Marcia indietro sul Vies: per effettuare le operazioni intracomunitarie è sufficiente la manifestazione di volontà
di Marco PeiroloLo schema di decreto legislativo sulle semplificazioni fiscali, approvato dal Consiglio dei Ministri il 20 giugno 2014, nel riformulare l’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972, consente ai contribuenti di effettuare le operazioni intracomunitarie contestualmente alla richiesta dell’autorizzazione, senza quindi attendere il decorso dei 30 giorni necessari affinché si formi il silenzio-assenso dell’Amministrazione finanziaria.
La modifica recepisce, di fatto, la soluzione proposta da Assonime nella circolare n. 21 del 26 luglio 2012 (§ 2), secondo cui, per tutelare maggiormente le esigenze degli operatori italiani e delle controparti comunitarie, si potrebbe “riconoscere l’applicabilità della disciplina degli scambi intracomunitari contestualmente alla richiesta di autorizzazione”; puntualizzando che sarebbe rimasto fermo il “successivo recupero dell’imposta non applicata qualora l’Amministrazione accerti che il soggetto richiedente non sia in possesso dei requisiti di affidabilità richiesti per effettuare le operazioni di cui si tratta”.
Il decreto delegato, da un lato, dà il via libera all’immediata effettuazione delle operazioni intracomunitarie, ma, dall’altro, prevede che gli Uffici, avvalendosi dei poteri di cui dispongono, verificheranno che i dati forniti dai contribuenti siano completi ed esatti; in caso di esito negativo, gli stessi procederanno:
- alla cessazione della partita IVA e
- alla cancellazione dall’archivio VIES; quest’ultima, in particolare, avverrà d’ufficio, previa comunicazione al contribuente, qualora il medesimo non abbia presentato alcun elenco riepilogativo per 4 trimestri consecutivi, successivi alla data di inclusione nell’archivio.
Già la Relazione al D.L. n. 78/2010, con il quale era stato introdotto il regime autorizzatorio in esame, aveva previsto che, nei 30 giorni decorrenti dalla presentazione della dichiarazione di volontà di effettuare operazioni intracomunitarie, viene sospesa la soggettività attiva e passiva del dichiarante a realizzare questa tipologia di operazioni.
Il principio in base al quale nel suddetto arco temporale, in cui il dichiarante è un soggetto titolare di partita IVA non ancora iscritto nell’archivio VIES, è possibile effettuare esclusivamente operazioni interne è stato ribadito sia nelle motivazioni dei provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate del 29 dicembre 2010, sia negli interventi di prassi su questa specifica disciplina (circolare dell’Agenzia delle Entrate 15 febbraio 2011, n. 4; circolare dell’Agenzia delle Entrate 1° agosto 2011, n. 39; risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 27 aprile 2012, n. 42).
Tale impostazione, oltre ad essere eccessivamente penalizzante per gli operatori nazionali, che potrebbero trovarsi in una posizione commerciale sfavorevole rispetto ai concorrenti comunitari, è risultata:
- incoerente sul piano sistematico; in particolare, rispetto all’art. 18 del Reg. UE n. 282/2011, che – in riferimento alle prestazioni di servizi “generiche” rese in ambito intracomunitario – consente al committente di fornire la prova della propria soggettività passiva con modalità diverse dal sistema VIES;
- in contrasto con la posizione della giurisprudenza comunitaria, dalla quale si desume la non imponibilità che caratterizza, dal lato attivo, le operazioni intracomunitarie deve essere riconosciuta anche quando il fornitore ha violato determinati requisiti formali (nella specie, l’iscrizione nell’Archivio VIES) se egli è in grado di dimostrare che, a livello sostanziale, l’operazione riveste natura intracomunitaria (Corte di Giustizia, causa C-587/10 del 27 settembre 2012).
Ed è proprio sulla base di tale orientamento che la giurisprudenza di merito ha affermato che, tra i requisiti sostanziali richiesti ai fini della non imponibilità dell’operazione, “non è affatto previsto quello di essere iscritto al sistema VIES e, quindi, di possedere un numero di identificazione IVA, configurando invece questo (…) un requisito meramente formale, che, sussistendo la prova dell’effettiva destinazione dei beni ceduti nel territorio dello Stato membro di cui il destinatario è soggetto di imposta, non preclude il diritto di esenzione dall’imposta (…) ma che ha l’unico fine di agevolare il successivo controllo dell’A.F. su atti elusivi o di natura fraudolenta” (C.T.P. Campobasso n. 127/2/13 del 4 giugno 2013).