Metodi “transfer pricing” a confronto in ambito patent box
di Chiara RizzatoSandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariCon riguardo all’agevolazione rappresentata dal patent box, punto saliente risulta essere, in relazione all’utilizzo diretto dei beni immateriali agevolabili, la determinazione del relativo contributo economico al reddito d’impresa.
Al riguardo, sono determinanti le scelte concernenti i metodi e i criteri di calcolo adottati necessari a stabilire l’entità del dato. La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 11/E/2016 rinvia agli standards internazionali elaborati dall’OCSE, con particolare riferimento alle linee guida in materia di prezzi di trasferimento. Il metodo da utilizzare, secondo le stesse linee guida, deve essere scelto nell’ottica di rendere intellegibile il rapporto esistente tra i beni immateriali e le funzioni che caratterizzano l’attività d’impresa.
Le variabili da considerare dunque sono tutte quelle che materialmente concorrono alla creazione di valore per l’impresa, tra le quali vengono ricomprese, oltre alle funzioni routinarie ed ai beni immateriali, anche le sinergie di gruppo o le specifiche caratteristiche del mercato. Pertanto, le metodologie che si ritengono maggiormente adatte a valutazioni di operazioni tra parti correlate, dove si trasferiscono beni immateriali o diritti di utilizzo degli stessi, si riferiscono:
- al confronto del prezzo (Comparable Uncontrolled Price o CUP);
- alla ripartizione degli utili (Profit Split Methods).
Tali metodi contengono comunque delle specificità che li rendono diversi tra di loro e grazie alle quali si può attribuire un ulteriore grado di preferenza nel loro utilizzo in presenza di determinate condizioni.
La matrice delle linee guida OCSE è stata presa a riferimento per la disciplina delle valutazioni aventi ad oggetto beni immateriali e contiene, inoltre, ulteriori peculiarità da tenere in considerazione nell’ambito del patent box.
Generalmente nel confronto del prezzo, deve esistere un elevato livello di comparabilità nelle transazioni tra imprese associate e quelle sul libero mercato, tenendo in considerazione tutte le variabili previste come:
- caratteristiche dei beni e servizi;
- analisi funzionale;
- termini contrattuali;
- circostanze economiche;
- strategie aziendali.
Dovrà esserci, in sostanza, una sorta di coerenza nelle transazioni tra imprese associate e nelle transazioni sul libero mercato. Coerenza che, se mancante, porterebbe ad operare una sistemazione delle differenze esistenti sul prezzo, pena la scarsa affidabilità del metodo.
Con riferimento specifico all’ambito del regime patent box, il metodo del CUP può essere adottato nel confronto:
- tra le condizioni applicate da un’impresa in transazioni con parti correlate e le condizioni applicate in transazioni con soggetti terzi indipendenti;
- tra le condizioni applicate da un’impresa risultanti da una transazione con parti correlate e le condizioni applicate nella stessa situazione da soggetti terzi.
Il secondo criterio, di matrice reddituale, si basa sulla ripartizione degli utili a seguito del verificarsi di situazioni formate dalla presenza di due o più soggetti, i quali contribuiscono in misura significativa alla determinazione dell’utile che si origina dalla transazione.
Nell’ambito del regime del patent box il criterio è utilizzato per determinare la ripartizione dei redditi, non tra due o più imprese correlate, ma, all’interno della stessa impresa, tra le diverse funzioni esercitate. Tale metodologia è finalizzata ad individuare il profitto residuale attribuibile al bene immateriale ed è utilizzata anche nella sua variante c.d. Residual Profit Split, nella quale viene scisso il reddito relativo alle funzioni “routinarie” dal risultato economico, al fine di determinare la parte di utile residuo derivante dall’utilizzo dei beni intangibili.
Come si evince, pertanto, le metodologie sono diverse ed il fattore che ne aumenta l’affidabilità risulta dipendere da alcune variabili, quali, ad esempio, un’elevata comparabilità nel confronto del prezzo, ovverosia più elevata è la comparabilità e più il metodo CUP è opportuno per determinare il contributo attribuibile al reddito impresa. Il metodo del profitto residuale, invece, si addice maggiormente a situazioni ove è presente un elevato grado di analiticità al fine di identificare tutte le funzioni che creano valore per l’impresa.