Metodologie di valutazione a confronto
di Massimo SimoneEsistono in teoria molteplici criteri per la valutazione del capitale economico aziendale, ciascuno dei quali è ispirato a ratio e considerazioni di fondo ben distinte tra loro.
In questa sede cercheremo di focalizzare la nostra attenzione su un’elencazione sintetica di pregi e difetti dei singoli metodi di valutazione presenti in dottrina, partendo da un assunto di carattere generale. Il fatto che una metodologia di valutazione incorpori di per sé alcuni pregi o difetti non vuol dire che la stessa debba essere preferita o scartata rispetto alle altre. Ciascun criterio valutativo, infatti, presenta dei vantaggi o dei limiti ed è praticamente impossibile individuarne uno che abbia solo pregi e nessun difetto.
Metodologie patrimoniali
I limiti che tali criteri evidenziano sono racchiusi fondamentalmente nella ratio che sta alla base di tali metodologie. Essi considerano soltanto l’aspetto patrimoniale dell’azienda oggetto di stima (metodo patrimoniale c.d. puro), o soltanto in parte l’aspetto economico-reddituale (metodo patrimoniale misto).
Questo è senza dubbio un assunto estremamente limitativo, dal momento che il valore di un’azienda non può esclusivamente determinarsi andando a considerare soltanto il valore del proprio patrimonio alla data in cui viene effettuata la valutazione; l’azienda continuerà ad operare anche in futuro e di conseguenza anche l’aspetto previsionale dovrà essere preso nella giusta misura e considerazione.
Nonostante i propri limiti queste metodologie continuano ancora oggi a trovare largo consenso tra gli operatori. In realtà, tali criteri sono da considerarsi più razionali, se vogliamo, rispetto ad altre metodologie che presentano un pò di aleatorietà e proprio per questo forse trascurate o messe in secondo piano (si pensi ai multipli di mercato o al metodo D.c.f., dove la componente stima delle ipotesi e dei parametri stessi di valutazione è un’operazione che fondamentalmente non ha quasi nulla di certo).
Metodologie reddituali
I metodi reddituali valutano l’azienda in virtù della capacità della stessa di generare reddito negli anni futuri. Tali criteri presentano fondamentalmente due pregi: l’universalità e la razionalità. Universalità nel senso che essi, assieme alle metodologie finanziarie, sono i criteri maggiormente utilizzati dagli operatori del settore, razionalità nel senso che tali metodi sono fortemente riconducibili a formulazioni teoriche valide e indiscutibili, e proprio per questo quindi difficilmente criticabili.
Nonostante questo, essi presentano alcuni limiti che annullano o quantomeno mettono in secondo piano gli aspetti positivi finora elencati. Il problema di base che in tal senso si pone è se fondamentalmente sia corretto, per valutare il valore di un’azienda, fare riferimento ai flussi di reddito anziché ai flussi di cassa.
In realtà, sappiamo benissimo che il reddito d’esercizio rappresenta una posta puramente contabile che non può considerarsi espressiva della ricchezza che l’azienda produce. Nel nostro Paese il risultato d’esercizio non è considerato un indicatore di estrema importanza e significatività, dal momento che spesso la sua formazione è condizionata da elementi esterni alla gestione tipica aziendale e nella maggior parte dei casi da manovre mirate all’abbattimento del carico fiscale. Nonostante si proceda alla normalizzazione di tali flussi, resta sempre un indicatore di estrema vulnerabilità.
Ed è proprio per tali motivazioni che nella pratica i criteri reddituali, pur presentando requisiti di elevata razionalità, sono spesso tralasciati a favore delle metodologie finanziarie.
Multipli di mercato
Sicuramente tali metodologie presentano un indubbio vantaggio strettamente connesso alla loro semplicità di utilizzo. Questo vantaggio non deve essere ricondotto al fatto che tali criteri sono di facile applicazione e proprio per questo tendono decisamente ad alleviare il compito del valutatore, ma piuttosto alla circostanza che essi sono facilmente comprensibili e recepibili da qualsiasi controparte.
Un limite sicuramente insito in tali criteri sta nel fatto che gli stessi hanno una scarsa validità teorica, a differenza come visto dei metodi reddituali. Il problema di base è che esiste tanta carenza di raffronti con aziende comparabili valutate da mercati azionari efficienti. In assenza di tali fonti, la scelta e l’individuazione del multiplo si presentano come operazioni assai complesse e di elevata aleatorietà. Proprio per tali limiti, le metodologie dei multipli vengono spesso utilizzate come criteri di confronto, anche se non è escluso che, in particolari circostanze e quando le esigenze valutative lo richiedono, tali criteri possano trovare una giusta applicazione.
Metodologie finanziarie
Le metodologie finanziarie focalizzano la propria attenzione sulla capacità dell’azienda di generare flussi di cassa prospettici.
Senza dubbio uno dei principali vantaggi insiti nel metodo finanziario è quello di mettere in luce il valore dell’attività operativa dell’impresa. Tali metodologie, quindi, tendono a non influenzare il valore di tale attività, inteso come capacità dell’azienda di generare flussi di cassa operativi sulla base di un costo del capitale di mercato, ed a considerare separatamente il valore di eventuali attività accessorie non operative.
Una prima critica sollevata nei confronti di tale metodologia di valutazione si chiede perchè sia necessario attualizzare i flussi di cassa e non, ad esempio, i flussi di reddito d’esercizio. Infatti, il metodo di valutazione reddituale si basa sul concetto che il valore del capitale economico dell’impresa derivi dai redditi d’esercizio futuri, in quanto tali redditi sono destinati a generare utilità per l’azionista. Il metodo finanziario, invece, si fonda sull’assunzione che il reddito d’esercizio, determinato in base al principio di competenza, non determina utilità per l’azionista fino a quando non si traduce in cassa. Come affermato in sede di analisi di pregi e difetti del metodo reddituale, riteniamo che, proprio in virtù delle considerazioni fatte, sia più corretto avere come riferimento i flussi di cassa che quelli di reddito.
Un ulteriore fattore suscettibile di critiche riguarda la difficoltà di effettuare previsioni per lunghi periodi, in virtù della forte influenza esercitata da componenti soggettive ed arbitrarie, soprattutto nell’imputazione delle variabili previsionali e nella quantificazione del tasso di sconto e dei parametri valutativi. E’ pur vero, infatti, che la determinazione del tasso di attualizzazione è un’operazione abbastanza complessa, che incorpora parametri per i quali le informazioni sono molto spesso insufficienti (si pensi al beta di settore, al premio al rischio, alla definizione della struttura finanziaria ideale, al tasso di crescita dei flussi oltre l’orizzonte).
In realtà tale critica, seppur fondata su considerazioni corrette, può sembrare un pò inappropriata, in quanto il concetto di base a cui si deve ispirare il processo di valutazione è quello di esprimere il valore in termini di scenari ed intervalli di valori e non in termini di stime puntuali e precise.