Management fees deducibili quando non c’è autonoma organizzazione
di Fabio LanduzziNei gruppi societari è molto frequente che siano identificati dei “centri di servizio”, spesso coincidenti con la società capogruppo svolgente la funzione di holding, dotati di risorse tecniche e di personale idoneo a prestare servizi di vario genere a supporto ed a favore delle imprese appartenenti al gruppo stesso. Gli obiettivi di queste strutture consistono normalmente nel:
- ottimizzare la gestione di alcuni servizi di supporto rendendo disponibili a ciascuna impresa competenze e risorse adeguate;
- conseguire economie di scala;
- garantire alle imprese del gruppo l’erogazione di servizi in modo continuativo;
- coordinare in modo efficiente le attività delle singole imprese;
- evitare disfunzioni ed inefficienze.
Nella prassi è frequente che accordi di questo tipo siano considerati come forme di ripartizione infragruppo di c.d. “spese di regia”. L’Amministrazione finanziaria (Circolare n. 271/E/1997) ha già avuto modo di precisare che una pregiudiziale negazione del riconoscimento giuridico di questi contratti sarebbe inadeguata in quanto non considererebbe la realtà economica dei gruppi multinazionali. Lo stesso concetto è stato espresso in numerose circostanze anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (ad esempio: sentenza n.14016/1999, sentenza n.10062/2000, sentenza n.6939/2008).
Tuttavia, non di rado la deduzione di queste spese in capo alla impresa italiana che le sostiene, tanto ai fini delle imposte sul reddito quanto ai fini della detrazione dell’Iva corrispondentemente assolta, è oggetto di contestazione in caso di verifica fiscale, sulla base della presunta carenza del requisito di inerenza delle stesse, ovvero di non idonea documentazione delle spese rispetto alla prova della loro utilità per l’impresa che le sostiene mediante l’addebito da parte della capogruppo.
Una fattispecie di questo tipo è stata oggetto di una recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (n. 123/2015 depositata il 20 gennaio 2015), facente seguito all’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a cui si contestava, appunto, la deduzione di tali spese nel presupposto che la documentazione prodotta dalla società non consentisse in modo sufficiente di ritenere provati i requisiti necessari per la deducibilità dei costi.
La CTR della Lombardia, nel confermare la sentenza di primo grado, sottolinea alcuni aspetti decisivi nell’orientare il proprio giudicato e quindi riconoscere la legittimità della piena deduzione delle spese per l’impresa italiana come pure dell’Iva assolta sulle relative fatture:
- presso l’organizzazione dell’impresa italiana che riceveva dalla casa madre le prestazioni oggetto del contratto (cd. Cost contribution agreement) non esistevano risorse in grado di svolgere compiutamente le attività prestate appunto dalla capogruppo;
- i servizi resi dalla capogruppo non rappresentavano una mera duplicazione delle attività già svolte internamente dall’impresa italiana, in particolare con riguardo ai servizi pubblicitari, alla consulenza, alla gestione contabile, ecc.;
- le spese addebitate soddisfacevano i requisiti previsti dalle Linee Guida Ocse in materia di prezzi di trasferimento in quanto le prestazioni fornite generavano presso l’impresa italiana una effettiva utilità e non si riducevano a semplici attività svolte nell’interesse dell’azionista;
- riguardo ad alcune funzioni strategiche svolte dalla capogruppo, è stata dimostrata la costante partecipazione dei rappresentanti della società estera alle riunioni del management e degli organi direttivi e consultivi dell’impresa italiana.
Pertanto, alla luce delle considerazioni così sintetizzate, la CTR della Lombardia ha riconosciuto la sussistenza del requisito di inerenza della spese, anche ai fini della detrazione dell’Iva assolta, richiamando anche i principi espressi dalla Cassazione nella sentenza n. 16840/2014.