21 Giugno 2021

L’utilizzo di documentazione extracontabile acquisita irritualmente

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Un argomento di particolare interesse riguarda la legittimità dell’acquisizione di documentazione extracontabile da parte dei verificatori, rinvenuta in modo irrituale nella fase endoprocedimentale, ossia senza alcuna autorizzazione dell’autorità giudiziaria ma con il consenso della parte, e successivamente utilizzata dai medesimi a conforto della pretesa impositiva riportata nell’avviso di accertamento, notificato al contribuente.

A tale proposito, l’articolo 52, comma 3, D.P.R. 633/1972 prevede che: “in caso di accesso, di ispezioni e verifiche sia sempre necessaria l’autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina per procedere durante l’accesso a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all’art. 103 c.p.p.”.

Tale disposizione, però, non è di facile interpretazione. Infatti, la giurisprudenza registra decisioni contrastanti e divergenti, in particolar modo in ordine alla questione se il consenso, manifestato dal contribuente o da soggetti in vario modo collegati allo stesso, possa sanare le acquisizioni probatorie eseguite senza la prescritta autorizzazione dell’autorità giudiziaria.

Premesso ciò, un primo orientamento giurisprudenziale ha evidenziato che: “in caso di accesso domiciliare senza autorizzazione, 1) la mancata opposizione del contribuente non equivale a consenso all’accesso né rende legittimo un accesso operato al di fuori delle previsioni legislative, comunque, 2) perché l’eventuale consenso o dissenso dello stesso contribuente all’accesso, legittimo od illegittimo che sia, è del tutto privo di rilievo giuridico non essendo richiesto e/o preso in considerazione da nessuna norma di legge” (Cass. Civ., n. 19689/2004).

La Suprema Corte ha, successivamente, precisato che: “d’altra parte, i superiori principi non possono essere derogati per effetto della consegna spontanea della documentazione da parte del contribuente ove si consideri che secondo questa Corte essa non può (…) rendere legittimo un accesso operato al di fuori delle previsioni legislative e, comunque, perché l’eventuale consenso o dissenso dello stesso contribuente all’accesso, legittimo od illegittimo che sia, è del tutto privo di rilievo giuridico non essendo richiesto e/o preso in considerazione da nessuna norma di legge” (Cass. Civ., n. 14701/2018).

In altre parole, sia il consenso espresso che la mancata manifestazione di un dissenso del contribuente o di terzi rispetto all’esercizio di una attività ispettiva eseguita al di fuori delle garanzie predisposte dal legislatore a tutela del contribuente non hanno efficacia sanante del vizio procedimentale.

Il secondo orientamento giurisprudenziale prevede che l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria sia richiesta esclusivamente nel caso di “apertura coattiva” e non anche quando ci sia la collaborazione del contribuente.

In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 737/2021, ha precisato che: “è legittima l’acquisizione di documentazione custodita all’interno di una borsa rinvenuta in sede di verifica fiscale laddove l’apertura della stessa è avvenuta sia pur non spontaneamente, comunque volontariamente.

In altre parole, la mancata contestazione da parte del contribuente in sede di chiusura del processo verbale di constatazione consente di superare la mancanza dello strumento di garanzia (il controllo dell’autorità giudiziaria) specificamente previsto dall’articolo 52, comma 3, D.P.R. 633/1972.

In questo caso sarà necessaria la preventiva informazione al contribuente della possibilità di farsi assistere da un professionista, come previsto dall’articolo 12, comma 2, L. 212/2000.

Per cercare di dirimere la questione, recentemente, la Cassazione, con la sentenza n. 10664/2021, ha rimesso gli atti al Presidente per valutare la possibilità di assegnare la questione alle Sezioni Unite al fine di prendere posizioni sulle argomentazioni controverse.

In particolare la Corte, a Sezione Unite, dovrà cercare di fare chiarezza “se, in caso di apertura della valigetta reperita in sede di accesso, la mancanza di autorizzazione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, articolo 52, comma 3, possa essere superata dal consenso prestato dal titolare del diritto; se, nel caso in cui si dia risposta positiva alla prima questione, il consenso può dirsi libero ed informato anche qualora l’amministrazione finanziaria non abbia informato il titolare del diritto della facoltà, di cui alla L. 212 del 2000, articolo 12, comma 2, di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi della giustizia tributaria; se, infine, l’eventuale inosservanza del suddetto obbligo di informazione ed il conseguente vizio del consenso del titolare del diritto comporti l’inutilizzabilità della documentazione acquisita in mancanza della prescritta autorizzazione”.