Modello 231: l’impatto del Whistleblowing
di Marco BargagliIl D.Lgs. 231/2001 ha introdotto, nel nostro ordinamento giuridico, la responsabilità amministrativa a carico degli Enti (es. società, associazioni, consorzi, enti pubblici economici), in relazione al realizzarsi di specifici reati commessi da amministratori, dirigenti e dipendenti nell’interesse o a vantaggio dell’ente.
In estrema sintesi, per far scattare la sanzione 231/2001, occorre che si verifichino, simultaneamente, le seguenti situazioni:
- il comportamento tenuto dal soggetto deve integrare una delle tipologie di reato previste dal D.Lgs. 231/2001 (c.d. reato presupposto);
- il reato deve essere commesso nell’interesse o a vantaggio della società o dell’ente;
- deve essere omessa la predisposizione del modello organizzativo finalizzato ad individuare i rischi e prevenire i reati, oppure rilevata l’inadeguatezza o l’inefficace attuazione del modello organizzativo.
In particolare, il novellato articolo 25-quinquiesdecies, D.Lgs. 231/2001, attualmente prevede la responsabilità amministrativa delle società e degli enti per la generalità dei reati che caratterizzano la frode fiscale previsti dal D.Lgs. 74/2000 e, segnatamente:
- per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2, D.Lgs. 74/2000), si applica la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;
- per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3, D.Lgs. 74/2000), si applica la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;
- per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 8, D.Lgs. 74/2000), si applica la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;
- per il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili (articolo 10, D.Lgs. 74/2000), si applica la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote;
- per il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (articolo 11, D.Lgs. 74/2000), si applica la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote.
Inoltre, per gli altri delitti previsti dal D.Lgs. 74/2000, se commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’Iva per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:
- per il delitto di dichiarazione infedele previsto dall’articolo 4, D.Lgs. 74/2000, la sanzione pecuniaria fino a trecento quote;
- per il delitto di omessa dichiarazione previsto dall’articolo 5 D.Lgs. 74/2000, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote;
- per il delitto di indebita compensazione previsto dall’articolo 10-quaterLgs. 74/2000, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote.
Ad ogni modo, l’articolo 6, D.Lgs. 231/2001, esonera dalla responsabilità la società o l’ente:
- che ha adottato e efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- che ha affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curarne l’aggiornamento a un organismo dell’ente (organismo di vigilanza) dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.
Di conseguenza, la società o l’ente non risponde della responsabilità amministrativa, qualora abbia attivato, preventivamente ed efficacemente, un modello di organizzazione, di gestione e di controllo del rischio.
Il D.Lgs. 24/2023 ha introdotto importanti novità in tema di responsabilità amministrativa degli enti, fissando specifiche regole indirizzate a proteggere i soggetti che segnalano le condotte illecite di cui sono venuti a conoscenza in ambito lavorativo, con il precipuo scopo di incentivare le segnalazioni e tutelare l’interesse pubblico, nonché l’integrità dell’ente.
Tale normativa, che disciplina la materia del whistleblowing, emanata in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937, ha abrogato completamente la precedente disciplina, contemplando un sistema integrato di regole destinate al settore pubblico e al settore privato.
La novella normativa prevede, così, l’istituzione e la regolamentazione di apposite procedure di segnalazione (tramite canali interni, esterni e anche a mezzo di divulgazione pubblica), garantendo la riservatezza e stabilendo uno specifico regime applicabile in caso di ritorsioni.
A livello soggettivo, il whistleblower si identifica come la persona fisica che segnala o divulga informazioni sulle violazioni acquisite nell’ambito delle sue attività professionali, a prescindere dalla natura di tali attività o del fatto che il rapporto di lavoro sia nel frattempo terminato o non ancora iniziato.
In merito, rientrano tra i soggetti segnalanti, tutelati dalla direttiva comunitaria (UE) n. 2019/1937, le persone aventi la qualifica di “lavoratori” ai sensi dell’art. 45 TFUE e, quindi, i soggetti che nel settore privato, come in quello pubblico forniscono, per un certo periodo di tempo, a favore di terzi e sotto la direzione di questi, specifiche prestazioni dietro il versamento di un corrispettivo (ossia previa retribuzione).
In definitiva, con il rinnovato assetto normativo, il legislatore intende rafforzare il sistema dei controlli interni, con il precipuo scopo di assicurare una sempre maggiore legalità delle procedure aziendali.