Manutenzioni su fabbricati abitativi: nuovi limiti all’aliquota ridotta?
di Roberto CurcuL’articolo 7, L. 488/1999, prevede la possibilità di applicare l’aliquota del 10% per le prestazioni di servizi inerenti agli interventi di recupero su fabbricati a prevalente destinazione abitativa; tale norma fu introdotta nel 2000 grazie ad una sopravvenuta disposizione della Direttiva Iva che consentiva di agevolare determinate prestazioni di servizi ad alta incidenza di manodopera. Tra queste operazioni agevolabili risulta la “riparazione e ristrutturazione di abitazioni private, esclusi i materiali che costituiscono una parte significativa del valore del servizio reso”.
La norma nazionale è molto scarna, ma l’Amministrazione finanziaria ha fornito importanti indicazioni con la circolare n. 71/E/2000 prima e circolare n. 15/E/2018 poi, salvo poi dare indicazioni contraddittorie con le circolari n. 37/E/2015, circolare n. 27/E/2016, smentite poi in forma “privata” dalla risposta ad interpello n. 954-375/2017 prima ed in forma “pubblica” dalla risposta ad interpello n. 21/2021 successivamente.
Ora, avendo chiari quasi tutti i concetti relativi a tale agevolazione, così come illustrati dall’Amministrazione finanziaria, giungono due sentenze della Corte di Giustizia UE che – interpretando la norma che permette agli Stati di applicare l’aliquota ridotta – avranno sicuramente degli impatti anche a livello interno.
Nello specifico, la limitazione all’applicazione dell’aliquota ridotta, per la Corte di Giustizia, interesserebbe i tipi di intervento, i tipi di immobili, e i destinatari dell’agevolazione.
Partendo dal tipo di intervento, la norma nazionale agevola tutti gli interventi di recupero previsti dal testo unico dell’edilizia ma – considerato che quelli più “pesanti” hanno già il loro regime di favore previsto dalla tabella Iva – nei fatti questa norma interessa, in particolare, gli interventi di manutenzione ordinaria e di manutenzione straordinaria, le cui definizioni sono quelle riportate nel testo unico dell’edilizia; ad esempio, la manutenzione ordinaria consiste in “interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”. Qui arriva il primo problema: per la Corte di Giustizia UE gli Stati membri potevano agevolare i servizi di “ristrutturazione” e di “riparazione”, che consistono nella rimessa a nuovo di un oggetto e nel ripristino di un oggetto danneggiato e sono caratterizzati dal loro carattere occasionale, “cosicchè semplici servizi di manutenzione, forniti in modo regolare e continuativo, non possono essere considerati rientrare (…)” nelle ipotesi in cui gli Stati membri potevano concedere l’agevolazione. In sostanza, l’interpretazione da sempre sostenuta dall’Amministrazione finanziaria, circa la possibilità di applicare l’aliquota ridotta sulle manutenzioni periodiche (ascensori, dispositivi di messa a terra degli impianti elettrici, ecc…) non è condivisa dalla Corte.
Seconda limitazione riguarda i tipi di immobili, posto che per l’Amministrazione finanziaria possono essere oggetto di aliquota ridotta anche edifici di edilizia residenziale pubblica, o parti comuni di edifici a prevalente destinazione abitativa, anche per le quote millesimali corrispondenti alle unità non abitative. Per la Corte di Giustizia UE, invece, “occorre procedere ad una ripartizione pro rata nel caso di servizi di ristrutturazione e riparazione relativi alle strutture comuni di edifici a uso misto, le quali includono frazioni destinate ad abitazione privata e frazioni destinate ad altri fini, come a fini commerciali”.
Ultimo problema riguarda i destinatari dell’agevolazione: salvo due pronunciamenti non conformi alla norma e poi smentiti, chiunque – qualora sia utilizzatore finale dell’intervento – può usufruire dell’agevolazione, anche ad esempio una fondazione che gestisce una casa di riposo. L’unico limite è posto dal fatto che tale aliquota ridotta non si estende ai subappalti. Sul punto, la Corte statuisce che l’agevolazione riguarda le “abitazioni private”, e quindi va fatta “distinzione dagli alloggi non privati, come gli alloggi aziendali o gli alberghi”; il fatto che quindi per l’Amministrazione finanziaria possano essere agevolate anche edifici come le case di riposo è alquanto dubbio.
La serie di limitazioni, finora emergenti dalla Sentenza C-218/21, si arricchisce con la Sentenza C-433/22, nella quale la Corte statuisce che “un immobile che, pur beneficiando di un’autorizzazione a fini abitativi, non è effettivamente utilizzato a tal fine alla data in cui i servizi di ristrutturazione o di riparazione di cui trattasi sono eseguiti non rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione. Dall’altro lato, sono esclusi dall’ambito di applicazione di detta disposizione i servizi di ristrutturazione o di riparazione che riguardano beni che, alla data di esecuzione di tali servizi, sono utilizzati dal loro proprietario a fini commerciali o di investimento”; altre statuizioni sono date dalla Sentenza, ma nei fatti sono escluse dall’agevolazione gli interventi fatti su fabbricati abitativi che non sono destinati come abitazione (uso commerciale); qualche dubbio potrebbe emergere sui fabbricati utilizzati come “investimento”, visto che in genere sono quelli dati in locazione (nei quali quindi c’è comunque un uso abitativo).
Ora, è chiaro che in Italia vi è e vi è stata una applicazione di una aliquota ridotta in contrasto con quanto permesso dalla Direttiva. Secondo quelli che sono i canoni del diritto comunitario, questo è un problema tra Stato italiano e autorità comunitarie, e non può riguardare il contribuente che ha fatto affidamento sulla normativa nazionale che male ha recepito la Direttiva e dovrebbe poter continuare a fare affidamento su tale norma.
L’Agenzia delle Entrate ha sempre avuto una visione contraria, ed ha sempre tentato di recuperare imposte al contribuente, il quale – ad avviso dell’Amministrazione – avrebbe dovuto disapplicare la normativa nazionale ed essere tempestivamente a conoscenza delle interpretazioni della Corte.
Per limitare il comportamento dell’Amministrazione finanziaria è spesso intervenuto il legislatore, modificando la normativa nazionale pro-futuro e facendo salvi i comportamenti pregressi (vedi il caso della non imponibilità dei servizi di trasporto, dell’esenzione per la chirurgia estetica e delle scuole guida).
Vedremo in questa occasione – data anche una riforma dell’IVA in corso – cosa bisognerà aspettarsi….