha assolto l’IVA addebitata in fattura dal prestatore;
- la correzione dell’errore da parte del prestatore non sia più possibile a seguito del suo fallimento.
L’analisi compiuta dalla Corte UE parte dalla considerazione che la detrazione, per le operazioni soggette a reverse charge, deve essere esercitata nel rispetto delle condizioni previste dall’art. 178, lett. f), della Direttiva n. 2006/112/CE.
In pratica, il soggetto passivo che, in quanto destinatario di un bene/servizio, sia debitore della relativa IVA, non è tenuto, ai fini della detrazione, ad essere in possesso di una fattura redatta in conformità ai requisiti formali previsti dalla normativa comunitaria; per il cessionario/committente, è infatti sufficiente osservare le formalità stabilite dallo Stato membro nell’esercizio della facoltà prevista dalla citata lett. f) dell’art. 178, le quali – nel rispetto del principio di proporzionalità – non devono eccedere quanto strettamente necessario per garantire, allo stesso tempo, la corretta applicazione della procedura di inversione contabile e la riscossione dell’IVA.
Sul punto, i giudici comunitari osservano che la fattura oggetto di contestazione non reca l’indicazione “inversione contabile” e che il committente, oltre a non essersi attivato, come avrebbe dovuto in base alla legislazione nazionale, per regolarizzare l’operazione, ha erroneamente versato al prestatore l’IVA riportata nella fattura, la quale invece avrebbe dovuto essere assolta, dallo stesso committente, mediante il reverse charge.
In definitiva, “oltre al fatto che la fattura controversa non rispetta gli obblighi formali previsti dalla normativa nazionale, non risulta rispettato un presupposto sostanziale del regime dell’inversione contabile”.
Già la sentenza Ecotrade, di cui alle cause C-95/07 e C-96/07 dell’8 maggio 2008, aveva stabilito che, nell’ambito del reverse charge, “il principio di neutralità fiscale esige che la detrazione dell’IVA a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi”.
Nelle circostanze riguardanti il caso di specie, risulta che le violazioni commesse hanno impedito all’Amministrazione finanziaria di controllare l’applicazione del regime del reverse charge, determinando il rischio di perdita fiscale per lo Stato membro interessato.
In base, inoltre, alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, l’esercizio della detrazione è limitato alle imposte dovute, vale a dire alle imposte corrispondenti ad operazioni soggette a IVA o versate in quanto dovute.
Sulla base delle considerazioni che precedono, i giudici comunitari hanno concluso affermando che la detrazione operata dal committente non è legittima perché:
- relativa ad una imposta che non doveva essere pagata, in via di rivalsa, al prestatore;
- non ha rispettato un presupposto sostanziale del sistema di inversione contabile.
Il committente, nei confronti del quale venga negata la detrazione, in conformità al diritto nazionale, può agire nei confronti del prestatore per ottenere la restituzione dell’imposta indebitamente corrisposta a titolo di rivalsa.