Luogo di destinazione dei beni e di identificazione del cessionario
di Marco PeiroloNei rapporti commerciali con le imprese estere può accadere che la società ALFA, stabilita nel Paese UE 1 (es. Spagna), si approvvigioni presso società stabilite nel Paese UE 2 (es. Germania), mentre il suo principale mercato di riferimento sia quello italiano.
Di regola, ALFA effettua operazioni triangolari comunitarie, in quanto acquista dai fornitori tedeschi, facendo spedire i beni direttamente ai clienti italiani in esecuzione di una vendita.
Può, pero, capitare che ALFA acquisti la merce dai fornitori tedeschi e, non avendo ancora un cliente finale, ordini comunque la spedizione in Italia presso la società BETA, che fornisce un servizio di magazzinaggio; tale società tiene la merce in deposito sino a che ALFA non individua il cliente finale.
In riferimento a quest’ultima casistica, occorre verificare se ALFA, società di diritto spagnolo, sia tenuta ad identificarsi ai fini Iva in Italia e se sia corretto che ALFA emetta fattura senza applicazione dell’Iva italiana, con obbligo del cliente nazionale, titolare di partita Iva, di assolvere l’imposta con il meccanismo del reverse charge.
Nella fattispecie in esame, si tratta allora di considerare distintamente la fase di acquisto da parte di ALFA con invio diretto dei beni a BETA a partire dalla Germania rispetto alla fase successiva di vendita dei beni già esistenti in Italia nei confronti del cliente finale.
Sulla base della normativa Iva, è possibile ritenere che ALFA, per i beni movimentati dalla Germania all’Italia, effettua un acquisto intracomunitario soggetto a Iva in Spagna ai sensi dell’art. 21 della Direttiva n. 2006/112/CE, con la conseguenza che ALFA non è tenuta ad aprire una posizione Iva in Italia nonostante i beni siano ivi spediti prima di essere venduti al cliente finale.
Tale soluzione si desume dagli articoli 40 e 41 della Direttiva n. 2006/112/CE, secondo i quali “è considerato luogo di un acquisto intracomunitario di beni il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente” (articolo 40), restando tuttavia inteso che “il luogo di un acquisto intracomunitario di beni (…) si considera situato nel territorio dello Stato membro che ha attribuito il numero di identificazione Iva con il quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto, a meno che l’acquirente provi che tale acquisto è stato assoggettato all’Iva conformemente all’articolo 40” (articolo 41).
In pratica, l’acquisto intracomunitario si considera effettuato nel luogo di arrivo dei beni, ma se il cessionario non è ivi identificato ai fini Iva, l’acquisto intracomunitario è imponibile nel Paese membro in cui il cessionario è identificato (articolo 41).
Affinché, pertanto, l’operazione sia tassata in Italia (Paese di arrivo dei beni), il cessionario spagnolo deve essere ivi identificato. In difetto, ossia in assenza di identità territoriale tra il luogo di destinazione dei beni e il luogo di identificazione del cessionario, l’acquisto intracomunitario è imponibile in Spagna, vale a dire nel Paese di ove il cessionario stesso è identificato.
Il rapporto tra la regola (articolo 40) e la deroga (articolo 41) è ben delineato dall’articolo 42 della Direttiva n. 2006/112/CE, secondo cui “l’articolo 41, primo comma, non si applica e si considera che l’acquisto intracomunitario di beni sia stato assoggettato all’IVA conformemente all’articolo 40, qualora siano soddisfatte le condizioni seguenti: a) l’acquirente dimostri di avere effettuato l’acquisto ai fini di una successiva cessione, effettuata nel territorio dello Stato membro determinato conformemente all’articolo 40, per la quale il destinatario sia stato designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197; b) l’acquirente abbia soddisfatto gli obblighi relativi alla presentazione dell’elenco riepilogativo previsti all’articolo 265”.
In sostanza, ed in coerenza all’articolo 40, comma 2, primo periodo, del D.L. 331/1993, l’eccezione dell’articolo 41 della Direttiva n. 2006/112/CE, volta ad escludere che l’operazione resti detassata, non si applica se il cessionario spagnolo è in grado di dimostrare che i beni sono stati acquistati dal fornitore tedesco per essere ceduti al cliente italiano nell’ambito di una triangolazione comunitaria; sicché, in questa ipotesi, è ripristinata la regola generale dell’imposizione nel luogo di destinazione finale dei beni, cioè l’Italia (articolo 40 della Direttiva n. 2006/112/CE), che consente all’operatore spagnolo di evitare l’imponibilità in Spagna dell’acquisto intracomunitario.
Ne discende che, nella fattispecie in esame, in cui i beni giungono in Italia senza essere ceduti al cliente finale nazionale, ALFA effettua un acquisto intracomunitario soggetto a Iva in Spagna e non è, pertanto, tenuta ad aprire una posizione Iva nel nostro Paese.
Si tratta di una conclusione favorevole alla società spagnola, anche perché l’identificazione non è richiesta nella successiva fase di cessione dei beni al cliente finale, cioè per addebitare l’imposta in fattura, avuto riguardo al contenuto dell’articolo 17, comma 2, del D.P.R. 633/1972, in base al quale l’Iva relativa alle operazioni territorialmente rilevanti in Italia deve essere assolta dal cessionario, se soggetto passivo ivi stabilito.
Quest’ultimo, in particolare, applica la procedura di integrazione di cui agli articoli 46 e 47 del D.L. 331/1993 ove il cedente sia, come nella specie, residente in altro Stato membro. Del resto, la stessa Agenzia delle Entrate ha confermato in più occasioni che, in conformità all’articolo 219-bis della Direttiva n. 2006/112/CE, l’inversione contabile è obbligatoria anche se l’operatore non residente è identificato ai fini Iva in Italia direttamente, ex articolo 35-ter del D.P.R. 633/1972, ovvero per mezzo del rappresentante fiscale (si veda, da ultimo, la risoluzione n. 21/E/2015).