Il modello 730 e le responsabilità a carico del professionista
di Fabio GarriniContrariamente a quanto normalmente ritenuto, il modello 730 presenta aspetti di complicazione, almeno sotto il profilo procedurale e documentale, decisamente superiori al modello Redditi.
L’aspetto più delicato per chi presta assistenza fiscale al contribuente (professionista o Caf) risiede nel più consistente set di responsabilità che il modello 730 presenta; infatti nel modello redditi il professionista indica le informazioni fornitegli dal contribuente senza assumere una specifica responsabilità nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, a meno che non sia necessario apporre il visto di conformità (ad esempio per la presenza di un credito superiore ad € 5.000 da utilizzare in compensazione).
Al contrario, il modello 730 è caratterizzato da una implicita necessità di apposizione del visto, innescando aspetti di delicatezza in merito ai documenti che devono essere richiesti (e verificati) dal soggetto che presta assistenza fiscale.
Il motivo per il quale il legislatore pone tale responsabilità in capo ai chi si occupa della dichiarazione risiede in particolare nel grande vantaggio che il modello 730 conferisce: la possibilità di un rapidissimo recupero del credito che scaturisce dalla dichiarazione.
Anche su questo punto si sofferma la vastissima circolare AdE 7/E/2018, pubblicata lo scorso 27 aprile 2018.
Il visto di conformità e le responsabilità del professionista
A seguito delle innovazioni introdotte dall’articolo 6 D.Lgs 175/2014 la presentazione del modello 730 (tramite precompilata o meno) innesca una sorta di definitività del rapporto tra Fisco e contribuente; le responsabilità per le irregolarità ricadono infatti sul professionista abilitato o sul Responsabile del Caf, i quali sono tenuti al pagamento dell’imposta, degli interessi e della sanzione che l’Amministrazione finanziaria avrebbe richiesto ai contribuenti (salvo il caso di condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente stesso, ovvero nel caso di mancata sussistenza delle condizioni soggettive che devono essere autocertificate da quest’ultimo).
Nell’ambito delle attività inerenti il rilascio del visto di conformità e dell’eventuale sua responsabilità, il Caf o il professionista abilitato sono tenuti a effettuare i controlli previsti dall’articolo 2 D.M. 164/1999.
La circolare AdE 7/E/2018 evidenza comunque come le responsabilità siano distinte in funzione dell’oggetto dei controlli.
Vi è piena responsabilità per irregolarità riguardanti la verifica dei seguenti documenti:
- della corrispondenza dell’ammontare delle ritenute, anche a titolo di addizionali, con quello delle relative certificazioni esibite;
- delle detrazioni d’imposta spettanti in base alle risultanze dei dati della dichiarazione e ai documenti presentati dal contribuente;
- delle deduzioni dal reddito spettanti in base alle risultanze dei dati della dichiarazione e ai documenti presentati dal contribuente;
- dei crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalla dichiarazione e ai documenti prodotti dal contribuente.
Analoga responsabilità vi è anche in relazione alla mancata verifica dei seguenti documenti (seppure riferiti ad elementi non verificabili con controlli ex articolo 36-ter D.P.R. 600/1973):
- della corrispondenza dell’ammontare degli imponibili con quello delle relative certificazioni esibite (Cu);
- dell’ultima dichiarazione presentata in caso di eccedenza d’imposta per la quale si è richiesto il riporto nella successiva dichiarazione dei redditi;
- delle detrazioni d’imposta non eccedenti i limiti previsti dalla legge e della corrispondenza con le risultanze dei dati della dichiarazione;
- delle deduzioni dal reddito non superiori ai limiti previsti dalla legge e della corrispondenza alle risultanze dei dati della dichiarazione;
- dei crediti d’imposta non eccedenti le misure previste per legge e spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione;
- degli attestati degli acconti versati o trattenuti.
Un punto che spesso viene trascurato – ma sul quale la circolare AdE 7/E/2018 si sofferma – riguarda la verifica delle spese la cui detrazione è ripartita in più anni: il controllo da parte del soggetto che presta assistenza fiscale deve essere condotto ad ogni utilizzo della rata dell’onere ai fini del riconoscimento della spesa (salvo il caso per cui abbia già verificato la documentazione in relazione ad una precedente rata e ne abbia eventualmente conservato copia, senza quindi la necessità di richiederne di nuovo al contribuente l’esibizione).
Il caso “classico” è quello della spesa per il recupero del patrimonio edilizio, la cui detrazione è di norma ripartita in 10 anni: ogni rata, al fine dei controlli, deve essere, nella sostanza, considerata autonomamente.
Con riferimento alle spese che possono essere riconosciute dal sostituto d’imposta (es: datore di lavoro), al fine di evitare una doppia deduzione/detrazione, nelle ipotesi in cui il contribuente intenda dedurre/detrarre in sede di dichiarazione dei redditi la medesima tipologia di onere già presente nella Cu, deve annotare sul documento di spesa che la stessa è diversa da quella di cui ha tenuto conto il sostituto d’imposta.
Vi sono anche alcuni elementi che non devono essere necessariamente verificati da parte del soggetto che presta assistenza fiscale: si tratta dei dati riferibili ai redditi (che non risultino da certificazioni).
Tra questi si segnalano i redditi fondiari: pertanto, il contribuente non è tenuto a esibire la documentazione relativa all’ammontare dei redditi fondiari indicati nella dichiarazione, quali ad esempio i certificati catastali di terreni e fabbricati posseduti, la raccomandata inviata all’inquilino nel caso di opzione per la tassazione cedolare, l’importo dei canoni di locazione desumibili dal contratto, ecc..
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