10 Settembre 2015

Manutenzione di beni di terzi: trattamento fiscale

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Il trattamento ai fini civilistici e fiscali delle spese di manutenzione e riparazione è diverso a seconda della titolarità del bene cui le spese afferiscono, nel senso che la disciplina relativa alle spese sostenute su beni di proprietà diverge da quella applicabile alle spese sostenute su beni di terzi in forza di contratti di locazione, di affitto, di comodato e di leasing. Per quanto concerne i beni in proprietà le spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento e trasformazione sono disciplinate, ai fini delle imposte sui redditi, dall’art. 102, co. 6 TUIR. La norma fa riferimento alle spese che non risultino imputate ad incremento dei beni, infatti, come noto, tali spese, al ricorrere di certe condizioni, possono essere capitalizzate sul valore del bene cui si riferiscono. Tale distinzione non è tuttavia direttamente considerata dal TUIR, ma demandata alla corretta applicazione dei principi contabili ed in particolare del documento Oic n. 16, che ben chiarisce la distinzione fra spese straordinarie di natura incrementativa e spese ordinarie. In particolare, le spese incrementative rappresentano quelle spese che vanno ad aumentare il valore del bene aumentandone la produttività o la vita utile, mentre le spese di manutenzione ordinaria rappresentano spese di natura ricorrente che servono a mantenere i beni in buono stato di funzionamento. La differente natura delle spese fa sì che queste siano civilisticamente allocate in differenti “zone” del bilancio:

  • ad aumento del valore delle immobilizzazione nell’attivo dello S.P. se aventi natura straordinaria ed incrementativa dei beni su cui sono effettuate;
  • fra i costi del CE se individuate come manutenzioni ordinarie.

Dopo avere proceduto ad effettuare la suddetta distinzione nel bilancio di esercizio secondo i corretti principi contabili, il TUIR dispone come trattare le poste in oggetto dal punto di vista fiscale:

  • le spese capitalizzabili si sommano al valore del bene cui si riferiscono e vengono dedotte secondo l’ordinario procedimento di ammortamento effettuato sul bene. La quota viene calcolata sul valore del bene maggiorato della spese incrementative (non essendo possibile, come chiarito dalla circolare n. 98/2000 che la spesa costituisca un cespite autonomo);
  • le spese ordinarie vengono invece dedotte integralmente nell’esercizio, salvo il superamento del limite del 5% imposto dal già citato art. 102, co. 6.

Tale norma dispone che le spese non capitalizzate possano essere integralmente dedotte nell’esercizio di sostenimento a condizione che l’ammontare delle spese non superi il limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta dall’inizio dell’esercizio dal libro cespiti. In caso di superamento del predetto limite l’eccedenza risulta deducibile in quote costanti nei cinque esercizi successivi a quello di sostenimento.

Le spese di manutenzione relative a beni strumentali oggetto di locazione (ossia beni di terzi), sono sottratte all’applicazione dell’art. 102 e sono deducibili dal locatario che provvede al loro sostenimento, qualora ciò chiaramente sia stabilito dal contratto di locazione. Infatti nel caso in cui il locatario sostenga sull’immobile oggetto di locazione spese di manutenzione ordinaria queste saranno dedotte integralmente nell’esercizio di sostenimento; in tal senso, non essendo applicabile la disciplina di cui all’art. 102 TUIR non risulta essere apposto il limite del 5% vigente per le spese di manutenzione ordinaria sui beni in proprietà. Qualora invece la spesa sostenuta abbia carattere pluriennale il testo unico non dispone alcuna norma specifica, dunque la deduzione avverrà in più esercizi ai sensi dell’art. 108, co. 3 TUIR (si veda anche risoluzione n. 179/2005).

La spesa risulta dunque deducibile in base ai criteri civilistici per la parte imputabile ad ogni esercizio (vedi circolare n. 73/1994). Il documento Oic n. 24 in riferimento alla voce B.I.7 “Altre immobilizzazioni immateriali” così precisa: “I costi sostenuti per migliorie e spese incrementative su beni presi in locazione dall’impresa (anche in leasing) sono capitalizzabili e iscrivibili in questa voce se le migliorie e le spese incrementative non sono separabili dai beni stessi (ossia non possono avere una loro autonoma funzionalità); altrimenti sono iscrivibili tra le “Immobilizzazioni materiali” nella specifica categoria di appartenenza. L’ammortamento di tali costi si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione, tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo se dipendente dal conduttore”. Ne deriva che, qualora ai fini civilistici si sia tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo del contratto di locazione commerciale, anche ai fini fiscali l’ammortamento risulterà deducibile in tale maggior arco temporale, fermo restando che, in caso di mancato rinnovo, le quote residue si renderanno interamente deducibili nell’esercizio in cui si verificherà la cessazione del rapporto (risoluzioni n. 10.07.1982, n. 9/2980 e 27.12.1983, n. 9/400).