24 Aprile 2017

Il magazzino in Italia configura una stabile organizzazione materiale

di Marco Bargagli
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L’articolo 162 del Tuir, contiene la disciplina sostanziale di riferimento relativa alla stabile organizzazione in Italia da parte di un soggetto non residente. Nello specifico, ai fini delle imposte sui redditi, l’espressione stabile organizzazione designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita, in tutto o in parte, la sua attività sul territorio dello Stato.

In particolare, per espressa disposizione normativa, l’espressione stabile organizzazione comprende: una sede di direzione; una succursale; un ufficio; un’officina; un laboratorio; una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformità al diritto internazionale consuetudinario e alla legislazione nazionale relativa all’esplorazione e allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo e alle risorse naturali.

Nel modello domestico, un cantiere di costruzione o di montaggio o di installazione, ovvero l’esercizio di attività di supervisione connesse, è considerato stabile organizzazione soltanto se tale cantiere, progetto o attività ha una durata superiore a 3 mesi. Di contro, nel modello OCSE di convenzione, la regola di permanenza del cantiere di costruzione e montaggio è pari a 12 mesi.

Ai fini Iva, l’articolo 9 della Direttiva 77/388/CEE prevedeva che: “Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale”.

Successivamente, l’articolo 11 del Regolamento 282/2011/UE, ha fornito una nuova definizione di stabile organizzazione, prevedendo che tale termine designi una qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica definita dall’articolo 10 dello stesso Regolamento, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e di una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici necessari a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione.

A livello internazionale, l’articolo 5, paragrafo 1, del modello di convenzione OCSE, definisce la stabile organizzazione come una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa esercita, in tutto o in parte, la sua attività in un determinato territorio.

Ai fini reddituali, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del citato modello OCSE, se l’impresa di uno Stato contraente svolge la propria attività in un altro Stato per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata, gli utili da essa conseguiti sono imponibili, oltre che nello Stato di residenza, anche nello Stato della fonte, ma unicamente nella misura in cui siano attribuibili alla stabile organizzazione stessa.

Anche la giurisprudenza di legittimità è tornata recentemente ad esprimersi sul concetto di stabile organizzazione.

In particolare la suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4576 del 22 febbraio 2017, ha accolto la tesi proposta da parte dell’Agenzia delle Entrate, confermando la stabile organizzazione in Italia di una società estera nell’ipotesi in cui venga rilevata la presenza, sul territorio dello Stato, di un magazzino utilizzato dalla stessa per l’attività di trasporto merci, a nulla rilevando la circostanza che tutta la contrattualistica che regola i rapporti economici in rassegna sia stata stipulata oltre frontiera.

Già in passato, sulla base di un consolidato orientamento, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che la nozione di stabile organizzazione di una società estera in Italia deve essere desunta dal combinato disposto dell’articolo 5 del modello di convenzione OCSE e dell’articolo 9 della direttiva CEE n. 77/388 del Consiglio datata 17 maggio 1977.

In merito, un centro di attività stabile che caratterizza la stabile organizzazione materiale, viene definito come una struttura dotata di risorse materiali e umane e può essere costituito anche da un’entità dotata di personalità giuridica alla quale la società straniera abbia affidato, anche di fatto, la cura di affari con esclusione tuttavia delle attività di carattere meramente preparatorio o ausiliario, rientranti nella c.d. “negative list”.

Inoltre, la prova dello svolgimento di un’attività stabile da parte del soggetto economico può essere ricavata, oltre che dagli elementi giuridici previsti dall’articolo 5 del modello di convenzione OCSE, anche sulla base di ulteriori elementi di fatto, quali l’identità delle persone fisiche che agiscono per l’impresa straniera e per quella nazionale, ovvero la partecipazione a trattative ossia alla stipulazione di contratti, indipendentemente dal conferimento di poteri di rappresentanza.

In definitiva, i presupposti ritenuti necessari per l’esistenza di una stabile organizzazione materiale sono i seguenti:

  • l’esistenza di una sede d’affari, intendendo con tale locuzione tutti i locali, le infrastrutture e simili, utilizzati per l’esercizio dell’attività industriale o commerciale della società estera, a prescindere dal fatto che questi siano utilizzati esclusivamente a tale fine;
  • la circostanza che tale sede sia caratterizzata dai caratteri della fissità e della permanenza;
  • il fatto che l’impresa non residente svolga, in tutto o in parte, la propria attività per mezzo di tale sede fissa d’affari.

Tali concetti giuridici sono stati ripresi dalla recente sentenza della Cassazione la quale, accogliendo il ricorso formulato da parte dell’Amministrazione finanziaria, ha testualmente evidenziato che: “l’esistenza della stabile organizzazione fu ipotizzata dall’Amministrazione finanziaria sulla base di elementi oggettivi corroborati dall’esistenza di significativi legami di natura soggettiva, il cui complessivo esame è stato del tutto omesso dalla Commissione tributaria regionale, che si fermata al dato formale che gli autotreni … omissis .. furono acquistati in Francia e sempre in Francia furono conclusi i contratti con i clienti della società. Ma tali elementi non valgono, per ciò solo, a confinare, come invece si sostiene nel contro ricorso, l’attività svolta in Italia dalla società a mezzo del suo legale rappresentante a una attività meramente “preparatoria e ausiliaria” rispetto a quella svolta all’estero. In questo senso, la pluralità degli elementi, soggettivi e oggettivi, indicati dall’Amministrazione finanziaria hanno carattere decisivo della lite, in quanto in astratto idonei a giustificare una conclusione diversa da quella assunta nella sentenza impugnata.

 

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