Quando il magazzino è una stabile organizzazione
di Fabio LanduzziLa recente sentenza della Corte di Cassazione n. 4576/2017, affrontando un caso di presunta sussistenza in Italia di una stabile organizzazione di una società estera, ha cassato con rinvio alla competente Commissione tributaria regionale la precedente sentenza del giudice di appello, ritenendo che vi fossero “elementi soggettivi ed oggettivi indicati dall’Amministrazione finanziaria” tali da essere “in astratto idonei a giustificare una conclusione diversa da quella assunta nella sentenza impugnata”.
Da quanto è dato evincersi dal testo della sentenza, la società estera a cui viene contestata la presenza in Italia di una propria stabile organizzazione svolgeva attività di trasporto merci disponendo indirettamente di un magazzino di stoccaggio in Italia.
Il passaggio chiave della sentenza, che ha indotto la Suprema Corte ad accogliere il ricorso delle Entrate, sembra potersi cogliere nel punto in cui viene ritenuto che siano stati evidenziati dalla stessa Amministrazione dei “significativi legami di natura soggettiva, il cui complessivo esame è stato del tutto omesso dalla Commissione tributaria regionale”; quest’ultima, secondo i giudici della Cassazione, si sarebbe perciò fermata al dato meramente formale che nel caso di specie era costituito dal fatto che i cespiti utilizzati per l’attività nel territorio italiano erano acquistati direttamente dalla società estera e che sempre detta società era la sola a stipulare i contratti con i clienti. Diversamente, a parere della Corte, legami soggettivi ed oggettivi fra la compagine sociale e l’amministratore della società estera con altre imprese residenti che operavano nella sua stessa orbita, unitamente al rinvenimento nella sede di queste società di documentazione – per la verità non precisata nel testo della sentenza – riferita alla società estera, sono stati ritenuti indizi che i giudici dell’appello avrebbero dovuto considerare nella loro valutazione, senza perciò fermarsi agli aspetti strettamente formali.
Ebbene, il contenuto di questa sentenza che, come peraltro avviene sempre quando si tratta di giudicare una situazione di fatto quale è la sussistenza o meno di una stabile organizzazione nel territorio italiano, non deve però portare a derive interpretative generali riferite al rischio di “mis-qualificazione” di forme di attività in Italia di soggetti esteri che fanno uso, proprio nell’ambito di questa porzione di attività svolta nel territorio nazionale, di strutture logistiche fisse (ad esempio, un magazzino). Al riguardo, basti ricordare l’importante arresto rappresentato dalla risoluzione AdE 4/E/2017 con cui il Fisco ha riconosciuto che un mero centro di immagazzinamento e distribuzione di beni costituito in Italia da parte di un’impresa non residente, quando si limita a svolgere attività solo di “deposito, di esposizione o di consegna di merci” (il cd. “hub logistico”) non costituisce ai fini dell’articolo 162 del Tuir una stabile organizzazione del soggetto estero nel territorio italiano.
Va ricordato che in quella sede fu anche chiarito che l’affidamento in gestione a terzi dell’hub logistico localizzato in Italia attraverso un contratto di servizi non è di per sé rilevante ai fini della qualificazione dell’esistenza o meno della stabile organizzazione. Lo stesso documento di prassi, inoltre, pone poi alcune condizioni specifiche perché il centro logistico non si qualifichi stabile organizzazione del soggetto estero.
Ma il caso del deposito in Italia del soggetto estero non è nuovo; la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 40327/2014, ebbe a riconoscere che lo stoccaggio di prodotti presso un magazzino ubicato in Italia volto alla loro spedizione ai clienti, senza che tale attività sia accompagnata da decisioni imprenditoriali o altre prove di autonomia nella accettazione degli ordini, nella gestione dei reclami dei clienti e nella definizione di quantità e qualità delle merci da spedire ai clienti, non costituisce di per sé una stabile organizzazione in Italia del soggetto estero, quanto sia dimostrato che le decisioni imprenditoriali sono assunte dalla società stessa, mentre in Italia permane una fase meramente esecutiva.