Luci ed ombre nella gestione fiscale di una asd
di Guido MartinelliPur non essendo una riforma di carattere “fiscale”, quella sulle attività sportive dilettantistiche, lascia irrisolti molti quesiti di carattere fiscale.
Il principale è sicuramente il rapporto tra attività principale – individuata dall’esercizio “in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche” – e le attività secondarie e strumentali di cui all’articolo 9, D.Lgs. 36/2021. Quest’ultime sono “diverse da quelle principali” e devono avere “carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali”. Tra le attività diverse vengono espressamente compresi i ricavi quali:
- le sponsorizzazioni;
- la cessione dei diritti sulle prestazioni degli atleti;
- la gestione di impianti e strutture sportive.
Premesso questo, dobbiamo ricordare che l’articolo 148, comma 3, Tuir, de-commercializza le prestazioni “svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali”. Se per le prestazioni di sponsorizzazione o di somministrazione (o vendita prodotti) il tema non appare di interesse – in quanto il provento era da considerare di carattere commerciale (alla luce di quanto previsto dal comma quarto della medesima norma) – di maggior interesse risulta essere, invece, il ragionamento sottostante ai proventi legati alla gestione di impianti o alla cessione di diritti degli atleti. È pacifico domandarsi se tali proventi – essendo ora ex lege riconducibili ad attività diverse da quelle sportive – potranno continuare a godere della applicazione sui ricavi della non imponibilità ai fini dei redditi e dell’iva (diritto pacificamente riconosciuto in passato anche dalla stessa Agenzia delle entrate, ma sempre in periodo antecedente l’approvazione della disciplina in esame).
Diventa ovviamente auspicabile che, sul punto, intervenga nuovamente la prassi amministrativa. Quello che è certo è che trattasi comunque di prestazioni connesse a quelle di carattere istituzionale e, pertanto, anche ove si giungesse a ritenerle commerciali, rientrerebbero comunque nel campo di applicazione della L. 398/1991.
La circostanza, poi, che da quando sarà operativo il titolo decimo del codice del terzo settore, le società sportive iscritte al Runts dovranno necessariamente considerare questi proventi come commerciali (non potendo applicare più l’articolo 148, comma 3, Tuir), porta a ritenere, fino a quando non dovesse giungere una auspicata conferma di de-fiscalizzazione di detti proventi, che anche le società sportive iscritte al Runts collochino, in via prudenziale, tali proventi tra quelli di natura commerciale.
Non aiuta, sul punto, la previsione dell’articolo 2 D.M. 19.05.21 n. 107 (in materia di enti del terzo settore) che considera proventi da attività secondaria tutti quelli che: “indipendentemente dal loro oggetto, sono esercitate dall’ente del Terzo settore, per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dall’ente medesimo.”
A sostegno, invece, dell’applicabilità della norma di favore, appare la previsione del comma 3 dell’articolo 36, D.Lgs. 36/2021, che espressamente prevede l’applicabilità dell’articolo 148, comma 3, Tuir, alla cessione dei contratti di lavoro subordinato sportivo degli atleti.
Ma vi è anche un altro passaggio foriero di “tempesta”. Infatti, nella definizione dei contenuti dell’oggetto sociale, il legislatore della riforma ha aggiunto il termine “gestione” che non era presente nella definizione abrogata (contenuta nell’articolo 90, L. 289/2002) che parlava esclusivamente di organizzazione di attività sportiva dilettantistica.
L’aggiunta nell’oggetto sociale del termine gestione rischia, anche qui in assenza di chiarimenti ministeriali, di far considerare “non sportivi” tutti gli enti che, fino ad oggi, si sono limitati ad organizzare gare a cui partecipano tesserati di altri club o enti che gestiscono solo gli ingressi (alla piscina o alla palestra), ma che non organizzano all’interno alcun tipo di attività propria (di carattere corsistico o agonistico).
Ma un altro tema in chiaroscuro è la disciplina fiscale della cessione dei contratti e dei premi di addestramento e formazione tecnica previsti e disciplinati dall’articolo 31, comma 2, D.Lgs. 36/2021.
Il comma 3, dell’articolo 36, D.Lgs. 36/2021 – disciplinando il trattamento fiscale dei compensi sui contratti di cessione dei diritti sulle prestazioni degli atleti (assoggettandoli ad iva ma ritenendo, per le dilettantistiche, applicabile la defiscalizzazione sopra descritta) – fa espresso riferimento all’articolo 26, comma 2, D.Lgs. 36/2021, ossia alla cessione dei contratti di lavoro sportivo subordinato. Stante il carattere tassativo delle agevolazioni, sarebbe importante chiarire se la medesima disciplina fiscale potrà essere applicata anche alle cessioni di contratti nella forma della collaborazione coordinata e continuativa.
Il comma 4, dell’articolo 36, D.Lgs. 36/2021, considera operazioni “equiparate alle operazioni esenti” l’erogazione dei premi di addestramento. Prima domanda banale. In proiezione futura, saranno in molto poche, ma la sportiva senza partita iva per “versare” il premio la dovrà “aprire”?.
La norma poi chiarisce che il premio, qualora sia percepito da enti dilettantistici che abbiano optato per la L. 398/91 “non concorre alla determinazione del reddito di tali enti”. Si ritiene, più per buon senso che per interpretazione letterale della norma, che se il premio si dovrà considerare “non imponibile” per gli enti che abbiano optato per la disposizione da ultimo citata, non può che giungersi alla medesima conclusione anche per le altre Asd o Ssd che per fatturato (o per scelta) abbiano scelto di non optare per tale regime forfettario. Ma anche su questo speriamo arrivi chiarezza.